Sai cosa c'è di curioso nel proclamare l’impegno che si intende porre per conseguire un obiettivo? Esternare il proposito è di una facilità e leggerezza evidente, ma poi molto spesso non succede nulla. L’ardore evapora al sole delle prime difficoltà.
Siamo tutti sciocchi? Ovviamente no. I buoni propositi si basano sulle migliori intenzioni. Muoversi verso ciò che vogliamo per noi stessi e per gli altri con intenzione, ci mantiene fiduciosi e ottimisti e migliora le nostre relazioni. Molti dicono: "Posso farlo e lo farò". Ci impegniamo a cambiare le nostre cattive abitudini, ad apprendere una nuova abilità o a diventare una persona migliore e succede che a volte ci riusciamo pure.
La risposta da dare a questo tipo di comportamento sta nel diventare specialisti (esperti conoscitori) delle emozioni. Che significa? Le emozioni influenzano quasi tutto ciò che facciamo. E poiché sono importanti per tutto il nostro modo agire e per tutti coloro con cui interagiamo, è importante trattarle con cura, affrontarle come scienziati compassionevoli.
Occorre approcciarsi alle emozioni come chi vuole studiarle anziché giudicarle. In tal modo, indaghiamo su noi stessi; diventiamo ascoltatori attivi e ci concentriamo sui fatti e non su presunti preconcetti o false ideologie. L’approccio analitico consente di ascoltare bene e prestare molta attenzione alle parole e alle azioni degli altri. Inoltre, si è in grado di riflettere a lungo e intensamente anche sulle proprie emozioni, cercando sempre di comprendere meglio la propria vita emotiva. Si tenta e si valutano i diversi modi di gestire le proprie emozioni attraverso tentativi ed errori.
I giudici delle emozioni sono critici, reazionari e fanno rapide supposizioni. Non dedicano tempo a riflettere sulle proprie emozioni o su come le gestiscono. Sono anche più interessati a giudicare i sentimenti degli altri che a scoprire come si sentono. O, peggio, potrebbero dire loro come si sentono. Basano inoltre i loro giudizi su informazioni limitate.
Per esempio, quando qualcuno urla, calpesta o fa cadere qualcosa, potremmo supporre che sia arrabbiato perché questi sono "comportamenti arrabbiati". Quando qualcuno piange, supponiamo che sia triste. Ma in realtà non esiste un comportamento arrabbiato o triste. Lo stesso comportamento interpretato come rabbia o tristezza potrebbe essere un'espressione di passione per una causa, frustrazione per un obiettivo bloccato o delusione per aspettative non soddisfatte. Come scienziati delle emozioni, cerchiamo di conoscere la storia dietro il comportamento, per trovare l'emozione sottostante al comportamento. Siamo curiosi. Vogliamo davvero vedere e capire. E non è sempre facile.
Spesso "vediamo" le emozioni di qualcun altro come un riflesso delle nostre emozioni. Siamo influenzati dalle nostre esperienze emotive e dalle nostre storie personali e formuliamo giudizi basati su questi pregiudizi. Pensiamo: “Mi sono sentito arrabbiato quando mi è capitata quella stessa situazione, quindi anche quella persona deve sentirsi arrabbiata”.
Essere uno studioso delle emozioni significa accrescere la consapevolezza della nostra soggettività e dei limiti delle nostre opinioni, così da poter vedere le emozioni degli altri in modo oggettivo.
La strategia migliore suggerisce che dovremmo cercare continuamente di migliorare, di fermarci a osservare, a fare domande, per comprendere veramente le nostre emozioni e quelle degli altri, senza emettere verdetti di valore e senza formarci opinioni sul fatto che i nostri sentimenti abbiano una giustificazione.
È incredibile quanto impariamo semplicemente ascoltando.
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