giovedì 24 ottobre 2024

Storia di una morte annunciata


Non c'era niente di notevole in vista, a parte il grande nulla bianco autunnale che si estendeva sull'autostrada e leccava la luce dei neon dei cartelli. Non guidavo io. Non ho mai guidato. Non credo di farlo in futuro. Ma questo non è importante. Guidava lui. Ricordo le sue mani sul volante, l'indicatore di direzione che scattava, l'espressione del suo viso quando lo vide. Sì, fu lui a veder per primo quella indicazione. "È strano", disse, premendo un indice sul parabrezza. "È davvero strano, vero?"

Meno di cento metri davanti a noi, c'era un cartello, mezzo inghiottito dalla nebbia, giallo acre e crepuscolare. "Cosa?" dissi, strizzando gli occhi. Non avevo gli occhiali. "Guarda cosa c'è scritto, tesoro", disse, picchiettando sul vetro. Sbirciai avanti.

C’era scritto: “Slutt på reisen” (“Fine del viaggio”, tradotto dal norvegese)

"Cosa diavolo significa?" pensai ad alta voce, chiedendomi se qualche idiota avesse posto quello strano segnale.

"È norvegese o qualcosa del genere?" Mio marito scosse la testa, poi scrollando le spalle, disse: "Forse è uno scherzo. Sarebbe folle mettere un cartello di avvertimento come quello."

Siamo andati oltre procedendo in silenzio. La nebbia era diventata fitta. Davvero fitta. Prima gli alberi erano sbiaditi, le loro chiome ocra marcivano in una macchia sfocata, poi le ombre, poi solo il biancore.

"Non è sicuro continuare, tesoro," dissi, lanciandogli un'occhiata. "Dove sono tutte le altre auto? Dovremmo aspettare che si schiarisca un po'."

Lui sbattette le palpebre. "In realtà," disse, "quando è stata l'ultima volta che abbiamo visto un'altra auto?" Non riuscivo a ricordare nulla. Il biancore si stava insinuando sempre più, le linee gialle sulla strada svanivano sempre più velocemente nel nulla. Mi sentivo stanca. Mi sentivo come se non avessi mai dormito. Le parole si agitarono in me prima che mi rendessi conto di averle dette. "Dove stiamo andando?"

"A casa", rispose, senza guardarmi. Tirò i freni, fermandoci, in mezzo alla strada.

Mi voltai verso di lui, le sue mani tamburellavano sul volante, il collo teso verso il finestrino.

"Non so che aspetto hai", dissi ad alta voce. La mia voce era cambiata. Sembrava quella di una vecchia. Mio marito non disse nulla. Sapevo che era mio marito, c'era quell'anello alla sua mano e quello alla mia. Il tamburellare con le dita si fermò. Ci fu silenzio. Lui non si mosse.

Un enorme massa di terra e ghiaccio scese dal pendio e avvolse l’auto. Fu la fine. Ma non ero cosciente.

Sollevai una mano al suo viso, ma non era più un viso. Era sfocato, sparito, color pesca, senza tratti e senza bocca. Avrei gridato, ma qualcosa in me lo impedì. Le mie stesse mani ora si stavano sfocando. Anche la stampa del mio vestito stava sbiadendo.

"Non siamo reali, vero?" dissi a mio marito, afferrandogli la mano.

"Non siamo mai stati reali." L'uomo senza volto non disse nulla, ma mi strinse le mani.

Il ghiaccio, la macchina, le mie lacrime sul viso erano reali. La luce stava andando via ora. Tutto stava diventando fioca, più scura. Stavamo diventando ombre.

L'ombra di mio marito sparì ed io stavo andando via con lui. Non so come ma mi ritrovai fuori dall’auto e mi sedetti al buio su qualcosa, sperando che qualcuno mi potesse spiegare l’accaduto. Una figura apparve. Chi era? Poteva essere qualcuno mandato dal paradiso? Sentivo di amarlo. Non sapevo nient'altro. Forse anche lui mi amava. Forse era l'ombra di qualcuno che avevo amato, tanto tempo fa. Ma dovevo ancora aspettare e restare lì da sola, su quell'autostrada che ormai non portava da nessuna parte, prima che andassi via con lui.

mercoledì 23 ottobre 2024

La magia dell'universo

Se ci soffermassimo su ciò che è l’universo non avrebbe limiti il nostro stupore. Ci troviamo in un contenitore per la stragrande maggioranza sconosciuto e immensamente bello, oltre qualsiasi immaginazione.

Quanti segreti nasconde? Immagino che non lo sapremo mai. Quali cose ci sono là fuori, misteri che aspettano di essere svelati?

L'universo comprende tutto, ma conosciamo soltanto ciò è reso possibile dalle nostre capacità di osservazione. Non siamo in grado neanche di dargli un senso, sebbene scienza, filosofia e teologia, hanno fatto di tutto per formulare teorie più o meno accettabili. È come se fossimo stati messi in questa vita per scoprire i suoi segreti (o forse no, anche questa è un'opzione).

Qualunque sia il caso, non si può negare che l'universo sia sempre così interessante e grande. La meraviglia delle stelle, dei pianeti e quant'altro, contrasta con l’umiliazione delle limitazioni umane. Esistono oggetti celesti sparsi ovunque, e per la maggior parte dove i nostri occhi non possano arrivare.

Toccando e espandendosi in sé stesso, e tenendo insieme l'oscurità e la luce, il nostro universo è un miracolo continuo.

Andando oltre qualsiasi orizzonte, lo spettacolo dei colori vivaci e vibranti è sensazionale. Questi colori brillano così intensamente e magnificamente da imporci l’incanto. Ci invogliano a prenderci un momento per rallentare, di fermarci e guardare la magia che ci circonda, segnalando a tutti di vivere la propria vita godendo del fascino che questo universo ha in serbo per noi.

L'Universo è vasto e colossale. Si estende in tutte le direzioni. Colpendo tutti gli angoli e i colori. Esso è un tutto completo e intero in sé. Tiene insieme tutti gli elementi e li guida con la sua natura e le sue leggi. Gravità e ottica, generano questa scena di eterea bellezza di luce e oscurità.

La gravità sembra tenere un grande abbraccio che tiene tutto insieme in sé, mantenendo il tutto cucito e connesso. Similmente all’amore, attrae, unisce, condivide e fa mistero.

Questo è senza dubbio il nostro universo, un luogo assolutamente misterioso.

martedì 22 ottobre 2024

Un incontro con due Pitbull


Gianna era in visita ai suoi genitori nella zona rurale del nord del nord barese. Era metà luglio ed era una giornata perfetta per un giro in bicicletta. Percorreva in bicicletta una strada di campagna attraverso zone boschive cercando una fattoria che aveva individuato un anno prima.

Era a circa 8 km di distanza dal paese mentre girava in bicicletta, sperando che dietro la curva successiva avrebbe rivisto la sua fattoria. Superò un bel po' di contadini che si affaticavano ad azionare i loro macchinari e un bel po' di giovani in bicicletta. Uno dei ciclisti portava il carico della sua PlayStation, e procedeva barcollando dietro ai suoi amici più veloci e leggeri.

Gianna stava pedalando lentamente su per una salita e notò due cani che correvano eccitati fuori dalla loro casa recintata (un cane marrone e un cane nero con una chiazza bianca sul petto).

Il loro proprietario aveva appena aperto il cancello per uscire con la sua automobile e vedendoli fuggire fuori dal caseggiato, cercava di fermarli, fallendo miseramente. Urlò ai cani pensando di richiamarli in quel modo. I cani portavano dei collari con il microchip, quindi Gianna pensò che attraverso quei dispositivi potessero essere fermati dal padrone. Ma non fu così!

Corsero incontro verso la donna e quando le furono vicini, saltarono contro la bici, spingendo con il loro peso a terra la ciclista che nel frattempo si era fermata.

"Oh, ciao ragazzi!" disse Gianna, rivolgendosi ai cani con tono familiare mentre cercava di rialzarsi e allontanarsi da loro. Fu allora che notò di dover affrontare dei Pitbull. Non ci fu tempo per decidere cosa fare perché quello nero affondò i denti nella coscia mentre lei tentava di pedalare via.

Il proprietario, che stava ancora urlando contro di loro, si rese conto che i suoi cani avevano attaccato la donna. Pensando che nulla fosse successo, cercò subito di scusarsi. Gianna però girata verso la ferita, ebbe modo far notare che uno dei suoi cane l’aveva appena morsa.

L’uomo scioccato, afferrò i cani e pregò Gianna di entrare nella sua casa per provvedere subito con la medicazione della ferita. Mentre seguiva il proprietario dei cani verso l’ingresso della casa, Gianna chiamò per telefono il padre perché la venisse a prendere; non aveva voglia di andare in bici mentre sanguinava ancora.

Il padrone di casa manifestò in ogni modo il suo dispiacere assicurando che i suoi cani non avevano mai dato prima di allora segni di pericolosità. Giorni prima, quegli stessi cani avevano giocato tranquillamente con i suoi nipoti senza mostrare nessun comportamento aggressivo. Raccontava tutto questo mentre porgeva, uno dopo l’altro, dischetti di cotone imbevuti di alcol e lei li restituiva usati e intrisi di sangue. Nella mente ironicamente Gianna pensava che i suoi “nipoti” probabilmente erano altri pitbull.

Giunse il padre a tutta velocità sulla strada con la sua auto, agitando una pistola scacciacani, ovviamente era più arrabbiato della figlia. Fortunatamente si calmò quando vide che la figlia stava tranquilla e il padrone dei cani faceva del suo meglio per curarla.

Così caricò la bici e tornarono a casa, dove anche la madre stava avendo il suo crollo nervoso per la situazione. Implorò la figlia di andare dal dottore per apporre punti di sutura, ma lei aveva già disinfettata la ferita e sembrava che non ci fosse nessuna seria conseguenza a quel morso. Inoltre, voleva trovarsi a casa prima del rientro di suo marito.

"ALMENO RIMANI FINCHÉ NON ARRIVA LO POLIZIA!" Supplicò la mamma. Decise quindi di attendere l'arrivo degli agenti.

Dopo poco arrivano due poliziotti di cui uno di loro era amico del padre. Gianna raccontò tutto l’accaduto mantenendosi obiettiva e senza aggravare la situazione più di quanto non fosse. 

La verbalizzazione dell'accaduto determinò un intervento giudiziario che impose la quarantena di 10 giorni a due cani. 

La paura di contrarre la rabbia era l'ultima delle preoccupazioni di Gianna. Non voleva che i cani che l’assalirono fossero soppressi. Lei aveva un gatto in casa e seppure qualche volta l’avesse graffiata, non le era mai venuta in mente di sopprimerla.

Lei era cosciente che le persone tengono i cani per proteggersi. Esistono rapinatori e delinquenti comuni che irrompono nelle case per appropriarsi di valori e fare fisicamente male. Esistono anche molte persone libere che soffrono di psicosi indotta da metanfetamine. Non puoi contare sull’aiuto dei poliziotti o dei servizi di emergenza perché sicuramente NON arriverebbero in tempo per salvarti dalla loro furia. In più, non puoi sparare a persone che minacciano la tua vita nella tua stessa casa senza subire le conseguenze legali.

Quindi ben venga l’iniziativa di chi sceglie di tenere un cane “pericoloso” per proteggere il proprio ambiente. Non importa quanto sia ben addestrato un cane, siamo noi che abbiamo deciso di addomesticarlo, il cane non ha avuto scelta in merito.

lunedì 21 ottobre 2024

Prigionieri delle proprie convinzioni


Da giovane ho sempre ammirato coloro che si mostravano decisi, fermi nelle proprie convinzioni.

Mi chiedevo come avessero fatto a ottenere quelle verità su cui mostravano una ferrea volontà di affermarla. Credevo che qualcosa mancasse nel mio carattere per cui mi era impedito di fissare idee inamovibili.
Inoltre, queste persone imponenti nelle relazioni, sembravano non voler dare spiegazioni delle loro verità, forse perché pensavano che le ragioni fossero così ovvie che soltanto uno stupido non le avrebbero intuite o peggio, le avrebbero messe in dubbio. È chiaramente, nessuno vuol sembrare stupido, tantomeno io che comunque avevo una laurea. Così ripiegavo in me stesso, rimandando nel futuro quel mio ingenuo disappunto.
Sono passati tanti anni, ho avuto modo di leggere, conoscere, interpretare meglio ogni aspetto umano. Quindi ho capito che essere convinti fino a non mettere in discussione una vecchia verità significa essere prigionieri delle proprie idee senza avere la possibilità di rinnovarle. Il guaio si concretizza quando la presunta verità costruisce un modo di essere della persona che si nasconde dietro il carattere. Le fondamenta della presunta verità instaura abitudini e modi di reagire conseguenziali.

In ultima analisi, si perde la libertà di pensiero e si mortifica il senso critico su qualsiasi analisi della verità.

Le persone di questo tipo appaiono staccate dalla realtà e se hanno una modesta cultura si possono mostrare arroganti fino ad arrivare alla violenza verbale. Difatti, non sopportano idee contrarie alle loro e si infervorano per “convertire” l’interlocutore alle loro idee. Personalmente le definisco “pericolose” e consiglio l’abbandono del colloquio per evitare ulteriori inasprimenti.

Contrariamente, le persone “aperte” al dubbio, appaiono docili e predisposte ad ascoltare. Sanno che non esiste un’unica verità, ma tante e diverse prospettive della stessa. Da queste persone non sentirai mai dire la frase: “non è come dici tu!”. Loro affiancano le proprie idee a quelle dell’interlocutore e ne tengono conto per arricchire il proprio sapere e rinnovare il modo di pensare.

Hitler non aveva nessun dubbio … soltanto certezze! Egli si circondava di esseri ubbidienti e non pensanti. Da dittatore perfetto mostrava arroganza e rabbia verso chi mostrava perplessità sulla verità delle sue idee, quindi non poteva affermarsi senza la violenza. 

L’esempio opposto è dato da Gandhi, uomo mite, disponibile all’ascolto, colto, non violento.

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