Due fratellini, Giason e Solei, amavano passeggiare insieme; discutevano di ogni cosa. Si chiedevano tutto il giorno come e perché la natura fosse così varia e colorata. Si meravigliavano della bellezza dei fiori; si stupivano dell’altezza e dell’azzurro del cielo; si meravigliavano della profondità de mare; si sorprendevano della bontà e della potenza di Dio che ha reso il mondo adorabile.
Ipotizzavano situazioni fantasiose. Per esempio, si chiedevano come sarebbe la terra senza i fiori, l’acqua e il cielo; i bambini si sarebbero dispiaciuti? Credevano fermamente nella magnificenza della natura. Si dicevano l’un l’altro che i boccioli erano i figli dei fiori; i piccoli ruscelli giocosi che scendono lungo le colline erano i figli dell’acqua; e le più piccole macchie luminose che giocano a nascondino nel cielo tutta la notte, dovevano essere sicuramente i figli delle stelle. Tutta l’umanità sarebbe addolorata per la loro mancanza.
In particolare, notarono chiaramente una stella splendente che all’imbrunire della sera, appariva nel cielo prima di tutte le altre; sorgeva vicino alla guglia della chiesa, sopra le tombe del piccolo cimitero di paese. Era la più grande e la più bella di tutte. Ogni notte i due fratellini si affacciavano alla loro finestra e in piedi, mano nella mano, la guardavano. Tra di loro gareggiavano per stabilire chi riusciva a scorgerla per primo. Spesso si udiva la vocina che gridava: “Eccola! È lì! L’ho vista!” A volte gridavano insieme. Così la stella e i due bambini divennero amici inseparabili. Prima di sdraiarsi nei loro letti, davano l’ultimo sguardo fuori dalla finestra, per darle la buonanotte; e quando si giravano sotto le coperte per dormire, dicevano: “Dio benedica la stella!”
Era ancora giovanissima Solei quando si ammalò; divenne così debole che non poteva più stare alla finestra. Giason, tristemente da solo, continuava ad affacciarsi dalla loro stanzetta come se avesse la sorella accanto. Al primo segno, esultava con la meraviglia di sempre: “Eccola! È lì! L’ho vista!”.
La piccolina, molto pallida in viso, si sforzava di esultare con lui. E poi, sorridendo e con flebile voce rispondeva: “Dio benedica mio fratello e la stella!”
Giunse il momento funesto quando Solei salì al celo come un Angioletto. Sì! Purtroppo, quell’appuntamento arrivò troppo presto! Nonostante il dolore per l’assenza della sorella, Giason non cambiò le sue abitudini. All’imbrunire, da solo, nella stanzetta, il suo sguardo volgeva al cielo.
Tristemente sapeva che con lui non c’era nessun viso verso cui rivolgersi per annunciare la stella; lei non era più nel letto accanto al suo. Sapeva che nel cimitero si era aggiunta un’altra tomba; si scorgeva attraverso le lacrime illuminate dalla stella; quei raggi, così luminosi, sembravano aprire una scia luminosa che univa la terra al cielo.
Una sera, Giason andò al suo letto solitario e sognò la stella. La rivide raggiunta da una lunga scia luminosa. In fila indiana, sulla scia, vedeva salire persone accompagnate da angeli; entravano ordinatamente nella stella. L’ingresso si apriva creando un alone pieno di luce. Qui attendevano altri angeli che con sguardi raggianti accoglievano con amore ogni nuovo arrivato.
Alcuni riconoscevano tra gli angeli i loro cari. Gli incontri erano molto affettuosi: si abbracciavano e si baciavano teneramente per poi allontanarsi insieme lungo vie di luce. Erano gioiosi e commoventi. Giason partecipava alle scene piangendo di gioia.
Un angelo accompagnava Solei che era tutta intenta a scrutare i visi dei nuovi arrivi. Giason riconobbe sua sorella e si emozionò.
La vedeva mentre le persone scorrevano all’ingresso della stella. Solei chiedeva ripetutamente all’angelo: “Mio fratello è venuto?” E lui rispondeva “No”.
D’allora in poi, il Giason guardò la stella come la casa dove un giorno sarebbe andato, quando sarebbe arrivato il suo momento; e pensò di non appartenere soltanto alla terra, ma anche alla stella, perché sua sorella era lì.
Nacque il fratellino di Giason, ma non era ancora riuscito a pronunciare la prima parola quando un’improvvisa malattia lo spense.
Ancora una volta Giason sognava la stella aperta, e la compagnia di angeli, e il treno di persone, e le file di angeli con i loro occhi raggianti rivolti sui volti di quelle persone.
Solei domandò ancora al suo angelo: “Mio fratello è venuto?”
E lui rispose: “Non è Giason, ma un altro tuo fratellino”.
Giason, dal suo letto, gridò: “Oh,
sorella, sono qui! Prendimi!” E lei si voltò e gli sorrise, mentre la stella
diffondeva bagliori luminosi.
Giason divenne giovane, ed era impegnato con i suoi libri quando gli fu
annunciato la morte della mamma. Di nuovo di notte vide la stella, e tutta
quella compagnia. La domanda di Solei rivolta al suo angelo accompagnatore, fu
ripetuta: “Mio fratello è venuto?” E lui rispose: “No, è tua madre."
Un potente grido di gioia si sentì attraverso tutta la stella, Solei allungò le braccia e gridò: “Oh, mamma, sei qui con me, ora!” Giason si rivoltò nel letto allargando le braccia, volendo sentirsi compreso in quel abbraccio sulla stella.
Così il bambino Giason divenne un vecchio e il suo viso, una volta liscio, era rugoso, e i suoi passi erano lenti e deboli, e la sua schiena era piegata. E una notte, mentre si abbandonava sul suo letto, i suoi figli vegliavano su di lui; pianse, come aveva pianto tanto tempo fa, e sussurrava: “Vedo la stella, eccola! È lì! L’ho vista!”
Si sentì una voce commossa nella stanza che diceva: “Sta morendo”.
Giason ebbe la forza di rispondere: “Lo sono. La mia età sta cadendo da me come un indumento, e mi sto muovendo verso la stella. Padre mio, ora ti ringrazio. Finalmente mi hai aperto la stella.”
Poi, rivolgendosi alla sorella, pronunciò le sue ultime parole: “Solei, sto arrivando!”
Ogni sera quella stella illumina ancora quel piccolo cimitero; riflette e fa brillare le tombe dei due fratellini.