venerdì 24 maggio 2013

Perdere l'amico

Foto: Se sei disposto a dimenticare ciò che hai fatto per gli altri
e a ricordare ciò che gli altri hanno fatto per te.
Se sei pronto a non tener conto di ciò che la vita ti deve,
ma a prendere nota di ciò che tu devi alla vita.
Ma soprattutto, se riesci a capire che tu sei negli altri
e gli altri sono in te e che la cosa più importante della vita
non è ciò che riuscirai a prendere da essa,
ma ciò che riuscirai a darle....
Allora avrai imparato a vivere.

''Omar Falworth''
www.ilgiardinodeilibri.it/libri/__la_gioia_di_vivere.php?pn=4132

Ho perso  un amico.

Non era un amico!

Il mio cuore vedeva nella nebbia?

Forse, vedeva se stesso riflesso nel corpo dell'amico.

Illuso, cuore mio!

Vedi amici ovunque.

Sono soltanto ombre che ti sfiorano.

Sei solo!

Non ti preoccupare, però, continua ad amare.

Continua a credere che un altro possa esistere dentro di te.

Troverai sempre te stesso a spasso con le emozioni. 


Vorrei stare con te

 

Non ho tempo per capire quello che è mio e quello che è tuo.

Non possiedo cose.

Sono anima che vuol sorridere.

Posso darti soltanto ciò che mi appartiene.

Sono sicuro di voler esserti accanto e
condividere le tue gioie.

Mi piacerebbe dimenticare insieme a te il dolore,
cancellare la tristezza sui volti degli sfortunati.

Vorrei provare, abbracciato con te,
a guardare il cielo,
e a sfidare con gli occhi l'infinito.

Percorrerei lunghi sentieri per giungere molto lontano,
 dove abita l'immaginazione.

In quei momenti, sarebbe stupendo sentirti vicino,
cercando le tue mani tiepide. 

Immobili per il peso e incantati per delizia,
 allineiamo i nostri sguardi al mare 
che finge di agitarsi all'incalzare del vento.

Vorrei vivere quegl'eterni attimi d'amore
nel silenzio di due cuori che per caso si sono incontrati.


mercoledì 22 maggio 2013

L'operosità delle api come risorsa umana insostituibile - di Fabio Squeo





“C’è un’ape che si posa su un bottone di rosa: lo succhia e se ne va: tutto sommato la felicità è una piccola cosa” recita Trilussa.

Ecco che,  la nostra amica Maia non si smentisce mai davanti alle lusinghe e ai richiami d’amore di madre natura. I suoi colori sono magnetici, di un giallo sgargiante che conferiscono, alle bellezze dionisiache donate dalla natura, una dimostrazione della presenza di Dio nel paesaggio terreno.

Nella mitologia greca erano considerate messaggere delle Muse per la loro sensibilità ai suoni, ma erano anche il simbolo del popolo obbediente al suo re.

Quando, secondo la leggenda, Zeus bambino fu nascosto dalla madre Rea, in una grotta del monte Ida a Creta per sottrarlo al padre Crono che voleva divorarlo, fu nutrito, oltre che dal latte della capra Amaltea, da un miele prodotto dalle api locali.

Per la sua operosità, l’ape, si distingue continuamente rispetto ad altri insetti che, molto spesso, conducono una vita parassitaria e inerte nelle polverose toppe delle serrature, anfratti bui, impensabili e impraticabili per l’uomo.

Le api sono insetti speciali ed è un peccato che se ne vedono sempre meno in giro. Si sta verificando, come direbbero gli esperti: “una sindrome di svuotamento degli alveari”.

L’ape è un insetto innocuo fondamentalmente; è dotato di un pungiglione che gli consente, in caso di attacchi da parte di predatori molto più grandi, di difendersi con estrema naturalezza. Le api sono insetti che non conoscono sofferenze e solitudine poiché vivono quasi sempre in compagnia, condividono dolcemente affetti di ogni sorta. Sono insetti sociali.

Le loro opere sono capolavori e degne di ammirazione da parte di melensi e appassionati cultori, i quali con il giusto approccio scientifico e culturale obbediscono ad un’etica della cura e della salvaguardia del panorama entomologico.

Le api sono, pertanto, insetti fondamentali per l’ecologia del paesaggio naturale, esse vanno tutelate e rispettate, poiché rappresentano “il termometro dell’ambiente fisico-ecologico”; in altre parole, fungono da regolatori di temperatura o di attività legate a fenomeni retti da processi di impollinazione e ritmi di trasformazione e di sviluppo all’interno delle bioecologie. 

Le api sono fondamentali per l’equilibrio naturale; esse  assicurano principi nutritivi indispensabili per l’alimentazione, che dipende per oltre un terzo da coltivazioni impollinate attraverso il loro lavoro.

Celebre è la frase di Albert Einstein che recita: “Se le api si estinguessero, all’uomo resterebbero 4 anni di vita”.

Quindi la famosa frase è un invito a fare appello al proprio senso di responsabilità che sia ha nei confronti della natura, a non far uso indiscriminato dei pesticidi chimici.

Onde evitare a promuovere il disordine a danno degli alveari  che nel tempo spopolano è necessario riconoscere nell’ape “la grandezza di una risorsa”. Le api sono una forte risorsa non solo per l’essere umano che attraverso i segreti dell’apicoltura, ricava nutrimento (produzione di miele) e sapori tipici, ma anche per l’ambiente e la bio-fauna circostante. 

L’allevatore, certamente, deve possedere requisiti particolari ed efficienti: cioè uno spiccato senso dell’organizzazione del proprio lavoro mirato al rispetto e alla valorizzazione dell’arte dell’apicoltura;  egli deve munirsi di un notevole senso critico in termini di osservazione e indagine pratica e in ultima analisi, assumere la chiara condotta morale che gli garantisca, per dirla con l’agronomo Massimo Girotti,  “la giusta apertura mentale a qualsivoglia innovazione di carattere tecnico o di conoscenze agrarie”.

L'ape, emblema dell'operosità, è sempre stata fin dai tempi antichi un insetto simbolico e recuperabile attraverso lo studio dei miti, leggende e religioni, nota già dalla pre-istoria per la propria utilità e umiltà. Grazie a numerose testimonianze sono stati trovati, nell’arte rupestre, graffiti e segni di un passato spettacolare.

Uno scenario d’amore e di naturalezza che ha rappresentato l’uomo contemporaneo nei rapporti sociali e di produzione  e ancora lo condiziona.

Comunicare con il sesto senso


 
 
 
 
 
 
 
 
 
Le esperienze di vita sono intrinsecamente non comunicabili. 

Possono certamente essere scritte e raccontate, ma non trasmettono il profondo vero senso. 

Arrivano al lettore o all’ascoltatore con parole ordinate in frasi che hanno un accurato senso logico, ma prive di peso. 

Il protagonista potrebbe infuocarle con la sua foga, il suo calore e il tono di voce, ma otterrebbe solo attenzione e vaga interpretazione di un vissuto non suo.

Alcuni rimangono impressionati dall’enfasi, dallo stato di agitazione, dalle reazioni straordinarie del comunicatore, ma difficilmente, il senso dei contenuti tocca l’anima nella direzione giusta.

Una situazione simile è riscontrabile vedendo un film. 

Dimenticando se stessi nel buio della sala cinematografica, entriamo nella trama, nella sensibilità degli attori e siamo condizionati dalle loro esternazioni, ma è necessario attendere la fine del film, per ricomporre a freddo tutti gli elementi psicologici che danno il contenuto alla trama.

Nel momento in cui si vuol comunicare un’esperienza vissuta, l’ascoltatore promette e non manterrà la promessa, che comprenderà il senso dopo, mentre subito offre la sua solidarietà e consolazione.

Non intendo dichiarare un’ipocrisia diffusa, che in alcuni casi potrebbe anche esserci, ma di un modo di rispondere all’esperienza del prossimo, “naturale”.

Ho sperimentato l’impossibilità di camminare e di manifestare in pubblico l’handicap. 

Vi assicuro che si è protagonisti di una comunicazione silenziosa molto articolata e presente nella maggioranza delle persone, indipendentemente se si è conosciuti o no.

La malattia o l’handicap, è “visto” inconsciamente come un male che si vuole esorcizzare e si tenta un’emarginazione sotterranea della persona colpita.

A livello di coscienza, poiché l’emarginazione non è una virtù, si reagisce con atti esteriori formali di solidarietà.

Questa interpretazione “cattiva” delle reazioni del prossimo, le riscontriamo in modo palese (assenza di coscienza) anche tra gli animali, i quali addirittura, minacciano l’esemplare menomato che chiede sostegno dal gruppo.

Se ci fate caso, le occhiate che vogliono apparire fugaci o casuali, le pause di colloquio che si notano alla vista di una persona menomata, sono momenti intensi di comunicazione senza parole.

I contenuti del colloquio nascosto sono chiarissimi e fanno molto male a chi, oltre al danno, riceve la beffa.

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