mercoledì 8 gennaio 2025

Amicizia tradita


 

In un giorno d’estate, Laura fu ospite in casa della sua migliore amica, Jane.

In estate, solitamente i genitori di Jane uscivano nei weekend fuori città per dedicarsi del tempo da trascorrere insieme per poi rientrare la domenica sera.  In una di quelle occasioni Jane invitò Laura a casa sua. Le due ragazze, insieme Paolo, cugino di Jane, avrebbero trascorso la notte del sabato in modo divertente e spensierato. Ma qualcosa frullava nella testa di Laura: Paolo non le era indifferente.

Aveva preso una cotta pazzesca per lui. Era bello, affascinante e aveva la capacità di farla sorridere, anche quando non lo faceva di proposito. Lei sperava che forse, solo forse, qualcosa sarebbe potuto accadere tra di loro mentre era lì. Fu il classico colpo di fulmine. Laura, comunque, tenne per sé questo scatenante sentimento.

Quella sera, dopo che Jane si ritirò nella sua stanza per dormire, Laura non riusciva a smettere di pensare a Paolo. Era sdraiata lì nella camera degli ospiti, a fissare il soffitto, chiedendosi se lui potesse provare la stessa cosa. L'idea di intrufolarsi nella sua stanza attraversò la sua mente. Si disse che voleva farlo soltanto per parlare o almeno questa era l’intenzione.

Alla fine, trovò il coraggio. In silenzio, scivolò fuori dal letto e si diresse in punta di piedi lungo il corridoio. La porta della camera di Paolo era leggermente socchiusa e, avvicinandosi, Laura sentì qualcosa che la bloccò subito: era un gemito.

All'inizio, non era del tutto sicura sulla natura di quel vago lamento. Poi, riconobbe le voci: erano quelle di Paolo e Jane.

Il cuore di Laura sobbalzò. Ci volle un secondo perché si rendesse conto di cosa stessero facendo: lei e suo cugino nel letto. Non poteva credere a quello che sentiva.

Disgusto e shock la travolsero. Il suo stomaco si rivoltò fino a farla star male. Era così presa dai sentimenti per lui che l'idea di saperli copulare in quel momento le procurò un senso di vomito.

Si allontanò dalla porta, cercando di elaborare quello che aveva appena sentito. La sua migliore amica, qualcuno di cui si fidava, qualcuno che pensava di conoscere bene, stava facendo qualcosa che le sembrava così sbagliata, così inimmaginabile. E il fatto che stesse accadendo mentre era lì rendeva la cosa ancora peggiore.

In quel momento, non era solo ferita. Era arrabbiata. Arrabbiata con lui per averle fatto credere che ci sarebbe stato qualcosa di tenero con lei. Arrabbiata con l’amica per aver saputo cosa lei provava per lui e per aver fatto comunque questa scelta. Ma soprattutto, si sentiva tradita e forse anche stupida per essersi confidata proprio con lei.

Tornò nella stanza degli ospiti, chiuse la porta e restò seduta sul letto in silenzio per cercare di dare un senso a tutto. Il resto della notte Laura la trascorse in totale confusione mentale. Ogni volta che ci pensava, provava di nuovo quell'ondata di disgusto. Come avevano potuto fare una cosa del genere? Come aveva potuto guardarla negli occhi e fingere che tutto fosse normale?

La mattina dopo, Laura non riuscì nemmeno ad affrontarli. Inventò una scusa per andar via il più velocemente possibile.

Dopo quella notte, tutto cambiò. I sentimenti per Paolo svanirono completamente. Era come se la cotta che aveva preso fosse stata sostituita da un muro di repulsione. E la sua amicizia con Jane? Quella era più difficile da abbandonare subito, ma sapeva che non poteva più guardarla allo stesso modo.

Jane provò a contattare Laura un paio di volte, chiedendole perché fosse diventata così fredda, distante, ma la verità non venne mai fuori. 

Come si fa a tirare fuori quel tipo di argomento? 

Per un periodo pensò di aprirsi e chiederle come avesse potuto fare una cosa così orribile, ma la voglia di dimenticare tutto la fece desistere.

Alla fine, Laura lentamente prese le distanze dall’amica. Smise di mandarle messaggi e l'amicizia svanì.

Da allora, Laura cambiò il modo in cui vedeva le persone. Quell’episodio le ricorda che non importa quanto bene pensi di una persona, c'è sempre un lato oscuro che non potresti mai conoscere e, a volte, quel lato è qualcosa che non vorresti mai vedere.

martedì 7 gennaio 2025

Complici per sempre


 

Il bagliore dello schermo del portatile era l'unica luce nella stanza, proiettando lunghe ombre sulla scrivania. Era passata da un pezzo la mezzanotte, ma i pensieri di Andrea si rifiutavano di riposare. Le parole scorrevano sulla tastiera più veloci di quanto le dita potessero digitare. Eppure, in mezzo a questo ritmo familiare, un piccolo ma persistente pensiero continuava a insinuarsi nella mente dello scrittore: Comprenderà il motivo per cui mi attardo ad andare a letto?

Clelia era la donna che aveva sempre desiderato: arguta, bella con quei modi spontanei e abbastanza gentili da ammorbidire i suoi spigoli. Ma aveva anche questo modo esasperante di sospirare ogni volta che Andrea portava il portatile a letto o sentiva il telefono vibrare per le notifiche.

Una sera, Clelia era seduta rannicchiata sul divano, con gli occhi fissi su un libro tascabile che in realtà non stava leggendo. Si poteva sentire la tensione giungere fin nello studio.

"Notte lunga?” chiese senza alzare lo sguardo.

“Sai che il tempo mi vola”, rispose Andrea, lanciandole un'occhiata.

“Lo so.” Il tono di voce era neutro, ma portava quel peso: il peso di ciò che non veniva detto.

Allora Andrea chiuse il portatile, non perché avesse finito, ma perché non sopportava più quel silenzio intimidatorio. “Okay, sentiamo. Cosa ti passa per la testa?”

Clelia esitò a rispondere, poi chiuse il libro di scatto. “Non voglio litigare, ma mi sento come se fossi in competizione con la tua scrittura. Capisco che è importante per te, ma a volte... mi sento come se fossi al secondo posto.”

Le parole della donna giunsero come frecciate. “Non sei al secondo posto”, rispose rapidamente Andrea, “Scrivere per è ... un essere. Non è qualcosa che posso disattivare.”

“Non ti sto chiedendo di disattivarlo”, disse Clelia. “Ti sto chiedendo dove mi collochi nella scala dei tuoi interessi.”

Quella domanda aleggiava nell'aria, più pesante di quanto si potesse aspettare. Scrivere non era solo un hobby per Andrea, era la sua identità, il suo modo di elaborare il mondo. Ma la moglie non aveva torto.

“Sai perché scrivo?” chiese.

Clelia sollevò un sopracciglio, chiaramente scettica. “Perché sei bravo?”

Scosse la testa. “Perché è l'unico modo che conosco per dare un senso alle cose. Il mondo, i miei sentimenti... persino noi. Ho scritto decine di cose ispirate da te. Quando sono bloccato, è pensare a te che mi fa ripartire.”

Clelia si addolcì, ma non sembrava ancora convinta. “Allora perché mi sembra di essere fuori dai tuoi interessi costretta a guardarti impegnato?”

Quella domanda svuotò di pensieri la mente di Andrea. Non si era reso conto di quanto avesse tenuta a distanza la moglie, non per negligenza ma per un malriposto senso di protezione dal caos del suo processo creativo.

“Vuoi partecipare ai miei lavori?” chiese Andrea, sporgendosi in avanti.

Clelia si accigliò. “Cosa significa?”

“Significa... siediti con me mentre scrivo. Leggi le bozze, anche quelle disordinate. Aiutami a fare brainstorming quando sono bloccato. Facciamo nostro il lavoro invece che solo mio”.

I suoi occhi si spalancarono e per un momento non disse nulla. Poi rise piano. “Mi faresti davvero entrare in quella parte del tuo mondo?”

“Mi piacerebbe molto”, rispose Andrea, pensandoci. “Ma solo se vuoi. Nessuna pressione”.

Clelia fissò il suo uomo per qualche attimo, poi annuì. “Okay. Ma devi promettermi una cosa”.

“Dimmi”.

“Non porterai più il portatile a letto. Quello sarà il nostro momento”.

Andre sorrise, prendendole la mano. “Affare fatto”.

Quella sera fu stretto un patto, non solo sulle abitudini di scrittura, ma anche su come sarebbe stata gestita questa attività condivisa. Da allora, Andrea continuò a far tardi, a scrivere frasi e a interagire con i follower, ma ora, lei ne faceva parte, la sua risata riempiva la stanza mentre scopriva gli errori di battitura. In più, offriva il suo contributo suggerendo colpi di scena impensati dal marito scrittore.

Il letto non era solo un posto dove dormire. Era un posto dove i due coniugi si riconnettevano per parlare dei mondi che costruivano e della vita che creavano insieme.

Non fu raggiunto un equilibrio, bensì si trattava di inclusione. E con lei a fianco, l’abilità di scrittore di Andrea si esaltava, trovava parole più piene, più vive.

lunedì 6 gennaio 2025

Tra neutralità e promessa di infinito (Vladimir Jankélévitch)

Vladimir Jankélévitch (1903-1985)


A Mosè non fu mai concesso di vedere Dio in volto, ma solo di spalle. Quindi scorgerlo nel Quasi, nella neutralità degli accadimenti non è stato un trionfo. Mosè fu molto sfortunato. Ma quella neutralità metafisica, sperimentata prima da Mosè, poi da Jankélévitch, ha totalmente immerso l’uomo nel regime dell’Impasse (metafisico): in altre parole, l’uomo, della sua esistenza, non c’ha raccapezzato più niente. 

Il filosofo francese, russo di origini, Vladimir Jankélévitch teorizzerà così: L’esistente non è mai localizzabile tra due estremità (nascita e morte), con un chiaro riferimento a Nietzsche. 

Non si può uscire da questo limbo aporetico, ad avviso di Jankélévitch.  A tale proposito: “la vertigine metafisica che si impadronisce dell’uomo in presenza del mistero senza nome, non contempla né domande né risposte”. 

È chiaro che rimanendo ancorati alla abitudinaria sequenzialità filosofica non si può far uscire la filosofia da questa Impasse. L’esistenza neutrale di Jankélévitch è una metafisica che contiene (a parole mie) una sorta di forza della/nella ambiguità. 

La neutralità è ambiguità, incertezza, ma è altresì “un linguaggio che può dire tutto” ad avviso di Jankélévitch. Questa neutralità si carica di tutti i possibili scenari per l’uomo.  Persino l’innamorato non sa se colei che ama pensa a lui o se è indifferente al suo amore; cerca così di stabilire un contatto seppure in via “neutrale”, pensandola/lo. 

Questo Mutismo, questa imparzialità sottolinea Jankélévitch resta «una promessa, una speranza per l’avvenire, l’annuncio della primavera, breve occasione primaverile»

Si tratta di una promessa che non si può dire, o anticipare, che mi induce all’infinito e mi ricollega a quel mondo non tanto lontano dalla verità. 

 Articolo di Fabio Squeo


domenica 5 gennaio 2025

Il senso della lettura

 

Per molto tempo mi sono perso nella lettura. Leggere è sempre stato semplicemente un mio piacere; è qualcosa che faccio quando il mondo mi sembra troppo rumoroso o la vita troppo opprimente, e così sento il bisogno di viaggiare con la mente e vivere un po’ in vite che non sono le mie.

Ho iniziato a leggere quando un amico, più grande di me, mi regalò il libro “Cuore”. Fu un dono che ha segnato il percorso alla mia vita; ha determinato il mio carattere. Avevo quindici anni, pochissimi amici e nessuna possibilità di spendere soldi. Ricevere un libro, peraltro colorato, con immagini che rievocavano eroi e sentimenti teneri e semplici, fu la cosa più bella che mi capitò.

Dopo quella prima lettura, ogni mio soldino che mi arrivava era destinato a comprare altri libri dalle bancarelle di mercato. Trovai di tutto. Mi fissai subito su libri d’avventura. Ricordo vivamente tuttora le emozioni che provavo nella lettura dei libri di Giulio Verne. Tra le sue numerosissime opere ho veramente viaggiato con la fantasia. Uno dopo l’altro ho letto: Viaggio al centro della Terra, Dalla Terra alla Luna, L'isola misteriosa, Ventimila leghe sotto i mari e Il giro del mondo in 80 giorni.

Appena più grandicello, la mia curiosità si spostò nella geografia e storia. Allora, sapere dove vivevo, quanto è grande il mondo, e le origini delle civiltà diventò un’esigenza irrinunciabile. Certamente, andavo a scuola e quegli argomenti erano oggetto di studio, ma non mi bastava ciò che leggevo dai libri scolastici. Anzi, mi sorprendevo per come i miei compagni si annoiavano ad ascoltare i professori. Oltre a storia e geografia, mi appassionavo a Scienze. Ogni volta c’era qualcosa di nuovo da scoprire.

Nel mezzo del percorso universitario (studiavo ingegneria ma non per mia scelta, ma soltanto per opportunità di lavoro) emerse dall’anima come una sirena ammaliatrice, la passione per la filosofia e poi a seguire, la psicologia. Furono gli anni di Platone e Socrate, accompagnati dalle dilettevoli storie di Luciano De Crescenzo. Seguirono Herman Hess, Nietzsche, Freud, Altman, Jung e tanti altri autori ancora. La distrazione per la lettura fu causa del dilungarsi oltre il tempo necessario del conseguimento della laurea.

Credo di poter rispondere a chi mi chiedesse della utilità della lettura, così: "Leggere, conoscere, imparare, ti rende seriamente un essere umano; dà senso profondo al tuo pensare. Aggiunge valori per i quali vivere ha un significato … quel significato che ognuno rincorre, scegliendo molte volte strade senza uscite."

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