Alcuni studiosi affermano che la struttura del linguaggio formi lo stile di pensiero e dà una originale visione del mondo ai suoi parlanti e che, pertanto, il linguaggio determini il modo in cui vediamo il mondo.
Platone ha suggerito nel suo dialogo con Cratilo che certe concezioni della realtà sono incorporate nel linguaggio. Anche il romantico tedesco del XVIII secolo Johann Georg Hamann scriveva che "i lineamenti della lingua di un popolo danno direzione della loro mentalità".
Per ultimo, il contemporaneo Galiberti è convinto che le parole formano i pensieri e la grammatica li struttura.
Nota come gli inglesi tendono a parlare come se il tempo fosse una retta orizzontale, con il passato alle spalle e il futuro davanti. Mentre i parlanti di Aymara, una lingua nativa delle Ande, vedono il tempo al contrario. Per loro, il futuro, essendo sconosciuto, è alle loro spalle, poiché non riescono a vedere dietro di sé. Il passato è davanti a loro, poiché possono vedere ciò che è davanti a loro. Per i parlanti di Aymara, il tempo è qualcosa che si muove oltre noi. Non ci muoviamo attraverso di esso.
Un altro esempio, comunemente citato nelle conversazioni sulla relatività linguistica, è la comprensione russa di "blu". Il russo distingue tra blu più chiari ("голубой") e blu più scuri ("синий") e la ricerca suggerisce che a causa di questa differenza linguistica, i russi percepiscono queste due tonalità in modo molto più distinto di noi. La lingua, quindi, influenza non solo il pensiero, ma anche la vista.
È oggetto di dibattito se i parlanti di Guugu Yimithirr, una lingua aborigena in Australia, abbiano un migliore senso dell'orientamento a causa della loro lingua. Laddove noi europei usiamo sinistra e destra, avanti e indietro, i parlanti di questa lingua usano nord, sud, est e ovest. Per fare questo, devono sapere dov'è il nord in ogni momento. Quindi sembrerebbe conseguirne che si orientino più abilmente di noi.
L'esistenza di parole e frasi in alcune lingue ma non in altre sembrerebbe suggerire almeno che alcune culture provano certe emozioni con una profondità o una forza maggiori di altre. I portoghesi hanno la parola piuttosto bella "saudade", che descrive un profondo desiderio per qualcuno o qualcosa che è reso più doloroso dalla consapevolezza che potremmo non incontrarlo mai più. L'espressione giapponese "mono no aware" descrive una squisita sensibilità al transitorio, osservata in modo più vivido nel vivere e morire delle cose nel mondo naturale.
Imparare un'altra lingua non significa solo cavarsela un po' più facilmente quando si va in vacanza. Significa imparare a percepire il mondo in modo diverso: a pensare in modo diverso, a sentire in modo diverso, persino a essere qualcuno di diverso, o almeno qualcuno con una prospettiva più ampia sul mondo. E questo, a sua volta, getta luce sulla tua lingua madre, sulla tua cultura e su di te.
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