Gli eventi naturali si raccontano all’uomo ed egli traduce tutto a se stesso attraverso una specie di super-comunicazione che avviene in modo del tutto personale. Il senso interpretativo, inserito nel paradigma del pensiero comune, è accolto e condiviso in una specie di copia non autentica del significato più intimo.
Le esperienze di vita sono intrinsecamente non comunicabili. Possono certamente essere scritte e raccontate, ma difficilmente trasmettono il senso profondo. Arrivano al lettore con parole ordinate in frasi che hanno un accurato senso logico, ma prive di peso del vissuto. Lo scrittore potrebbe infuocarle con la sua bravura, con il suo calore e perfino con un ideale tono di voce, ma otterrebbe solo attenzione e compiacimento.
Alcuni rimangono impressionati dall’enfasi, dallo stato di agitazione, dalle espressioni straordinarie del comunicatore, ma difficilmente, il senso dei contenuti tocca l’anima nella dimensione reale.
Nel momento in cui si vuol comunicare un’esperienza vissuta, l’ascoltatore/lettore promette, ma non manterrà la promessa, che comprenderà il senso più intimo mentre offre la sua solidarietà in cambio della promessa mancata. Il baratro tra due vite non si può superare fin quando si è vivi.
Non intendo dichiarare guerra a una superficialità diffusa, che in alcuni casi potrebbe anche esserci, vorrei invece porre l’attenzione sul modo di rispondere all’esperienza dell’altro, che definirei “naturale”.
Ho sperimentato l’impossibilità di camminare e di
manifestare in pubblico l’handicap. Vi assicuro che si è protagonisti di una
comunicazione silenziosa molto articolata e presente nella maggioranza delle
persone, indipendentemente se si è conosciuti o no.
La malattia o l’handicap, per esempio, sono “visti”
inconsciamente come un male che si vuole esorcizzare e si tenta
un’emarginazione sotterranea della persona colpita.
A livello di coscienza, poiché l’emarginazione non è una
virtù, si reagisce con atti esteriori formali di solidarietà.
Questa interpretazione “cattiva” delle reazioni del
prossimo, la riscontriamo in modo palese (assenza di coscienza) anche tra gli
animali, i quali addirittura minacciano l’esemplare menomato che chiede sostegno
dal gruppo.
Se ci fate caso, le occhiate che vogliono apparire fugaci o
casuali, le pause di colloquio che si notano alla vista di una persona
menomata, sono momenti intensi di comunicazione senza parole.
I contenuti del colloquio nascosto sono chiarissimi e fanno molto male a chi, oltre al danno, riceve la beffa.

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