Quando i fisici cercano di misurare il peso di un elettrone, rimbalzano fotoni su di esso, ma quei fotoni ne modificano la velocità e la quantità di moto. La misurazione altera ciò che viene misurato. A livello quantistico, l'osservazione non è passiva. È interferenza.
I tuoi pensieri funzionano allo stesso modo.
Reagisci se sei osservato. Il tuo capo in piedi alle tue spalle cambia il tuo lavoro, che ti stia valutando o meno.
L'osservazione cambia il comportamento.
Questo è vero non solo nella meccanica quantistica o
negli esperimenti in azienda, ma anche nella privacy della tua testa.
Paolo aveva problemi d'ansia. Un tipo intelligente, con una
carriera promettente, ma completamente tiranneggiato dai suoi stessi pensieri.
Aveva un'interazione perfettamente normale con il suo capo, poi passava ore a
ripensarci, analizzando cosa aveva detto di sbagliato, prevedendo come avrebbe
rovinato la sua carriera. Quando aveva finito di autoaccusarsi mentalmente,
ironia della sorte, era troppo esausto per essere produttivo al lavoro.
Paolo evidenzia qualcosa di molto comune tra lavoratori
frustrati: farsi prendere da flussi di pensieri che vanno dal chiedersi cosa
pensi la gente di loro alla preoccupazione per il proprio futuro. Nella testa
di queste persone si originano cicli di pensieri ripetitivi che bruciano
energia e slancio, stabilizzandosi permanentemente.
Un monaco buddista occidentale, Thanissaro Bhikkhu, chiama
questo "comitato" nelle nostre teste: il capo che abbaia ordini, il
giudice che valuta tutto come buono o cattivo, il politico ossessionato da come
gli altri ti percepiscono. Molte persone vivono i propri pensieri come un
flusso di commenti che non riescono a spegnere e che danno per scontato siano
solo "loro".
La soluzione? Nel momento in cui inizi a osservare queste voci interne, il tuo rapporto con esse cambia. Creando distanza tra te e i tuoi pensieri, ritrovi il tuo potere. Questo è l'effetto osservatore in azione. Sarebbe come avere in pugno la consapevolezza
L'effetto osservatore applicato alla mente consente di creare uno spazio tra l'esperienza e la tua reazione ad essa, scacciando quell’identificazione negativa con i tuoi pensieri e liberandoti da essi.
I pensieri non scompaiono – sono ancora lì, a fare il loro
lavoro – ma non stai più lottando per aggrapparti a loro o per farti trascinare.
In sintesi, stai capovolgendo la situazione: hai preso il loro controllo invece di essere controllato.

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