
Franca Morsina, una donna sulla trentina, ex psicologa criminale con un passato oscuro. Dopo un trauma infantile (la morte misteriosa dei genitori in uno strano incidente) e un recente crollo nervoso, Franca soffre di dissociazione, allucinazioni e vuoti di memoria. Assume farmaci per controllare i sintomi, ma la sua mente rimane un labirinto di paranoia e sospetti.
Franca si trasferisce in una vecchia casa ereditata dalla zia defunta, isolata tra i boschi del Pollino. Vuole trascorre del tempo in pace e serenità per ristabilire il suo equilibrio psichico e ricominciare una nuova vita.
Siamo in primavera inoltrata, l’aria fresca del bosco che dipinge di verde un’ampia area intorno al casale. Il paese più vicino si trova a 30 km, non molto lontano per poter arrivarci con la sua auto e rifornirsi del cibo e ogni altra necessità così da trascorre in solitudine l’intera settimana.
Dopo qualche giorno, cominciano ad
accadere cose strane.
All’imbrunire si sentono voci sussurranti provenienti dall’esterno della casa che
echeggiano sulle pareti degli alti stanzoni del casale.
In cucina spariscono oggetti che poi riappaiono in posti diversi.
Di notte, mentre la donna si sposta da una stanza all’altra, ha l’impressione di essere inseguita da ombre.
Franca cercava di minimizzare l’importanza di questi episodi. Era sicura che la sua mente già provata da molto tempo, prima o poi avrebbe trovato pace e che quindi quegli episodi dovevano essere frutto della sua precaria salute mentale.
La situazione peggiorò quando, inciampando su bordi di una mattonella staccata dal pavimento lungo il corridoio che portava alla stanza da letto, vide apparire un vecchio foglietto con su scritto: "Non fidarti di nessuno, nemmeno di te stessa."
Il fatto divenne allucinante quando il giorno dopo, in quello stesso posto scoprì un diario impolverato.
Sfogliandolo velocemente, Franca notò alcune pagine strappate. Sulla parte restante di mezza pagina, lesse: "L'ho vista morire … ma era già morta", Franca iniziò a dubitare della sua sanità mentale.
Lei però, non si abbattette. Voleva superare questo periodo brutto, sicura che la sua mente si sarebbe poi ripresa.
Le stranezze non sembravano finire. Da un certo momento, al calar della sera, Franca vedeva un uomo seduto tra gli alberi che la fissava da lontano e poco dopo vedeva una donna che le assomiglia correre tra la vegetazione.
Franca a questo punto, chiamò a telefono il dottor Riccardi, il suo psicologo, e lo invitò al casolare per raccontargli tutto l’accaduto.
Il medico, il giorno dopo, nel salotto del casolare, la rassicura convincendola che ciò che vedeva erano proiezioni della sua psiche tormentata. Nel frattempo le prescrive dei psicofarmaci in grado di aiutarla nei momenti di instabilità della sua mente.
Passarono giorni e quelle strane visioni continuavano a presentarsi.
Ma quando trovò una foto strappata dei suoi genitori con una terza persona cancellata con l’inchiostro, Franca fu certa: qualcuno la stava manipolando. Ma chi poteva essere? Lei era sola in quel casolare.
Un mattino un uomo, probabilmente un contadino che viveva in un altro casolare all’interno della stessa zona verde, bussò alla sua porta e domandò: “Buongiorno signora, sono Tonio. È in casa il dott. Riccardi?”
Franca restò stupita per quella domanda. Si prese del tempo e poi rispose: “Il dott. Riccardi non abita qui! Come fa a conoscerlo?”
Il contadino imbarazzato, si spiegò: “No so che dirle signora, ma è stato lui che ha soccorso mia moglie per l’incidente che ha avuto in casa. Sono venuto qui per ringraziarlo e chiedergli come potermi sdebitare.”
Franca restò attonita e confusa. Si chiedeva che ci faceva il dott. Riccardi nel suo casolare. Comunque, congedò il contadino dicendogli che avrebbe informato il dott. Riccardi della sua visita.
In un crescendo di tensione, Franca corse alla casa dei suoi genitori e rovistò tra tutti i documenti tenuti con cura nei cassetti della scrivania dove il padre si tratteneva per i suoi lavori. Scopre dalle numerose parcelle pagate che il dott. Riccardi era lo psicologo della madre che lui aveva in cura. La famiglia aveva tenuto nascosto a tutti i problemi psicologici della madre.
Il giorno dell’incidente, i suoi genitori erano stati dal dott. Riccardi. In quella circostanza la madre assunse un psicofarmaco da lui suggerito per alleviare le pene causate dallo stato depressivo in cui la donna era caduta. Quel giorno alla guida dell’auto c’era la madre di Franca. Il padre non era in grado di guidare a causa della recente operazione agl’occhi per liberarsi di una brutta cataratta.
Il sospetto di Franca si pose su quel psicofarmaco assunto dalla madre. Il dott. Riccardi poteva avere indotto l’incidente mortale dei suoi genitori prescrivendo un farmaco frutto dei suoi strani esperimenti.
Probabilmente la sorella sapeva tutto e aveva intuito la responsabilità del dott. Riccardi. Fu questo il movente oscuro che si celava dietro la morte della sorella, avvenuta anche questa in modo misterioso.
Le visioni di Franca ora avevano una motivazione psicologica. Il suo subconscio voleva comunicare con la sua sfera cosciente.
Franca decise di scoprire le carte e affrontare Riccardi.
Con le prove delle numerose e salate parcelle, insieme al diario della madre scoperto nel casale, Franca inchiodò il medico alle sue responsabilità. Lui ammise di aver plagiato la sorella ma non di essere responsabilità della sua morte. Per quanto riguarda la morte della madre ammise anche che fu un errore di dosaggio delle diverse droghe da lui utilizzate per preparare il psicofarmaco. Riccardi, chiese perdono facendole promessa che avrebbe riparato in qualunque modo la brutta situazione creata.
Franca finse di comprenderlo e perdonarlo, ma la sua mente stava già progettando una decisa vendetta.
Si allontanò da lui per il tempo di andare in cucina e munirsi di un lungo e affilato coltello. Con calma serafica, tornò in salotto e con impeto di rabbia, colpì su ogni parte del corpo di Riccardi.
In una pozza di sangue, gridò: “Ora ho un motivo vero …sono Pazza!!!”
Dicendo queste parole, rideva forsennatamente davanti a uno specchio.
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