domenica 6 ottobre 2024

Lettera aperta al presidente della Repubblica Italiana


 

Illustre Presidente,

sono un cittadino della Repubblica Italiana di cui Lei si onora di rappresentare e con questa lettera desidero manifestare il mio grande disinnamoramento di questo grande paese voluto da Garibaldi.
Non ha importanza il mio nome poiché ciò che è descritto potrebbe essere il sentimento di un qualunque giovane che il destino abbia fatto nascere in questa nostra terra.

Sono laureato in una nobile, purtroppo, decaduta disciplina umanistica chiamata “Filosofia” (non a caso con l’iniziale maiuscola). Devo dirle che non esiste una scienza migliore che contempli meravigliosamente l’aspetto umano.

Tuttavia, mi rendo conto quanto appaia inutile nell’ottica dell’arrivismo in una società dove il Dio denaro comanda la vita degli uomini.

E sì! Si vive per lavorare … purtroppo!

E il problema è proprio questo! Dove e come trovare un lavoro che riconosca valori e soprattutto, dignità?
Non può immaginare quanti sforzi, quante privazioni, quanto impegno è servito per me e per chi mi ha sostenuto per giungere al traguardo di avere una foto con la ghirlanda tra i capelli e una tesi in bella vista.
Sì, mi sto riferendo alla mia inutile laurea in filosofia. Mi vien da piangere scrivendo la parola “inutile”, ma mi deve credere è proprio così! Bella, ma inutile!

Chissà quanti curriculum ho inviato e chissà quanti selezionatori di personale li avranno letti e poi con una mezza risatina ironica li avranno cestinati.

Anche allo Stato ho manifestato il desiderio di lavorare, ma nonostante carte bollate, certificati, allegati inviati e poi confusi con altri documenti di decine o forse centinaia di migliaia di aspiranti, il risultato è stato negativo. Ho provato a crederci anche a costo di apparire stupido.

Alla fine, mi sono arreso e ho dovuto rinnegare la mia laurea per ottenere un posto di bagnino o un incarico alle poste italiane di soli tre mesi.

In quei periodi ho accumulato tanta umiliazione da riempire un camion articolato.

Ho trascorso i tre mesi di “lusso” lavorativo, stando lontano da casa, prendendo in affitto una stanza che mi costava la metà dello stipendio. Al termine dei tre mesi, tra sogni illusori di un possibile rinnovo dell’incarico e speranze senza punti fermi, mi è stato comunicato la fine del rapporto soltanto qualche ora prima della mezzanotte del 31 dicembre … esattamente nell’ultima mia giornata di lavoro in cui mi hanno gravato di impegni in oltremisura. Lontano da casa, privato degli affetti familiare, ero il signor nessuno di cittadinanza italiana.
Dove era finita la mia dignità? Sì, era lì… nella mia rabbia di essere italiano! Il mio amato paese lo stavo odiando. Poi mi sono ricordato di essere anche cittadino europeo, così sono andato incontro ad un’altra peggiore umiliazione.

Decisi di espatriare e lavorare all’estero.  Ma se in Italia la laurea è untile, fuori dai confini, scompare!

Così, ho fatto l’operaio, il netturbino, il macellaio e ho abitato in quei luoghi per immigrati clandestini, insieme a polacchi, rumeni e africani. Una notte ho dormito persino in compagnia di un topo … forse era un immigrato anche lui! La paura di vivere in quell’ambiente insicuro e sporco era poca cosa rispetto al dolore di tornare sconfitto e deluso a casa dei miei genitori.

Presidente, le potrei indurre vergogna se le dicessi che mi rappresenta!

Dove è finita la bella Italia immaginata da Mazzini e Mameli?

Si trova in TV, nei telegiornali che raccontano realtà diverse?

Si trova nel teatrino della politica che fa tutto tranne occuparsi dei veri interessi dei giovani?

Probabilmente, occorre sentire e preoccuparci delle guerre nel mondo per dimenticare i nostri problemi. Oppure è meglio occuparci degli immigrati che arrivano dall’africa … così ci consoliamo con chi sta peggio.
Continuiamoci a dirci paese evoluto, uno dei grandi della terra, così nascondiamo l’ipocrisia. I poveracci non fanno rumore e si blandiscono con qualche regalia quando è il momento di votare.

Caro Presidente, immagino il suo disagio nel leggere questa lettera perché, come questa, chissà quante ne arrivano. Forse, non leggerà nessuna di queste perché ci penserà il suo segretario a cestinarle e farle mantenere quella finta fierezza.

Lei continui a usare le sue belle parole per i telegiornali. Sappi però che quando lei parla (specialmente il 31 dicembre) io spengo il televisore.

 

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