La forma più antica di terrore scolastico è stata l’interrogazione. Già dai miei tempi (anni 60/70) questa forma di verifica della preparazione era considerata una forma di tortura psicologica.
Ricordo benissimo il mio stato emozionale mentre il professore apriva il registro e scorreva con gli occhi l’elenco alfabetico della classe.
Il mio cognome inizia con “S” e mi concentravo per capire dove puntavano gli occhi. Ogni secondo che trascorreva accelerava i miei battiti. La paura che lo sguardo indugiasse sulla parte finale dell’elenco era frustante.
Tutto questa paura non era causata dalla consapevolezza di non aver studiato. Anzi, io ero certo di aver fatto il mio dovere, ma qualcosa di inspiegabile mi prendeva; sentivo una morsa intorno al cuore.
Sicuramente, il mio stato era determinato da una timidezza derivante dai problemi psicologici di quell’età. Era, però, un dato certo che tutti i miei compagni apparivano quantomeno preoccupati dall’interrogazione.
Quando il proprio cognome risuonava nell’aula, allora come eroi in fucilazione, ci si avviava verso la cattedra tra i sospiri di liberazione dei salvati.
Ai miei tempi c’era troppo distacco spirituale tra l’alunno e il professore. Occorreva rapportarsi con attenzione e discrezione, cercando bene le parole da usare per non indisporlo per poi subire conseguenze spiacevoli.
Oggi è tutto diverso!
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