Nel paradiso una
folla di anime si accalcava per iscriversi alle liste delle nuove nascite,
purtroppo, quella degli umani era completa, mentre quelle degli animali avevano
ancora dei posti liberi.
Due anime Stilla e Goccia, volendo ritornare subito sulla Terra, decisero di accettare di
rinascere nella forma animale.
Prima di decidere
si scambiarono alcune riflessioni che riporto di seguito.
Goccia: Mi
piacerebbe nascere leone così sarei in cima sulla catena alimentare e non avrei
da preoccuparmi di nessuno, a parte l’uomo.
Stilla: Vorrei
farlo anch'io, ma mi dispiace tantissimo per il terrore che procurerei alle
indifese predi.
Goccia: No, non devi preoccupartene! Non
avrai coscienza del tuo operato; dovrai rispondere soltanto all'istinto.
Stilla: Bene! Allora, iscriviamoci a patto che potremmo riconoscerci quando saremo sulla
terra. Io chiederò di nascere orso, così mi farò rispettare e potremmo cacciare insieme.
Al momento
dell’iscrizione nella lista degli animali, Goccia riuscì a completare la
procedura, mentre Stilla, ancora presa dalle sue incertezze, tardò fino al
momento in cui la lista si completò e le iscrizioni furono chiuse.
Stilla dovette
iscriversi nella lista delle nascite successive per ritrovare il suo amico.
Venne il momento in
cui Stilla si ritrovò cucciolo d’orso libera e gioiosa di perdersi nei suoi
giochi.
Nonostante i continui ammonimenti di mamma orsa, ella spesso si
allontanava dalla tana, vagabondando per il territorio circostante.
Su una sporgente
rupe, fiero e minaccioso, girava lo sguardo di Goccia che da troppi giorni non
mangiava.
La vista panoramica gli fece scorgere da lontano l'orsetta Stilla e
senza dar spazio alle esitazioni si lanciò in un forsennato inseguimento.
Stilla, vedendo la
minaccia della sua vita venirgli incontro, cominciò a correre a perdifiato per
raggiungere quanto prima possibile la sua tana.
La gracilità della piccola orsa e la considerevole distanza della tana, le suggerirono di
raggiungere un luogo in cui potesse infilarsi ed evitare l’aggressione.
Pensò di muoversi
in direzione di un torrente dove avrebbe avuto qualche possibilità in più di
scovare un rifugio adatto.
La corsa ansimante
era sostenuta dalla paura di essere raggiunta e questa, lentamente si stava
trasformando in terrore poiché non vedeva nulla che la potesse nascondere o
riparare.
Ormai il leone si
trovava a pochi metri e l'unica via di fuga possibile che gli si presentava al cucciolo d'orso era
un lungo tronco d’albero che si affacciava sul fiume come una canna da pesca.
Stilla, all'estremo delle sue forze, pensò:
“Se
mi spostassi fino alla punta di questo tronco, il leone non potrebbe seguirmi, poiché il suo
peso lo farebbe cascare in acqua”.
Stilla sembrava
che avesse ragione, ma non fece bene i conti con il suo peso che, sebbene fosse
apparentemente sostenibile dal tronco, non era nei limiti per evitare la
rottura e farla cascare disotto.
Caduto in acqua,
Stilla fu travolta dalla corrente e trasportata verso le rapide.
Il leone con
eleganti salti tra le rocce che emergevano dalle acque del torrente, si appostò
in un punto di confluenza dei rivoli.
Di lì, l'orsetta
sarebbe passato per forza.
La sfortuna volle
che la corrente trasportasse Stilla proprio davanti all'affamato leone e mentre la poverina si
avvicinava al suo destino, ricordò quel colloquio avuto in Paradiso con Goccia e gridò forte:
“Gocciaaaa...... Gocciaaaa...., Gocciaaaa..., io sono Stilla! Ti ricordi di me?”.
Il leone s'irrigidì
per un attimo dando segni di riconoscerla, quindi rispose:
“Stilla ti ho
riconosciuta, ma non posso fare a meno di vederti come un pasto succulento,
d'altronde dovevamo saperlo che siamo guidati dall'istinto.
Dimentica chi eravamo
nella vita precedente e se intendi sopravvivere, smettila di impietosirmi e
segui l’istinto!”.
Detto ciò, il leone
allungò una zampata che irrorò di sangue il viso di Stilla.
Le strazianti urla
di dolore che seguirono richiamarono l’attenzione di mamma orsa che casualmente
si trovava lì, celata da un cespuglio mentre dormiva oziosamente riparata dal
sole cocente.
La grossa mole
dell’orso divenne fuscello al vento quando comprese il pericolo incombente sul
suo piccolo e con inaudita rabbia, si diresse verso il leone, che dovette
allontanarsi in tutta fretta prima di decidere dove cercare un'altra preda.
La natura non
conosce cattiveria, pietà, comprensione, vendetta, cupidigia;
essa esiste e
diviene nell'armonia di un creato di cui noi umani cerchiamo ancora il
costruttore.
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