Sono
sempre stato un uomo di poche parole.
Il motivo probabilmente discende dal
fatto che sono pessimista sul grado di attenzione che mi potrebbe offrire l’interlocutore.
Per questa mia limitazione, lo
strumento facebook si è rivelato come un grande alleato.
Mi illude di poter parlare con chi
è soltanto nella mia mente e stimola in me il desiderio di esternare idee che
altrimenti morirebbero nella mia convinzione.
Indipendentemente
dalle qualità e caratteristiche del lettore, ho l’impressione che qualcuno
provi a comprendere.
Mi
rattristo leggere quando leggo: “I giovani, sperando di trovare un futuro lavorativo, disertano i banchi
del classico e s'indirizzano sempre più verso istituti tecnologici e
professionali. Tra i licei, impennano le iscrizioni nello scientifico applicato
e nel linguistico”.
In questa tendenza, rilevo una contraddizione
di fondo nella nostra società e che ritengo dolorosa. In una società malata nell’anima
si tenta di intervenire con le cure palliative della tecnologia. Credo di sapere che quando
una persona sia malata non si può chiederle di correre per guarire.
La mancanza di lavoro rende
incerto il futuro dei giovani, inteso questo, come contesto nel quale poter raggiungere
il benessere del corpo ancor prima di quello dell’anima.
È però evidente che solo l’anima
forte può dirigere correttamente la vita dell’uomo e quindi sostenere quello
sforzo necessario per risolvere i problemi derivanti dalle difficoltà incontrabili.
Sapersi muovere criticamente
tra le diverse prospettive future e non rimanere immobilizzati dalle paure
conseguenti, rappresenta un obiettivo che la cultura umanistica assicura.
Una
coscienza matura, supportata dalla cultura, esalta la sensibilità e
predispone l'anima all'ascolto e alla comprensione più profonda.
Il tecnicismo finalizzato all'efficienza, alla produttività, al profitto, produce nel tempo concorrenza, rigidità di pensiero.
In
definitiva, spogliare la formazione dei giovani dal calore della
cultura umanistica significa preparare un futuro "automatico", cioè
senza l'uomo.
L'automatismo,
nato con l'intento nobile di liberare l'uomo dalla schiavitù del
lavoro, si sta trasformando nel meccanismo che lo svuota della sua
essenza più bella.
Il pensiero critico non si
stimola con lo studio dedicato soltanto alla tecnologia ma anche (soprattutto) attraverso il confronto con le idee dei grandi
pensatori.
La fantasia, la creatività, l’arte in generale, sono i prodotti di
una cultura che ha lievitato nei cuori e negli spiriti la bellezza della
sensibilità, imprescindibile dall’essenza umana.
Inoltre, la povertà di
spirito genera quell’attrito psicologico per cui i giovani tendono alla
superficialità e all’ozio.
In queste condizioni, una tecnologia sempre più
specializzata non può che dividere il mondo in soltanto due categorie:
dominatori e dominati.