domenica 16 novembre 2025

Nadil: genitore di Adamo ed Eva





Nell’infinito universo, un elettrone girava senza meta intorno ad un nucleo che occasionalmente gli dava un punto di riferimento. La sua vita monotona lo obbligava a spostarsi da un atomo a un altro. 

Non sapeva perché, però quella voglia matta di correre senza motivo lo coglieva e lo caricava di una felicità incredibile.

Attraversava corpi come se saltellasse da un punto all’altro di uno spazio senza confini. L’euforia dell’anonimo elettrone non sembrava mai spegnersi. In un’indefinibile combinazione del caso, giunse il momento in cui un evento straordinario doveva concretizzarsi.

Nadil era il nome dell’elettrone che, investito da una misteriosa forza impalpabile, subì una trasformazione rivoluzionaria. Egli era ancora un elettrone ma, oltre alla consueta carica che lo contraddistingueva, portava con sé un’esigenza strana. Sentiva di essere chiamato a un compito di cui non conosceva modi e motivi per perseguirlo. Manifestava sintomi che non avevano nessun legame con le leggi della fisica.

Nadil conosceva bene il mondo subatomico e non si dava pensiero su quando e come spostarsi all’interno della materia. Quello che gli stava per succedere era qualcosa di assolutamente speciale. La strana forza, che lo influenzava, intrigava il suo istinto provocandogli situazioni di stallo, molto simili a quelli situazioni in cui si è costretti ad agire contro la propria volontà e che contemporaneamente si ha la sensazione di agire per un fine più importante. 

Se non si trattasse di un elettrone, potremmo riferirci a una specie di vocazione che ti chiama in un mondo spirituale che stride con quello in cui si è abituati a vivere.

La forza sconosciuta induceva in Nadil il desiderio di cercare compagnia; un’inspiegabile volontà di comunione e tentazione di fare gruppo. Divenne, così, il primo obiettore di coscienza dell’universo; il primo oppositore alle leggi universali e fondatore di un movimento alternativo alle dinamiche esistenti.

A quel tempo, l’universo era governato da una specie di fredda anarchia. Ogni elemento dell’universo esisteva per sé stesso, separato da tutti e libero di esistere in una sua dimensione senza logica. Il luogo, lo spazio e il tempo, che accoglievano l’elemento, determinavano i limiti di ciò che era possibile o impossibile.

Per fornire un’idea concreta, pensate alla parola, quale elemento esistente nella sfera del linguaggio umano. La dimensione della sfera, che la ospita, conferisce il significato e il valore all’elemento, il quale non può sottrarsi alle stesse leggi per cui la sfera esiste. In altri termini, la parola deve attenersi alle regole sintattiche e grammaticali, se vuole assumere un ruolo significativo all’interno di una frase e, salendo di livello, all’interno di un discorso.

Immaginate, quindi, un’infinità di mondi di questo tipo, separati, non comunicanti e invisibili tra loro.

Nadil apparteneva a uno di questi mondi e quella strana forza corrompeva il suo naturale modo di esistere. Disobbedire a un istinto naturale non è una capacità di poco conto. Per disobbedire è necessario che si crei una volontà e questa è l’attributo dell’autodeterminazione. 

Nadil, allora, era stato contaminato dalla forza della consapevolezza e, per questo motivo, accusava i sintomi rivelatori di incertezze. La scelta tra soluzioni diverse e la novità di porsi domande, dimostravano la nascita della sua consapevolezza di esistere; la presa d’atto di essere presente; di poter diventare protagonista nel proprio mondo.  

Insieme a questi fattori di straordinario fascino, esistevano componenti negative. Per esempio, la solitudine, l’impotenza di non poter rispondere a tutti i bisogni, per non parlare dell’impossibilità di uscire dal proprio mondo. Nadil intuiva che l’unico modo per vincere le restrizioni, che egli non voleva, era quello di diffondere la forza trasformatrice in atto, coinvolgendo tutti gli abitanti del proprio mondo. 

Trascorse molto tempo prima che Nadil potesse coinvolgere i suoi simili in questa avventura trasformatrice. Essere afferrati dalla consapevolezza, sembrerebbe un evento usuale per l’essere intelligente, ma costituisce un miracolo per chi, immerso nel meccanismo delle leggi, non conosce il beneficio del dubbio e la benedizione della riflessione. Attraverso la riflessione si usa la consapevolezza che, vestita nella mente, non forniva a Nadil le risposte cercate. Egli aveva bisogno di compagnia per far partire quel processo che nel divenire avrebbe dettato la trasformazione di cui si sentiva messaggero. Il cammino che si stava intraprendendo doveva condurlo davanti a infiniti bivi dove decisioni erano da prendere secondo l’unico disegno racchiuso nella consapevolezza.

Nadil, influenzando altri elementi del mondo subatomico, compiva il miracolo di duplicare se stesso, per cui, nel corso della trasformazione, Nadil non fu solo elettrone, ma divenne atomo, poi molecola, poi agglomerato complesso, fino ad assumere strutture diversificate. Questo lavoro di trasformazione impose alla mente di Nadil di occuparsi pienamente dei problemi connessi con l’organizzazione e la perfetta funzionalità dell’entità composita che si affermava, trascurando così, l’aspetto più nobile del suo operato e motivo ispiratore del disegno originale. Egli, però, non volle preoccuparsi oltre, poiché la catena di trasformazione, prima o poi, si sarebbe chiusa e allora, si sarebbe potuto disporre di un meccanismo più evoluto per procedere verso l’obiettivo finale.  

Purtroppo, una minaccia si prospettava all’orizzonte di questo movimento trasformatore. La necessità di strutturare unità funzionali diverse, introduceva un concetto subdolo, disturbatore della linea di percorso del progetto. La logica direttrice assunta dai singoli complessi rappresentava il modo di pensare all’interno del complesso, traducendo ogni altra attività e presenza esterna, nella logica interna. In altre parole, il concetto di diversità assumeva il significato di scisso, sconosciuto, indipendente e pertanto, il complesso rischiava di allontanarsi dal quadro logico per cui si era formato.

Non so dirvi se tutto ciò fu un errore, perché il concetto di errore è tipico per l’uomo mentre è incomprensibile nella logica dell’universo.

Il risultato, conseguente alla direzione presa dall’evoluzione, fu che alcuni agglomerati “dimenticarono” il mondo esterno e altri, invece continuarono a interagire in perfetta sintonia con i propositi originari.

Si formò così la materia, distinta in vivente e inanimata.

(segue nel prossimo post)

sabato 15 novembre 2025

Il muro sbagliato



La maggior parte delle persone trascorre tutta la vita giocando al gioco sbagliato. Insegue qualcosa per anni, solo per rendersi conto di aver appoggiato la scala al muro sbagliato.

Il monaco e scrittore Thomas Merton una volta disse: "Le persone possono passare tutta la vita a salire la scala del successo solo per scoprire, una volta raggiunta la cima, che la scala è appoggiata al muro sbagliato".

Merton non si limita a chiederci cosa stiamo facendo; si chiede perché lo stiamo facendo. Siamo tutti su una scala, per lo più pre-impostata per noi. Prendi buoni voti, assicurati un lavoro di prestigio, compra quella macchina e ottieni il mutuo. E non dimenticare quella promozione. Siamo così impegnati nella scalata, terrorizzati di rimanere indietro, che non ci fermiamo mai a controllare quel maledetto muro. 

Diamo per scontato che il muro sia la "felicità" o la "realizzazione". Ma potrebbe essere "l'approvazione degli altri". O una vita che non era la nostra fin dall'inizio. Questo è il terrore. Puoi passare tutta la vita a costruire una versione perfetta del sogno di qualcun altro.

Si può notare che questo succede spesso e ovunque. L'avvocato che ha vinto ogni causa ma ha perso la famiglia. L'influencer con un milione di follower che non si è mai sentito così solo. Il pensionato con il prato perfetto e un'anima piena di silenziosa disperazione. Hanno raggiunto la cima. 

La scala era solida. La salita è stata impeccabile. Ma la destinazione non sembra giusta. La maggior parte di noi è allenata a salire. Scuola, lavoro, matrimonio, promozione, aumenti di stipendio e altro ancora. Non in quest'ordine per tutti. Ma la salita è sempre presente. E ogni scala sembra urgente, come se non iniziassi a salire ora, restassi indietro. O stessi fallendo.

Nessuno ti dice di fermarti e controllare il muro. La chiarezza arriva tardi.

Il filosofo stoico Seneca disse: "Se un uomo non sa verso quale porto salpare, nessun vento è favorevole". 

Puoi correre o affrettarti verso la vita che desideri. Ma se la destinazione non è buona, lo sforzo è uno spreco di vita.

Non è troppo tardi per ripensare alla scalata, però.

E sì, fa paura. Ma ciò che è ancora più spaventoso è svegliarsi a 70 anni e rendersi conto di aver giocato al gioco sbagliato per tutta la vita. E di non averne apprezzato nemmeno uno. Il muro sbagliato ti ruba la vita al rallentatore. Non sembra una crisi. Sembra un lavoro interminabile. Riunioni. Email. Impegni che non volevi nemmeno. E un giorno alzi lo sguardo e ti rendi conto di aver barattato decenni per un premio che non ti piace nemmeno.

Forse la tua scala è sul muro giusto e devi solo aggiustare la presa. Forse no. L'unico modo per saperlo è mettere alla prova il muro. Una vita esaminata può incendiarti l'anima. Una scala non esaminata può fare più male che bene. Non limitarti a essere un bravo scalatore. Appoggia la scala al tuo muro. Allora ogni passo difficile varrà la pena.

Assicurati che la vetta sia tua, la tua definizione, i tuoi valori.

Il tuo sogno strano, meraviglioso, unico.

Nel dubbio, trova il muro giusto, anche se significa restare fermo per un po'. Anche se significa che tutti gli altri guardano "avanti". Lasciali fare. Il tuo muro, la tua scalata. La maggior parte delle persone non controlla mai il muro. Continuano a salire. Preferiscono seguire con sicurezza le direzioni sbagliate piuttosto che fermarsi e cambiare percorso.

È più facile continuare a muoversi che ammettere di essersi persi. Ma il vuoto esistenziale non mente.

Potresti stare a scalare un muro in cui non credi nemmeno. 

È meglio apparire vuoti che rimpiangere le opportunità mancate. 

È meglio ripartire daccapo, piuttosto che essere celebrato in cima a un muro che non significa nulla per te. 

Non badare a ciò che raccontano di te. Se non stai dando fuoco alla tua anima, qualcosa non va. La gente ama gli scalatori. Gli imbroglioni. I cercatori di scale. Ma ciò che è degno di rispetto, sono le persone che hanno il coraggio di mettere in discussione la scala. Trovano la libertà senza limiti.

Il poeta e romanziere Charles Bukowski aveva ragione: "Se qualcosa ti brucia l'anima con uno scopo e un desiderio, è tuo dovere esserne ridotto in cenere. Qualsiasi altra forma di esistenza sarà l'ennesimo libro noioso nella biblioteca della vita".

Rimanere sul muro sbagliato solo per salvare la faccia è un tradimento di sé. Ci tornerai dopo qualche anno. E metterai in discussione le tue scelte. Scegli muri migliori. Quello giusto cambia tutto. La scalata potrebbe ancora fare male. Ma la vista dalla cima vale ogni passo.

venerdì 14 novembre 2025

Nietzsche: un formidabile pensatore



Friedrich Nietzsche (1844-1900) è stato un filosofo tedesco spesso ricordato come uno dei precursori, insieme a Søren Kierkegaard (1813-1855), dell'Esistenzialismo. 

L'influenza di Nietzsche è formidabile e si estende a gran parte della filosofia e della letteratura del XX secolo, tra cui l'Esistenzialismo (Kafka, Sartre, Camus), la fenomenologia (Husserl, Heidegger, Merleau-Ponty), il post-strutturalismo (Deleuze, Foucault) e il Decostruzionismo (Derrida).

Laddove Nietzsche non appare in modo trasparente come un'influenza, è comunque percepito come un fattore determinante nello sviluppo e nella storia della filosofia, e la sua presenza e influenza sono considerate pressoché pervasive. 

Nietzsche è quindi considerato indiscutibilmente una forza nella storia della filosofia e nella filosofia contemporanea, e che si accetti o meno, ad esempio, la sua critica della religione – in particolare del cristianesimo – filosofi religiosi successivi come Paul Tillich e Martin Buber ne sono stati influenzati. Le intuizioni e i contributi di Nietzsche alla filosofia in generale sono considerati di vasta portata e inattuali, trascendendo tempo e luogo.

Ciò che forse è strano è che il nome di Nietzsche sia spesso associato al partito nazista. Sua sorella, Elisabeth Förster-Nietzsche, è nota per aver modificato i suoi appunti in una delle prime pubblicazioni de "La volontà di potenza", nel tentativo di giustificare l'antisemitismo e il fascismo, sebbene si ipotizzi anche che volesse proteggere l'eredità del fratello. 

Gli stessi nazisti avrebbero poi tentato di appropriarsi degli scritti di Nietzsche, sfruttando la sua filosofia dura e apparentemente bellicosa per giustificare la propria agenda politica.

Nietzsche esprime chiaramente la sua opposizione all'antisemitismo in molti punti, uno dei quali è nella sua lettera a Franz Overbeck, datata 29 marzo 1883: “Forse sarà mio destino essere considerato un antisemita; mentre tutti i miei istinti vi si oppongono e non ho nulla a che fare con questa canaglia antisemita.”

La propensione di Nietzsche a deridere la pietà e l'egualitarismo, e persino a difendere la crudeltà, lo espone a essere interpretato, o frainteso, in difesa di atteggiamenti e comportamenti bellicosi comunemente associati al fascismo.

Per Nietzsche, l'obiettivo del filosofare non dovrebbe essere quello di realizzare un sogno astratto (ad esempio, uno che trova la sua apoteosi nella vittoria di un governo o di un altro). L'attenzione di Nietzsche è principalmente individuale e uno degli obiettivi che prescrive ai suoi lettori è il processo di autosuperamento. 

Nietzsche dedica una sezione di "Così parlò Zarathustra" all'autosuperamento. In "Al di là del bene e del male", uno degli obiettivi della sua filosofia si rivela essere la capacità di mettere in discussione le proprie motivazioni e di riconsiderare e creare valori. Questi sono compiti che esprimono la volontà di potenza e catalizzano il processo di autosuperamento. 

L'autosuperamento è una virtù per creatori e pensatori; li sfida ad affrontare sé stessi e a interrogarsi sui propri pregiudizi, difetti, preconcetti e debolezze personali. È una virtù di artisti, scrittori e pensatori, ma anche, teoricamente, di chiunque miri a sviluppare il proprio sé più esemplare.

giovedì 13 novembre 2025

Come migliorare il pensiero



Spesso pensiamo e agiamo in automatico. Utilizziamo gli stessi strumenti nella nostra vita quotidiana, percorrendo le stesse strade per andare da casa al lavoro e poi allo stesso negozio. Incontriamo gli stessi amici, facciamo gli stessi allenamenti e diciamo le stesse cose a tutti quelli che incontriamo.

Sebbene queste abitudini siano comode ed efficienti, possono anche limitare le nostre opzioni e inibire i progressi. Non migliorerai a tennis semplicemente giocando con gli stessi amici, né migliorerai a scacchi ripetendo la stessa apertura. Per migliorare in qualcosa, devi esercitarti, ma devi anche esercitarti in modi nuovi.

Lo stesso si può dire del pensiero. Per diventare un pensatore migliore, devi liberarti dalle tue vecchie abitudini. Questo non significa rifiutarle, ma piuttosto essere in grado di pensare oltre quando se ne presenta la necessità. È certamente facile a dirsi, ma è difficile sapere come metterle in pratica.

Gilles Deleuze (1925–1995), filosofo francese, offre una soluzione semplice a questo enigma, che rispetta la complessità della vita. Sostiene che dobbiamo creare concetti chiari che ci aiutino a pensare meglio o in modi nuovi. Cambiano ciò che osserviamo, il modo in cui affrontiamo i problemi, le ragioni che adduciamo e il modo in cui passiamo dal dubbio alla decisione.

Nella vita di tutti i giorni, la tua "immagine del pensiero", ovvero il modo in cui percepisci qualcosa come vero, ti mostra come dovrebbe apparire una buona idea. Viviamo già con alcune idee su cosa sia un "buon" concetto. Forse significa vedere il consenso come un segno di verità, considerare la condivisione delle migliori pratiche come un'indicazione di competenza, o credere che la semplicità sia il miglior indicatore di qualità.

Quando una regola rimane inconscia, plasma la nostra attenzione e limita la nostra esplorazione. Ci concentriamo sugli stessi elementi e troviamo più facile risolvere problemi correlati quando ci affidiamo alle esperienze passate. Queste esperienze diventano ciò che riconosciamo come vero, sicuro ed efficiente. Di conseguenza, riconosciamo ciò che già sappiamo invece di imbatterci in qualcosa di nuovo.

Deleuze critica questo modello di riconoscimento. Secondo lui, il vero pensiero inizia con un incontro che sfida le abitudini consolidate e mette in luce un problema significativo. L'obiettivo non è glorificare la rottura, ma permettere a domande migliori di emergere.

Per Deleuze, un concetto non è solo un'etichetta arbitraria da un dizionario. Al contrario, è uno strumento progettato per un compito specifico in un campo specifico. Un buon concetto ha parti che si incastrano tra loro e si basa su una chiara comprensione delle proprie priorità.

In pratica, un concetto dovrebbe identificare ciò che conta, determinare cosa conta come prova, stabilire una soglia per l'azione e guidare la valutazione dei risultati. Consideriamo un caso comune: si desidera guidare una comunità. "Coinvolgimento" sembra appropriato, ma comprende attenzione e supporto autentico. Questo rende difficile sapere esattamente quale azione intraprendere.

Se si prende in prestito un termine vago come "coinvolgimento", si adottano anche la sua ambiguità e i suoi punti ciechi. L'azione diventa poco chiara perché lo strumento non è chiaro. Invece, si sostituisca "coinvolgimento" con un concetto più preciso, come "partecipazione". Potremmo definire la partecipazione come contributi volontari che promuovono obiettivi condivisi e sono visibili agli altri. 

Questa definizione aiuta a guidare le azioni in modo più efficace. Dirige l'attenzione verso obiettivi concreti e visibilità. Stabilisce anche una soglia che garantisce solo contributi visibili che contribuiscono al raggiungimento dell'obiettivo.

Come uno strumento, un concetto può essere migliorato. Se non avete preso una decisione entro la fine della settimana, è probabilmente perché il concetto è ancora troppo vago. Aggiungete i dettagli mancanti o rimuovete quelli superflui e riprovate. Se gli altri non riescono a capirlo, fornite un breve esempio che mostri la soglia in azione.

Col tempo, il concetto acquisirà forza. Inizierà ad affrontare le situazioni che contano e a resistere alle chiacchiere vuote. Deleuze direbbe che il concetto ora ha coerenza. In parole povere, le parti si uniscono per aiutarvi a portare a termine il lavoro.

Il pensiero migliora ulteriormente quando affiniamo le definizioni dei concetti e consideriamo come si relazionano ad altri concetti. Quando queste definizioni raffinate forniscono nuove prospettive sul mondo, emerge una nuova gamma di possibilità. Mappando le connessioni tra persone, strumenti, regole, luoghi e tempi, possiamo identificare aree in cui piccoli aggiustamenti potrebbero portare a risultati significativi.

Molti dei nostri comportamenti nella vita quotidiana si basano su strutture gerarchiche. Una gerarchia, come l'immagine di un albero con molti rami, sembra semplice e affidabile. Tuttavia, spesso oscura il modo migliore di agire. Quando osserviamo le situazioni solo da una prospettiva top-down, potremmo cercare ordini più chiari o messaggi più forti invece di identificare e affrontare, ad esempio, connessioni deboli nella comunicazione laterale.

Deleuze propone il rizoma come alternativa a una gerarchia ad albero. Un rizoma cresce attraverso molte connessioni laterali piuttosto che lungo un'unica linea principale. In tali sistemi, ciò che conta è come gli elementi si collegano e come i movimenti possono passare attraverso questi collegamenti. Chiamano l'impostazione concreta "assemblaggio": una composizione di parti eterogenee – persone e strumenti, regole e luoghi, azioni e segnali – che, prese insieme, producono un effetto.

Concludendo, tutti possiamo pensare meglio considerando l'opposto di ciò che pensiamo, sviluppando concetti all'interno di un contesto specifico e considerando come tutto sia interconnesso. 

Post più letti nell'ultimo anno