Sonia, la mia dolce figliola, frequentava l’università di Bari e come era suo solito, quando rientrava molto tardi, portava con sé il necessario per la pausa pranzo. Generalmente si trattava di qualche panino imbottito di prosciutto e formaggio. Lei abbandonava il suo zaino soltanto quando era impegnata nelle lezioni.
Un giorno capitò che durante la mattinata un impertinente topolino, richiamato dal profumo del formaggio, si infilò nello zaino incustodito dell’inconsapevole ragazza, per gustare il suo cibo preferito in tutta tranquillità. Quando Sonia terminò le lezioni non ebbe più tempo per consumare il pranzo a sacco poiché il dilungarsi dell’impegno universitario le consigliò di fare immediatamente ritorno a casa.
Il topolino, sballottolato della corsa della viaggiatrice, pensò bene di nascondersi alla meglio … anche perché la siesta dopo il pranzo bene si conciliava con il cullare del trasporto. Insomma, Sonia portò un ospite a casa. Anzi, lo accolse nella sua stanza dove ripose lo zaino che avrebbe svuotato successivamente.
Il topolino ringraziò l’ospitante approfittando per farsi un bel sonnellino nell frescura della stanza.
Appena fu notte, il topolino uscì in cerca del pasto serale … non curante che Sonia fosse sdraiata sul suo lettino occupata a leggere. Ovviamente, la coda dell’occhio captò la corsa del piccoletto. Immediatamente ci fu un piccolo terremoto che condusse da me la ragazza spaventata dalla visione del suo ospite.
Da padre scettico, la rassicurai convincendola che probabilmente la scena prospettata fosse una sua immaginazione causata forse da qualche sguardo distratto nella penombra della sua stanzetta.
Sonia non fu molto convinta e per questo aggiunsi la motivazione per cui un topolino non potrebbe stare senza la sua mamma e perfino in un appartamento al secondo piano, circondato da un famiglia di gatti.
La notte, il topolino, spinto dalla fame, si spostò in cucina dove trovò nascondiglio dietro la lavastoviglie. Sicuramente non trovò nulla da mangiare poiché il mattino successivo entrò in scena.
Era una magnifica e luminosa domenica, mi trovavo sdraiato sulla mia poltrona davanti al televisore, ascoltando il telegiornale, quando l’impertinente topolino mi passeggiò accanto come se fosse un cagnolino. Sicuramente cercava cibo, ormai era da molto tempo che non mangiava.
Immaginate la mia faccia mentre assistevo alla sfacciataggine dell’animaletto!
Mi alzai di scatto mentre il piccolo delinquente fuggì nel suo nascondiglio. Nel trambusto, si aggiunsero le urla delle donne di casa che vedevano il topolino come il mostro a cinque teste. Allora mi inventai una strategia di intervento risibile. Circondai l’area abitativa del topolino con divisori che nella mia ingenua prospettiva dovevano servire a bloccare il fuggitivo. Mi armai di una robusta ciabatta, pronto per colpire e stordire la vittima … ma non avevo fatto i conti con la velocità e l’agilità del topolino il quale appena fu messo alle strette, con un salto in alto simile a uno di migliori della grande saltatrice Sara Simeoni, scavalcò l’assedio e fuggì fuori dal balcone.
Ostacolato dai miei stessi oggetti, non feci in tempo per vedere dove si fosse infilato. Feci rumore, battetti ogni angolo del balcone ma non trovai più tracce del birbante. Così supposi che fosse saltato giù dal balcone e me ne fossi liberato.
Mi sbagliavo!
Il furbetto si era nascosto sul retro della lavatrice, nel piccolo bagnetto esterno. Tre giorni dopo, l’assenza completa di cibo indebolì il fuggiasco che fu costretto ad uscire allo scoperto per arrendersi. Allora fu per me una vittoria facile. Catturai il topolino chiudendolo una scatola che poi abbandonai in aperta campagna. Non ebbi il coraggio di ucciderlo, anche perché forse era già in via di morire a causa della lunga astinenza dal cibo.
Non vi nascondo che nonostante fosse un topolino, l’empatia mi lascò un sentimento di leggera tristezza.
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