lunedì 17 marzo 2025

Migliorare la durata della tua salute


Molti presumono che, poiché sono anziani, sia troppo tardi per avere un impatto sulla loro salute e sul loro benessere futuri. Dicono cose come: "Devo accettare di essere anziano e che avrò molti problemi in futuro. Non c'è niente che io possa fare al riguardo, quindi non ha senso concentrarsi su cosa mangio o quanto mi alleno a questo punto".

Si sbagliano!

I dati di molteplici studi clinici di alta qualità dimostrano che prestare attenzione al proprio stile di vita a qualsiasi età aiuta in modo significativo a prevenire le malattie croniche, allungando la durata della salute (anni vissuti senza malattie significative) e allungando la durata della vita. Non di poco, ma di anni sostanziali.

Non è mai troppo tardi per adattare il proprio stile di vita per una salute migliore.

Uno studio del 2023 ha scoperto che il 71% delle persone di 50 anni e più afferma che se ci fosse una pillola che allungasse la loro durata di vita e, soprattutto se aumentasse il periodo di tempo in cui sono sani prima di morire, la prenderebbero volentieri.

Ci sono molte pillole e pozioni che tanti cosiddetti esperti e organizzazioni raccomandano. Ma la verità è che, se anche una è veramente efficace, non è stata dimostrata in uno studio scientifico imparziale pubblicato su una rivista medica autorevole e sottoposta a revisione paritaria.

Ricorda anche che nessun medicinale è completamente privo di effetti collaterali.

Ma esiste un approccio collaudato per migliorare la durata di vita e la salute. Il problema è che richiede tempo e impegno praticamente ogni giorno. Ma questo approccio funziona davvero. È meglio iniziare relativamente giovani, ma ha comunque dei benefici, anche a partire dalla mezza età o dalla tarda età avanzata. Il costo in euro è irrisorio, ma il costo in termini di tempo, sebbene reale, non è eccessivo.

Si tratta di vivere la propria vita ogni giorno con un adeguato:

- esercizio fisico,

- un piano alimentare sano,

- gestire lo stress,

- dormire bene la notte,

- evitare il tabacco,

- mantenere il consumo di alcol a un livello modesto,

- mettere alla prova il cervello e interagire regolarmente con amici e familiari.

Questi sono i sette punti chiave per un invecchiamento sano.

Il risultato non è solo una maggiore durata della vita. Significa sentirsi meglio giorno dopo giorno. Questa potrebbe essere una ragione sufficiente, ma significa anche prevenire quelle malattie croniche così spesso associate all'invecchiamento, come obesità, diabete, malattie cardiache, cancro, ictus e Alzheimer. 

Ciò significa che sarai in grado di goderti la vita in uno stato di salute per un periodo di tempo sostanzialmente più lungo: una maggiore durata della salute.

 

Una lotta infinita tra il pensabile e il conoscibile

Arthur Schopenhauer (1788-1860)


È un uomo schivo, introverso, solitario, attratto dalle scienze filosofiche. Viene alla memoria Giacomo Leopardi, il grande poeta dell’”Infinito”.  In realtà, non si tratta di Leopardi, ma di Arthur Schopenhauer. Egli è stato il pensatore dal carattere difficile e palesemente critico e sprezzante nei confronti della vita. E pare che il disprezzo nutrito sia motivato anche da un episodio spiacevole accadutogli in famiglia: il suicidio del padre.

Schopenhauer nasce a Danzica il 22 febbraio del 1788 e morì nel 1860 a causa di una polmonite. Compie diversi viaggi in Italia, soggiornando a Venezia, poi a Bologna, Firenze, Roma e Napoli. Torna in Germania per dedicarsi alla carriera accademica. Affascinato dalla filosofia di Platone e da quella di Kant, cerca di lavorare inizialmente sulla distinzione tra fenomeni e noumeni.

Sappiamo con Kant, e a partire da Platone, che i fenomeni sono fatti di illusorietà, apparenza e sono presenti nel mondo dei sensi. Poi vi è il noumeno che coincide con l’essenza stessa delle cose, il pensabile, l’idea. Il noumeno, dice Kant, lo puoi pensare ma non lo puoi conoscere. Quando provi a immaginare Dio e vuoi trasformarlo in FENOMENO lo disegni, ti viene fuori un uomo con la barba bianca, anziano con delle caratteristiche umane. 

Sarà proprio così?   

E se Dio fosse un eterno fanciullo? 

Se cominci a pensare in maniera originale, stai producendo un noumeno, un’idea, o un ideale non conoscibile. Il noumeno esiste solo nella mente di chi pensa.

Ora Schopenhauer, partendo da questa visione dualistica tra fenomeno e noumeno decide semplicemente di chiamare per nome le cose: il fenomeno diventa “una rappresentazione”, il noumeno diventa “volontà”.  Bell’e buona la sua opera del 1818 si chiamerà: Il mondo come volontà e rappresentazione.   

Si può ben arguire che la dottrina della conoscenza di Schopenhauer è una sorta di kantismo fintamente ricopiato, semplificato. Egli (proprio come Kant) sostiene che la realtà non può essere conosciuta. Ma questo è un fatto decisivo per Kant (non tanto per Schopenhauer) che del principio fenomenico e noumenico ne ha fatto un’elaborazione onto-metafisica.

Schopenhauer non perde tempo e si defila con delle intuizioni: trascura tutte le analisi e le critiche che spiegano il determinarsi di un certo fenomeno.  Per Schopenhauer la natura è una sola, coperta e ricoperta dall’effetto del “velo di Maja” (una terminologia recuperata dal pensiero indiano). Le cose appaiono come filtrate, coperte da un velo colorato che permette di vedere ciò che vuoi vedere: individui, piante, animali. Da qui viene fuori il cosiddetto “dis-velamento della verità”. Le cose trovano l’essenza, la natura al di là del velo. È come se vedessimo il sole dietro le grate di una prigione. La natura che è una sola, a noi ci appare differenziata, frammentaria.

Schopenhauer scrive: “Maja, il velo dell’illusione, ottenebra le pupille dei mortali e fa vedere loro un mondo di cui non si può dire né che esista né che non esista, perché è simile a un sogno”.

Cosa significa questo? che il velo non costituisce solo l’offuscamento o la copertura della natura delle cose, ma deforma addirittura la natura stessa delle cose. Proprio come succede nei sogni che si ha una realtà deformata.

Schopenhauer si chiede: da dove nasce questo bisogno di conoscere la natura delle cose? 

Pare che in ogni essere umano vi sia una natura più forte dell’esigenza stessa di reclamare un bisogno. Con i bisogni, i desideri, noi vogliamo qualcosa, ci proiettiamo verso qualcosa che sicuramente di volontà si tratta. Ma volere un caffè o volere vivere questa vita anche quando la vita la sto per perdere è ben altra cosa. 

Per il pensatore, vi è una volontà oltre ogni volontà: una volontà che vuole solo vivere. La vita è questa. Va, si muove, si dimena perché vuole solo vivere. Come un neonato che si dimena: non è semplicemente un movimento volontario, ma è la natura della sua esistenza che lo muove alla vita.

Si tratta di una volontà superiore, una volontà di rimanere in vita anche certamente grazie alla soddisfazione di bisogni. La volontà di sopravvivere alle ostilità per la perpetuazione stessa della specie. La vita procede, mai arretra. Nascita e morte sono due fenomeni di un'unica natura. Diventa chiaro così che questa volontà è cieca: essa non ha uno scopo ben preciso se non quello di mantenere/mantenersi in vita. Diventa evidente anche un punto essenziale della stretta connessione di Schopenhauer a Giacomo Leopardi: In uno scritto di Francesco De Sanctis, il grande letterato, ha scritto un saggio in forma di dialogo su Schopenhauer e Leopardi, facendo emergere questo rapporto quasi parentale del pensiero. 

Come dice De Sanctis, Giacomo Leopardi non ha mai letto Schopenhauer, viceversa Schopenhauer non soltanto ha letto a fondo Leopardi, ma né è stato un vero e proprio fan.


 di Fabio Squeo

domenica 16 marzo 2025

Dalla cieca volontà di vivere alla volontà di Potenza (Nietszche)

Friedrich Wilhelm Nietzsche (1844-1900)


Quando Dio non è più una certezza e diventa la più grande delle bugie, l’uomo si fa libero; e facendosi libero, ha davanti a sé una sola cosa: il suo destino. Con Nietzsche sorvoliamo la vetta di una montagna molto alta. Una montagna innevata laddove le acque dei fiumi scorrono verso la valle del sospetto e si mescolano nel mare dell’irrazionalità.  

E’ il 15 ottobre del 1844 a Röcken, in Germania. Nasce Friedrich Nietzsche, un pensatore originale e fuori dagli schemi che ha influenzato, con la sua produzione, l’intero mondo occidentale.  Nelle sue svariate opere è sempre presente una critica violenta verso qualcosa: generalmente essa è quasi sempre legata alla condotta dell’uomo verso un giudizio aprioristico o addirittura verso un corteggiamento a Dio e alla sua storia nel mondo. Nietzsche è un accanito lettore di Schopenhauer; si fa influenzare e il suo pensiero diventa oggetto di ispirazione con delle conclusioni leggermente capovolte. 

Schopenhauer vedeva la vita animata da una forza libera; e per dirlo da specialisti della filosofia: la vita per Schopenhauer è cieca assolutezza di una volontà di vivere

Perché è cieca? 

Perché non porta da nessuna parte, o comunque porta nella direzione del nulla. 

Perché è assoluta?   

Perché la forza vitale da cui la vita scaturisce è libera e nascosta alla ragione. La ragione vede ogni cosa relativizzata, spaccata in micro e macro frammenti personali.  La vita si consegna all’uomo come una rappresentazione di fenomeni, o per essere più precisi, il mondo è fondamentalmente ciò che ciascuna persona vede (una rappresentazione relativa).  Per Schopenhauer la cieca volontà di vivere deve essere superata attraverso la religiosità buddhista, il Nirvana. 

In cosa consiste il superamento? 

La volontà deve essere sottoposta a "Nolontà", come lui stesso dice. Vale a dire il non-volere, estinguere ogni volontà, ogni ruota libera. 

Nietzsche è affascinato da questo discorso, ma ha altre conclusioni. Se la vita è animata da una cieca forza di volontà di vivere, io non devo estinguerla, smorzarla, nullificarla; anzi è l’esatto opposto: devo accettarla a tutti i costi, obietta Nietzsche. Proprio accettando la vita io la carico di un significato autentico. 

La vita deve passare da uno stato di cieca volontà di vivere, ad uno di “iper-vedente” volontà di potenza. Io devo poter vedere “hic et nunc” il mio destino. Io voglio questa vita, e faccio di tutto per accettarla e viverla così come mi si dà. 

Come si può spiegare la volontà di potenza?

La volontà di potenza nasce come un testo incompiuto, costituito da frammenti recuperati un po' ovunque e fatti pubblicare nel 1906. Potremmo dire che La volontà di potenza è il senso dello stare al mondo, la cui molla vitale è il sapersi affermare senza troppi giri di parole. Con e tramite la volontà di potenza l’uomo si impadronisce del suo destino facendone di esso ciò che vuole. 

L’uomo vuole la sua vita ed è in grado di imporre le proprie interpretazioni e i propri significati sulla realtà. La volontà di potenza è stato oltretutto un libro che si è fatto oggetto di propaganda e strumentalizzazione nazista, in quanto i contenuti esposti sono stati caricati di affermazione e potenza. 

Quali sono i contenuti esposti nel "La volontà di potenza"? 

Quest’opera fa principalmente riferimento ad un uomo forte; un uomo che sa ciò che vuole e riconosce la propria virtù: si tratta del super-uomo (i tedeschi lo chiamano così: Übermensch). 

L’opera era scritta in tedesco, quindi accessibile a gran parte dei tedeschi istruiti.  Hitler e tutti i nazisti fecero di questo superuomo, uomo dagli occhi azzurri, biondo e dai fascinosi lineamenti ariani. 

di Fabio Squeo

Un dialogo fra bambini


Carletto e Robertino sono due bambini che si parlano nei momenti di socializzazione all’asilo.

Robertino aveva assistito all’incontro di Carletto con la mamma all’uscita dall’asilo. Così ricordandosi delle coccole ricevute dall’amichetto, decise di porgli una domanda che avrebbe voluto fare molto tempo prima.

“Carletto, parlami della tua mamma, com’è?”

“La mia mamma è sempre con me, mi legge le favole e spesso mi porta alle giostrine. Lei mi vuole tanto bene … anche se qualche volta sono monello.”

“Si, però, dimmi di più… come ti senti quando ti bacia e ti stringe al petto?” Insistette il bimbo, riproponendo la domanda in modo più preciso.

“Sono felice e vorrei che continuasse. Non so dirti bene cosa mi succede, ma mi prende una certa magia che mi fa sentire speciale. Il mio cuore batte dí più ed io sento il suo così vicino che credo di stare dentro di lei.” Rispose Carletto mentre il suo viso si illuminava.

“Che bellooo. Come volevo provare anch’io questa tua gioia!"


Carletto, stupito, domandó: “Perché dici questo? La tua mamma è diversa dalla mia?”

“Penso che tutte le mamme sono belle, ma la mia non c’è più. Papà mi ha detto che è in cielo. Io però non ci credo. Non capisco perché è andata via senza di me. Ti giuro che non sono stato mai così cattivo da costringerla ad abbandonarmi.”

Carletto restó incredulo e un po’ terrorizzato all’idea di immaginarsi senza della sua mamma. Appena si calmò, disse con convinzione: “No, non è possibile che sia andata via. Ogni mamma non lascerebbe mai il suo bambino.”

Tentando di non piangere, Robertino rispose:
“Eppure é così! Non so a chi dirlo quanto mi sento tanto solo. Il mio papà fa di tutto per farmi dimenticare la mamma ed io gli faccio credere che ci riesce. Non voglio che sappia quanto mi manca e che rinuncerei a tutti i giocattoli del mondo pur di averla con me almeno un giorno. Povero papà, lo sorprendo molte volte incantato a pensare a chissà cosa. In quei momenti sono sicuro che pensa a lei.”


Carletto prese la mano di Robertino e suggerì: “Dai, ora giochiamo insieme e aspettiamo che la tua mamma ritorni. Sai, succede anche a me di stare lontano dalla mamma. Però, poi ritorna e dimentico tutte le mie paure. Non può esistere un bambino senza della mamma … lo ha detto la maestra all’asilo!”

Robertino strofinò la mano sull'occhio destro da dove era sfuggita una lacrima e si immerse nei giochi.

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