Hai avuto modo di conoscere e usare Internet?
Saprai certamente che Internet, in parole semplici, è un sistema formato da milioni di computer, sparsi sul globo terrestre e collegati tra loro in modo che, mediante l’uso di semplici programmi, riescono a comunicare e a scambiare informazioni con una certa facilità.
Senza essere molto esperti, si può capire facilmente che ci saranno dei fili che gireranno sotto terra o sotto i mari, onde elettromagnetiche che percorreranno i cieli sopra le nostre teste.
Ci saranno piccoli e grandi centri di smistamento per far percorrere queste superstrade informatiche a una marea di informazioni.
Esisteranno, quindi, un’infrastruttura e una logistica capace di far funzionare tutto, senza problemi.
Premesso tanto, mi è più facile convincerti, che il nostro ultra-universo assomiglia grossolanamente a Internet.
Ogni essere vivente può essere paragonato a uno dei tanti computer della rete. Egli è dotato di una limitata autonomia, logica e sensibilità. Le sue imperfezioni fisiche impongono un sistema locale di controllo per l’auto-mantenimento, e di essere quasi sempre staccato dalla rete globale.
Inoltre, la paura di non essere sufficiente, lo costringe ad avere memoria locale costruita solo attraverso la propria esperienza e in misura minore, attraverso quella di altri computer presenti nella sua stretta cerchia di contatti diretti.
Le facoltà di memoria e di elaborazione hanno consentito un minimo di evoluzione, permettendo la creazione di quel sistema di codifica.
Come potrai ora capire meglio, la codifica, utilizzata per consentire ai processi di interpretare istruzioni ed evolvere, appare funzionale solo se si rimane all’interno del sistema isolato.
Il computer isolato costruisce la propria realtà in base ai suoi programmi implementati, e non esiste altra realtà, se non quella che rientra nei canoni accordati con il funzionamento programmato. Qualsiasi altra funzionalità ha bisogno di nuovi schemi da inglobare nel modello logico del computer per cui, se risulta estranea, diventa inapplicabile.
La frontiera del sapere si sposta man mano che nuove funzionalità si aggiungono al modello riconosciuto.
La prima fase storica dell’uomo è servita a fornire le funzionalità minime di auto mantenimento, nell’intervallo tra l’accensione e lo spegnimento del computer.
La seconda è servita per far nascere quel minimo di autonomia operativa, di autodeterminazione, necessaria per far partire il processo di emancipazione dalle divinità o enti superiori. Quest’ultime, per molto tempo, sono stati controllori implacabili e condizionatori delle volontà umane presenti solo allo stato embrionale. Gli Dei, a volte giustizieri e in altre propiziatori, erano i soggetti responsabili in questa fase storica.
La terza fase ha permesso all’uomo di prendere coscienza di sé e di scoprire le sue capacità in relazione ai suoi simili e alla natura.
Con la quarta fase si è migliorata l’affidabilità, l’efficienza della sua vita, osservando la natura per imitarla e asservendola alla sua logica.
Nella quinta fase, tuttora in corso, si sta tentando un’espansione del modello collaudato, ma serviranno molte altre fasi in futuro, per giungere a un essere completo.
La differenza tra un computer acceso e uno spento, non la fanno i suoi componenti che si deteriorano con il tempo, e nemmeno i suoi programmi che codificano funzioni strettamente connesse con la componentistica in dotazione; la fanno gli elettroni che correndo dentro i componenti elettronici, li fanno funzionare e permettono ai programmi di simulare l’autonomia operativa o di scimmiottare l’intelligenza.
Un computer per esistere deve funzionare e per farlo, ha bisogno di energia.
Provate a togliere la spina dalla sorgente di corrente elettrica, e vi ritrovate un ammasso di inerte materia.
Supponendo che il nostro computer non abbia problemi fisici, esso lavora per la maggior parte del suo tempo per se stesso e, secondo l’ordine funzionale in cui è collocato, interagisce con l’esterno solo per particolari finalità.
Questa intrinseca limitazione è ulteriormente mortificata dalle scarse abilità dei dispositivi periferici a rendere completa e veritiera l’informazione trattata internamente e resa all’esterno sottoforma di risultato.
I cinque sensi degli umani sono riportabili, in termini di similitudine, ai dispositivi periferici del computer.
Input e output sono le fasi imprescindibili per condurre un’elaborazione, per cui le distorsioni in entrambe le direzioni producono false elaborazioni e risultati inutili, se non illogici.
Ammettendo che i dispositivi periferici sono approssimati o limitati, diamo immediatamente un taglio a ciò che l’elaborazione può produrre.
La sintesi di questo discorso conduce ad affermare che ogni computer ha una sua realtà, e la visione comune non è altro che una realtà di secondo ordine o, se volete, una realtà virtuale.
Procedendo con questa disamina, vorrei soffermarmi sulla natura di ciò che dà vita al computer.
Si tratta di corrente elettrica che scorre su piste conduttrici, esattamente come il sangue nelle vene umane. La rete conduttrice del flusso di vita si estende per tutti i luoghi dove serve l’energia e promuove il movimento. La densità e il livello di frastagliamento delle piste sono indici che segnalano le zone vitali del sistema, fondamentali per la sua funzionalità globale.
Risulta importante che il flusso vitale sia anche regolare, sincrono con la necessità energetica richiesta. Molte altre prestazioni richiedono concomitanti quantitativi energetici corrispondenti ai servizi forniti.
Errate sincronizzazioni portano a una graduale anomalia di funzionamento che va da una cattiva elaborazione fino al collasso del sistema. I meccanismi coinvolti devono essere perfetti nella misura in cui la funzione richiede e dà significato al suo esistere tale.
Per esempio, un’immagine sulla retina umana deve mantenersi stabile per il tempo necessario alla sua decodifica nel cervello, quindi immagini troppo veloci imporrebbero meccanismi di trattenimento e di elaborazioni più efficienti. Diversamente si commenterebbero immagini che non esistono, ritornando così nel mondo virtuale.
Anche ammettendo la perfezione per i dispositivi di acquisizione e di elaborazione, dovremmo considerare il tipo di segnale che trasporta l’informazione e la qualità dei mezzi di trasporto. Servirebbe un segnale come la luce e un canale perfettamente ad essa adattato.
Infatti, se è vero che non c’è nulla più veloce della luce, è anche vero che non c’è nulla di più inadeguato dei canali sensoriali umani.