lunedì 10 marzo 2025

Il soggetto e la sua esistenza (una crisi liberatoria)

 

L'uomo di oggi si trova dinanzi ad un paradosso: senza Dio e senza miti. 

Liberatosi da ogni pregiudizio, egli interpella le forze della razionalità per signoreggiare sulla realtà. Ma il malessere che ostinatamente cerca di comprendere e combattere, gli ricade addosso, imponente e ingigantito.  Vivere è come essere circondati da migliaia di api che ti inseguono: devi tenerti lontano/a. Vivere è, altresì, come tenere lontana la morte, averne la meglio. 

Questo è un tema vicinissimo agli esistenzialisti del ‘900, laddove vi è all’origine dell’essere, non l’Essere parmenideo, ma l’esistenza transeunte dell’uomo in quanto uomo-limite: un uomo che vede la propria vita sorgere nel mondo come qualunque altra vita che si definisce dopo e muore senza poter replicare dopo.   

Secondo la concezione esistenzialistica, l’uomo non è definibile, in quanto all’inizio non è niente e, dirà Sartre: [l’uomo] … sarà solo in seguito, è sarà quale si sarà fatto.  

Si parte da un primo condizionamento: la nascita. Nasciamo e ci muoviamo lentamente nella direzione di un intento emancipativo di ogni condizionamento, attraverso una progettualità sempre diversa e rielaborata, sempre trascinata su continui ostacoli che devono essere superati; tutto, poi, si interrompe, finisce con uno scacco al re: la morte. 

Cessazione di ogni progettualità: un viaggio tragico ed eroico insieme, dirà Sartre. 

Sartre, oltretutto, presenta la vita come “un viaggio senza biglietto”, in cui essa [la vita] è un percorso fatto di interminabili percorsi e di interminabili approdi pur non avendone uno solo. Sartre immagina di trovarsi su di un treno, di essere in viaggio. Ma non ha il biglietto. Non può averlo perché il viaggio che sta portando a termine è il viaggio della vita. 

La vita dell’uomo trova il suo significato nel vissuto, nel già visto, nel già visitato e rivisitato. Se non vi piace la parola “vissuto”, potreste sostituirla con “storia”. Il significato appartiene alla storia, non alla vita in quanto espressione “esistenziale”. Ma Sartre, prende, per così dire, la vita di peso: il vissuto resta un “processo opaco”, perché lo puoi raccontare, ma non riviverlo. 

Raccontare è dissotterrare la vita, darle una seconda chance.   Una vita dissotterrata, per quanto riacquisita è vita passata, conclusa; non è più una presenza a sé, è presenza in sé, lontana da sé, altra da me. 

In quello scatto, in quella fotografia scattata ad Amsterdam nel 1991, ci sono io, pur non essendoci più. Potremmo dire: io c’ero ed ero il poter essere che ero e che non sono più. 

 di Fabio Squeo

 

1 commento:

  1. Parole emozionanti che raggiungono il cuore..e mi hanno fatto ricordare i momenti vissuti che nn si potranno rivivere di nuovo...ma solo ricordarli con nostalgia

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