giovedì 18 luglio 2024

L'isola che non c'è



Mi sorprendo nel rendermi conto come un cartone animato riesce a catturare la mia attenzione. Riesce a staccarmi dalla realtà e a farmi entrare nel mondo del “come vorrei che fosse”.

Il ritorno nel mondo reale, quasi sempre, mi lascia un sottile strato di tristezza. La conseguente lentezza dei movimenti e la seriosità degli atteggiamenti testimoniano il cambio dell’ordine delle idee.

Il bambino davanti alla TV entra ed esce da un cartone animato con un’evidente naturalezza e non manifesta nessuna differenza comportamentale tra la vita che vede nel cartone e quella in famiglia.

La mamma è lì con lui ed è la stessa mamma buona e premurosa che è nel film. Il cane del cartone è diverso come mole e colore, ma è identico come fedeltà e pazienza.

Fate uno sforzo e ditemi quale significato un bambino potrebbe dare alla frase “L’isola che non c’è”, resa famosa dalla favola di Peter Pan.

Per un bambino tutto ciò che è nei cartoni esiste veramente!

Potrebbe intuire che vogliamo prenderci gioco della sua ingenuità?

Mi piacerebbe pensare che lo scrittore James Matthew Barrie abbia scritto la favola per gli adulti, che conoscono bene il binomio sogno-realtà.

Viviamo sull’isola che non c’è, quando ci aspettiamo che i politici facciano sempre l’interesse del loro paese.

Viviamo sull’isola che non c’è, quando ci aspettiamo che la responsabilità personale sia sempre integra e vigile nel prestare il nostro lavoro.

Viviamo sull’isola che non c’è, quando ci aspettiamo che i fatti seguano sempre le promesse; quando affermiamo che gli errori che commettiamo arrivino tutti per distrazione o ignoranza.

Viviamo sull’isola che non c’è, quando giuriamo di aver capito tutto e di essere fedele per sempre a un’idea.

È bellissimo vivere sull’isola che non c’è.

Probabilmente morendo troveremo l’isola che non c’è, anche se allora, non ci saremo neanche noi!


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