Nella
vita siamo attori protagonisti di un film che ci giriamo nella testa e del quale
alcune scene tentiamo di condividere con illusorio successo.
Un
esempio è ricavabile dalla qualità dell’attenzione che riusciamo a catturare
nei momenti in cui vogliamo “istruire” il mondo esterno attraverso il
colloquio. È nostra convinzione che non esiste nulla di più importante di ciò
che vogliamo esprimere e contemporaneamente, non esiste nulla di più irrilevante
di ciò che ci viene riferito. Desideriamo
che Il nostro mondo, tutto colorato e sempre interessante, brilli e appaghi la inconsapevole
volontà di potenza presente in gran quantità nella psicologia individuale.
Tutto
questo emerge e condiziona qualunque assembla convocata per discutere
qualsiasi problema e cercarvi una soluzione comune condivisa. In questi casi, esattamente
come aria che riempie il vuoto, il nostro film vorrebbe imporsi nella sala
cinematografica delle riunioni. I
dibattiti vivaci, noi vorremmo trarli dalle nostre trame, cosicché si apprezzi il
lavoro del regista e si rimanga impregnati dall’empatia degli attori.
Mi
è capitato di partecipare a molte assemblee dove i decibel erano le unità di misura
dell’importanza dei concetti esposti e dove per catturare l’attenzione bisognava
presentarsi come giocolieri delle parole.
In queste occasioni, mi illudevo che
qualcuno dei partecipanti avesse veramente interesse per quanto potevo
illustrare.
Il tempo della precaria attenzione era proporzionale alla pazienza
dell’ascoltatore e al senso dell’educazione al colloquio. Scoprivo
a posteriori che parlavo a me stesso e che riempivo solo vuoti temporali nello
spazio assembleare.
Lo
scoraggiamento conseguente alla presa di consapevolezza di tale realtà diventa
mortificazione quando l’obiettivo della riunione si perde nella nebbia delle
possibilità o fraudolentemente si ignora dietro il sipario delle buone
intenzioni.
Non
si può immaginare, invece, come sia meravigliosamente magico parlare a persone
a cui piace ascoltarti e vuole capire fino in fondo ciò che stai esponendo.
Queste persone hanno gli occhi incollati sulla tua bocca e il pensiero in
continuo combattimento con il sentimento.
Queste non stanno preparando
un’obiezione, ti confermano l'ascolto con assensi impercettibili che ti fanno intendere di seguire il filo
logico, non interrompono perché attendono di cogliere il momento giusto affinché
sia tu a permettergli di parlare.
Le pause diventano opportunità per
manifestare emozioni e gareggiare con atti di generosità.
Ultimamente
ho avuto un incontro etichettato con la parola “feedback” per la celebrazione
di un evento concluso. Vi confesso che l’incontro è stato piacevole per la
presenza di dolcetti degustativi, ma non ricordo tuttora a quale scopo è
servita la mia partecipazione.
Pensando a ciò che mi ero proposto di riferire
all’assemblea, continuo a ridere come un matto, per come continuo a essere un inguaribile
ottimista.
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