Aveva più di 90 anni e si ostinava a usare la bicicletta, una vecchia “graziella” degli anni settanta.
Era tenero e sorprendente vederlo curvo su quella bicicletta.
Ormai il peso degli anni lo avevano piegato di novanta gradi e pedalare era diventato difficile.
Così il povero vecchietto sedeva sul sellino della bicicletta, ma non aveva la forza di pedalare.
Stando a cavallo della bicicletta con i piedi appoggiati al suolo, procedeva lentamente spingendosi in avanti con le punta dei piedi invece di pedalare.
La singolarità dei suoi movimenti lo rendeva straordinario mentre cercava di esistere nel traffico cittadino.
Tutti lo conoscevano e ogni volta che lo si incrociava nessuno rinunciava a dargli uno sguardo misto di simpatia e curiosità. Nessuno si spazientiva per l’intralcio che creava allo scorrere del traffico.
Quel buon uomo era titolare di una
merceria che continuava a tenere aperta quantunque nessun cliente si affacciava
già da molto tempo.
La vetrinetta del piccolo negozio denunciava gli anni del suo padrone.
Era tutta impolverata e con gli stessi articoli in mostra da chissà quanto tempo. Ormai, rappresentava la testimonianza del tempo che inesorabilmente scorre, cambia e trasforma tutto, indipendentemente che si tratti di cose o sentimenti.
All’ora di chiusura, il buon uomo compiva il suo ultimo sforzo della giornata di “lavoro”, prima di riprendere la bicicletta per ritornare a casa.
Abbassare una vecchia saracinesca
e agganciare il lucchetto al perno di base è una operazione non semplice per un
giovane, figuriamoci per un novantenne.
Ma per il nostro eroe sebbene l’impresa fosse apparentemente impossibile, egli
la eseguiva regolarmente tutti i giorni.
Mettere il lucchetto alla base della saracinesca, comportava piegarsi oltre i suoi novanta gradi predisposti dalla vecchiaia e ciò, agli occhi di un osservatore esterno, rendeva l’operazione suscettibile di meraviglia.
Serviva tempo e calma per effettuare il piegamento necessario, infilare la chiave di bloccaggio e poi saldare il lucchetto ai blocchi.
Ogni giorno che passava il compito diventava sempre più difficile e faticoso,
anche se apparentemente non se ne dava preoccupazione.
Il mio stupore si ingigantisce quando penso a molti giovani che si credono martiri difronte a difficoltà che, prima di loro, i loro genitori hanno affrontato senza grandi clamori o lamentele.
Quell’anziano lo ammiravo. Egli dava una grande prova di come si possa amare la vita nonostante tutti i limiti che la vecchiaia inesorabilmente impone.
Sono certo, che, a dispetto di tutti i suoi problemi di locomozione, quell'uomo era felice di poter continuare a dirigere sé stesso e sentirsi vivo in una società che tende a “vedere” gli anziani come scarti e non risorse.
Inoltre, il suo esempio insegna che accettare consapevolmente le debolezze umane è un modo dignitoso per vincerle.
Una fiaba "modernamente " antica ða leggere alla scuola primaria e ai nipotini smartfonetizzati...molto bella
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