giovedì 27 luglio 2023

Il frenetico non far nulla


La vita che conduciamo è affannosa ma se ci fate caso, è anche incosciente rispetto all’obiettivo per cui si nasce e al posto che occupiamo nell’ordine della natura. 

La vivacità, l’energia che consumiamo, riguarda quasi totalmente l’aspetto pratico. Ci illudiamo che essere vivi significa muoversi, agire, correre e magari sudare.

Riflettendo un po’ scopriamo che queste sono anche prerogative di cavalli, delfini, aquile, serpenti, tartarughe, insomma, degli esseri viventi, partendo dal più scatenato e finendo con il più ozioso.

Il movimento è pure una connotazione delle macchine, che almeno non sudano e che sono sempre pronte a ripetere le stesse azioni.

Nell’era del computer, l’idea di muoversi si spinge nell’elaborazione o nello scambiarsi messaggi in tempo reale, annullando gli spazi e i confini territoriali.

Il muoversi non può essere la risposta all’esigenza di spendere la vita nel miglior modo possibile, anzi, può essere una maniera per trascorrerla inutilmente. 

Aggiungiamo a questa nota, il fatto che un terzo della vita la trascorriamo dormendo e inevitabilmente ci ritroviamo vecchi nostalgici di una gioventù bruciata.

A tal proposito, vi racconto una banale storia che riflette l’idea “ciò che si potrebbe fare, ma si attende rimandando in un futuro da definire”.

Un signore entra in un negozio di computer e rivolgendosi al venditore dice: “Mi potrebbe consigliare il miglior computer presente sul mercato?”.

 Il venditore reclama chiarimenti: “Che uso deve farne? Chi lo deve usare? Quanto vuole spendere?”.

Il cliente si affanna a precisare: “Non si pone nessun problema economico! Tenga conto, però, che sarà un regalo per una prima comunione e quindi, volendo investire sul futuro del bambino, desidero che egli abbia il miglior prodotto che il mercato offre”.

Dopo due anni dall’acquisto, il cliente telefonò allo stesso negoziante per chiedere l’assistenza a quel computer che si accese la prima volta.

Avrete sicuramente inteso la potenzialità inespressa di un’azione sviluppata soltanto meccanicamente e abbandonata nelle intenzioni.

Chi non è esperto nel campo dei computer deve sapere che il suo componente più importante (CPU) corrisponde al nostro cervello. 

La CPU potrebbe compiere ad altissima velocità un’incredibile quantità di azioni banali per produrre un risultato pratico appena apprezzabile.

Volendo darvi un esempio fantastico, la prima CPU completa (INTEL 4004), apparsa sul mercato nel lontano 1970, lavorava a una frequenza di 740khz. 

In termini figurativi, essa correva a una velocità di 740 mila passi in un secondo e sostituendo un passo a un metro, calcoliamo 2.664.000 km/h. 

Le moderne CPU arrivano fino a 3,8 Ghz, cioè corrono con 3,8 miliardi di passi fatti in un secondo oppure a 13.680.000.000 km/h.

I 299.792,458 km/h della velocità della luce la farebbero apparire come una lumaca.

La CPU, quindi, a causa della sua grande velocità esaurisce il suo lavoro in un tempo quasi zero o comunque, completamente trascurabile rispetto alle ventiquattro ore. Ciò implica che quasi sempre, non fa nulla.

Attenzione! Quando essa non fa nulla, compie l’azione del “far-nulla”. Sarebbe un tipo di lavoro particolare così descrivibile: “Chiedi al programma cosa fare - esegui la prossima azione - interpreto l'azione proposta - chiedi al programma cosa fare - (ciclo all'infinito)”.

 Vi chiederete perché, allora, si richiede al computer di essere sempre più veloce.

La risposta è semplice, convincendoci che non può essere la frequenza dei servizi a stabilire la bontà del fornitore di servizi, ma è il tempo impiegato per dare risposta al servizio richiesto. 

In altre parole, il computer può essere quasi sempre inutilizzato, ma quando si richiede il servizio, questo deve essere eseguito, possibilmente a tempo zero.

Immaginate il livello di stress di un lavoratore che per otto ore di lavoro “non fa nulla” ma che deve giustificare il suo guadagno in pochi millisecondi.  Questo tipo di lavoro sarebbe peggiore della condanna alla pena di morte.

 

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