Nell'era delle continue lotte verbali e delle contrastanti affermazioni di obiettività, è troppo facile sopravvalutare noi stessi come pensatori critici. Il ruolo del pensiero, critico o meno, negli impegni emotivamente personalizzati, è (dimostrabile) sopravvalutato.
Seguendo il modello biologico, anche la vita della mente prospera sulla competizione e la sopravvivenza. Uscire da una discussione anche con un pizzico di disfattismo è psicologicamente orribile. Nessuno di noi si considera un pensatore pigro; quindi, si rivela essenziale sopravvalutare il nostro. Ma il ragionamento è una bestia diversa sotto il disordine emotivo. I social media sono una costante esibizione di questo fenomeno. Un tweet, un post su Facebook o un coinvolgimento su WhatsApp non sono saggi critici; sono logicamente formali come un cinguettio emotivo in una giungla rumorosa. E ci sono molti uccelli in questa giungla. La cosa più interessante su queste piattaforme è la specie d'avanguardia razionalmente pedante, che fraintende l'obiettività degli impegni sui social media con quella di un cruciverba; vale a dire, la trasformazione meccanica della classica triade pensa-esamina-valuta. Il crescente gergo verbale sembra correlato a un senso psicologicamente elevato di formalismo critico. Questa è una chiara rottura con i dialoghi socratici in cui la fallacia del ragionamento è proiettata indirettamente per rivelare pregiudizi opposti.
Il ragionamento sensato è principalmente un'abilità virtuosa, non semplicemente minimizzare i propri pregiudizi e proiettare quelli degli altri come massimali. Il pregiudizio nel ragionamento non è un'aberrazione; è paradigmatico, morale, culturale, politico, ecc. L'idealizzazione boriosa dell'auto-oggettività è una devianza.
Il culmine della devianza pedante nelle discussioni pubbliche è un riferimento alla logica. Gli impegni verbali non sono partite a chi parla per primo, al massimo, possiamo pensarli come partite a scacchi in cui impariamo divertendoci.
Inoltre, le fallacie logiche sono di per sé così sopravvalutate. Filosofare non è ingegneria o far matematica. Sfida la struttura rigida e il formalismo. La logica è semplicemente uno strumento pratico per stimare l'ambiguità nelle proposizioni pronunciate. La vaghezza stessa è un'abitudine della natura. Gli antichi hanno stabilito senza ombra di dubbio che le prove di tutti gli argomenti, nonostante il massimo grado di rigore logico, richiedono l'accettazione di forme circolari, regressive o assiomatiche dei pensieri. Per i moderni, le credenze non sono puramente razionali, a meno che non siano sostenute da agenti artificialmente intelligenti.
Una sana razionalizzazione è, quindi, casistica, retorica o persuasione e nonostante il rigore logico, finiremo per essere presi dalle morse della coerenza o della tradizione.
L'approccio logico-razionale alla complessità della vita presuppone necessariamente una prospettiva estetico-irrazionale. La ragione ha un gemello congiunto: l'irrazionalità. Il logos deve riconnettersi con il mythos per creare significato. I nostri paradigmi di pensiero critico devono incorporare miti, storie e poesie. Le storie ci insegnano invariabilmente a sospendere i giudizi netti, a dare intuizioni empatiche su una varietà di pregiudizi, a rivelare i limiti della razionalità e a celebrare l'irrazionalità contenuta.
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