A scuola ho studiato le tre guerre di indipendenza dell’Italia. Allora, intuii che l’ordine assegnato alle guerre era dovuto al fatto che i primi tentativi erano falliti per cui doveva essere abbastanza scontato che altre guerre si sarebbero succedute con una certa prevedibilità. Poi sono arrivate le guerre mondiali e ne abbiamo contate due … ci sarà una terza e poi una quarta? Immaginando ora di essere un futuro abbastanza lontano, potremmo pensare allo sesso modo e magari vederci protagonisti di una serie di film di successo.
La guerra del 1914 all’epoca veniva chiamata La Grande Guerra. Ma quando l’abbiamo ribattezzata “Prima Guerra Mondiale”, era sia un’etichetta storica che una promessa involontaria. Assegnandogli un numero, abbiamo incorporato l'idea che in seguito, sarebbe arrivata "La Seconda Guerra Mondiale". La conseguenza logica suggerisce che l’umanità sta aspettando la Terza Guerra Mondiale come la prossima stagione di un prestigioso dramma televisivo. Se c’è un “1” e un “2”, l’esistenza di un “3” sembra non solo possibile, ma plausibile, quindi probabile, e quindi quasi inevitabile.
Ma questa mentalità – la numerazione dei conflitti globali – ci allena a pensare alla guerra come a una progressione, come se la storia fosse una sorta di nastro trasportatore cosmico che ci spinge verso un inevitabile climax apocalittico. In realtà, gli eventi che ora chiamiamo Prima e Seconda Guerra Mondiale non erano storie ordinate e autonome in una narrazione che avesse senso, come Il Padrino e Il Padrino Parte II. Erano più come due incendi particolarmente brutti in una saga europea lunga secoli, tentacolare e disordinata, fatta di controversie sui confini, alleanze mutevoli, avidità e nascita violenta del moderno stato-nazione che comprendeva tutto, dalla Rivoluzione francese alla guerra russo-giapponese di 1904. Ma applicando loro etichette numeriche, ci siamo incoraggiati a pensarli come "installazioni" separate in una serie in corso, ciascuna con la propria trama, i suoi cattivi e la propria risoluzione, ognuna delle quali racconta una storia più lunga.
Questa numerazione ha distorto il modo in cui comprendiamo la storia. Le guerre non scoppiano spontaneamente perché “è ora della prossima”. Sono il prodotto di profonde tensioni sistemiche: disparità economiche, squilibri di potere, desiderio umano di conquista e, naturalmente, decisioni sbagliate da parte di persone in posizioni di potere. Le cosiddette Prima e Seconda Guerra Mondiale non furono fenomeni isolati; Furono il culmine di secoli di rivalità tra gli imperi europei in lotta per il dominio. Dalle guerre napoleoniche alla guerra franco-prussiana, la storia dell’Europa e dei suoi vicini è una lunga catena di controversie territoriali, trattati instabili e inestinguibile sete di espansione. È successo che all’inizio del XX secolo la rivoluzione industriale aveva fornito alle nazioni nuove scintillanti macchine di morte e distruzione, rendendo quelle vecchie rivalità più mortali che mai.
Ma invece di vedere queste guerre come parte di una storia confusa e interconnessa, le abbiamo inquadrate come eventi isolati in una sequenza lineare. Peggio ancora, questo quadro ha trasformato la “Terza Guerra Mondiale” in qualcosa che quasi ci aspettiamo, come il prossimo capitolo di una profezia maledetta. Questo atteggiamento fatalistico non fa nulla per prevenire futuri conflitti; semmai, ci rende più propensi ad accettare la loro inevitabilità. Dopotutto, se le guerre sono solo voci numerate di una serie di conflitti inevitabili e concettualmente lineari, allora perché combattere il destino?
Perchè accettare semplicità del pensiero sequenziale? Le guerre non sono film e non esiste alcuna legge dell’universo che richieda una trilogia. Invece di aspettare la cosiddetta “inevitabile” prossima guerra, faremmo meglio a concentrarci sullo smantellamento dei sistemi e delle ideologie che rendono possibile la guerra.
La storia è disordinata, intricata e non lineare.
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