Molto tempo fa, viveva un uomo padre di
sette figli, tutti maschi. La famiglia abitava una ricca zona della terra, dove
era possibile trovare di tutto, sia come opportunità di lavoro, divertimento e
cultura, sia come possibilità di ottenere cure e medicine per qualunque
malanno.
Un giorno Marco, il figlio maggiore, decise di abbandonare la casa del
padre e vivere un’esperienza solitaria e autonoma, lontanissimo da dove era
nato. Il padre capì che la decisione di suo figlio era irrevocabile e dall’alto
del suo amore, gli permise la partenza.
È inutile dirti che gli offrì tutto il
necessario per il viaggio e le risorse per la sua sussistenza per almeno un
anno.
Dopo un lungo vagabondare, Marco si fermò a
vivere in un rifugio nei pressi di Pokhara, uno sperduto piccolo paese alle
falde dell’Himalaya. In questo posto non esisteva nessun mezzo con il quale
egli potesse comunicare con il mondo occidentale.
Il cibo e tutto ciò che era
necessario per mantenersi in vita, riusciva a procurarselo dai mercanti che
settimanalmente percorrevano gli stessi sentieri da tempo immemore e con i
quali barattava stoffe e disegni confezionati dalla sua ricca fantasia
artigianale.
Marco, in quel luogo dove aveva scelto di vivere, cercava se
stesso e le risposte a domande abbandonate dal senso comune. Passarono molti
anni e molti problemi interiori trovarono soluzioni.
Quando la serenità del suo
animo pervase completamente la sua esistenza, una malattia lo sorprese
disarmato.
La sofferenza fisica e la prospettiva che
potesse morire senza che la sua famiglia sapesse nulla, indussero Marco ad
affidare a uno dei mercanti di passaggio un messaggio da destinare a suo padre.
Il messaggio, sentore di un amore mai perso per la sua famiglia, annunciava al
padre i sintomi della sua malattia, per la quale chiedeva conforto e medicine.
Soltanto chi è padre può sentir forte la
stretta del cuore che inevitabilmente lascia senza fiato e costringe
nervosamente ad aprire la lettera pervenuta da un figlio lontano e di cui non
si hanno notizie da molto tempo. L’avida lettura della missiva placò l’ansia,
perché fu sostituita da una rigida tensione che sembrò fermargli il cuore.
Un
attimo dopo, il padre addolorato avrebbe voluto avere le ali per volare in quel
posto sperduto dove suo figlio rischiava la vita.
Doveva
mantenere la freddezza necessaria per riflettere e poi organizzare il viaggio.
Occorreva consultare uno specialista per individuare tutto il necessario utile
alla cura della malattia. Il desiderio di partire immediatamente, contrastava
la sua razionalità che gli suggeriva di pianificare con calma il viaggio.
In
un primo momento aveva deciso di non informare tutta la famiglia per non
complicare ulteriormente la situazione e rallentare le procedure d’intervento,
ma era abituato da sempre a coinvolgerla in qualsiasi evento che riguardasse
ogni suo membro.
Costringendo
l’improbabile a divenire certezza, in un tempo che l’ansia definiva eterno e la
ragione solo pochi giorni, Marco con suo padre erano nella stessa tenda.
Marco: Papà, sei tu? – A causa della
febbre elevata, con difficoltà Marco riconobbe il padre –
Padre: Sì, Marco! Sono io! Ora ti porterò
via con me e in pochi giorni ritornerai forte come orso.
Marco: Papà, perdonami per i guai che ti
sto procurando. – Con gli occhi umidi e le ciglia che sbattevano velocemente
per bloccare la formazione delle lacrime, il padre abbracciò Marco senza rispondergli.
In
quegli attimi, Il Padre di Marco avrebbe voluto raccontargli tante cose, ma lo
stato in cui il figliolo si trovava non permetteva che si facessero lunghi
discorsi.
Avrebbe
atteso il momento opportuno per dirgli:
“Figlio
mio, hai voluto cercare la tua strada e hai avuto il coraggio di farlo. Ti sei
voluto bene e di questo sono veramente orgoglioso.
Mi hai fornito la prova che
il mio grande amore per te è servito ad arricchirti, così che tu stesso fossi
in grado di donarne. Sei consapevole dei tuoi limiti e delle tue forze per cui
ora puoi affrontare il mondo da generoso quale sei.
Possiedi tanto amore che
donandolo moltiplicherà se stesso.
Marco, sono felice di averti insegnato ad
amarti perché in questo modo tu sarai capace di amare tutto il mondo. Amare se
stessi è la garanzia che tutto ciò che farai per il prossimo, sarà come se
fosse fatto a te tesso.”.
L'amore
esclusivo non appartiene alla natura umana.
L'amore esclusivo è un derivato del
pensiero razionale che per soggettivare ha bisogno di separare, escludere e
infine focalizzare.
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