Nella mia lunga esperienza di
insegnante in un istituto tecnico del triennio di specializzazione in
informatica, giunse l’anno in cui per la prima volta mi fu affidata una prima
classe. Quello era l’anno che precedeva il mio pensionamento. Non ero abituato
a rapportarmi con allievi così piccoli, provenienti dalle scuole medie
inferiori. Sentivo un senso di inadeguatezza considerando bambini coloro a cui
dovevo trasferire i primi elementi del tecnicismo.
Il primo giorno mi presentai in
aula, ci fu un silenzio tombale. Ventisei visi rivolti verso di me erano in
attesa delle mie parole: ero il loro professore di informatica! Probabilmente,
vedevano in me l’universo dei computer.
Ormai i telefonini e i personal computer
presenti nelle loro case avevano già anticipato l’idea di ciò che dovevano
imparare.
Ero curioso di sapere che cosa si
aspettavano di studiare. Rivolsi la domanda alla classe, orientandomi verso quelli
che più di tutti mostravano interesse alle mie parole.
In particolare, scelsi
un ragazzo che si sollevava dalla sedia dando la sensazione di voler
intervenire prima degli altri.
“Dimmi, che cosa è per te
l’informatica?”
“Credo che sia la materia che ci
permetterà di imparare come usare il computer.” Rispose, Enrico, dando quasi
per scontata la risposta.
Subito dopo si alzarono molte
mani in segno di voler intervenire per dare il loro contributo.
Il più vivace, Paolo, intervenne
senza autorizzazione per chiarire che Enrico era un esperto; aveva già avuto
modo di riparare un computer e di conoscere parecchi trucchi sul suo funzionamento.
Tra gli amici provenienti dalla stessa scuola media, Enrico era noto come
“genio del computer” ed era questo il motivo che lo aveva condotto in questa
scuola.
Mi complimentai con lui e subito
dopo diedi parola ad un bimbo dall’età apparente molto più bassa dei
quattordici anni.
“Professore – mi chiese – studieremo
i robot, i droni? Impareremo a farli
muovere?” Sorrisi a questo intervento e per non deludere l’alunno perspicace. Lo
invitai alla cautela per i grandi propositi, facendogli capire che lo studio ha
bisogno dei suoi tempi per affrontare problematiche complesse.
Sulla mia sinistra, sedeva
silenziosa un’esile ragazza che occupava un banco affiancato a quello di una
sua compagna. Capii che le due ragazze erano molto amiche e che volutamente
avevano scelto di stare vicino. Le vedevo spesso parlarsi sottovoce.
Qualche mese dopo ebbi modo di
conoscerle meglio. Laura era intelligentissima, educatissima e aveva a cuore la
condizione di Rosanna che non aveva le grandi doti di predisposizione allo
studio. Però, confidava nel sostegno della sua amica Laura per superare le
eventuali difficoltà.
Durante le mie lezioni ero solito
svolgere lentamente esercizi molto simili tra loro e a difficoltà crescente. Il
mio intento era di cercare di essere anticipato nella risoluzione da allievi
che avevano già intuito il metodo risolutivo.
Appena capitava che uno di loro completava
l’esercizio prima di me, lo chiamavo alla lavagna per proseguire lo sviluppo.
Il mio compenso consisteva in un immediato riconoscimento di buon profitto
attraverso un buon voto registrato sulla piattaforma scolastica con cui il dato
giungeva in tempo reale alla famiglia.
Laura più volte ebbe questo
riconoscimento. In una occasione, però, restai stupefatto per il fatto che
Rosanna avesse per la prima volta finito l’esercizio prima di tutti i compagni
di classe.
Nonostante non avessi creduto fino ad allora alle buone potenzialità
della ragazza, registrai con piacere il bel voto sulla sua scheda di profitto. Avevo
comunque il sospetto che qualcosa di insolito fosse successo.
Al termine
dell’ora di lezione visionai il quaderno di informatica di Laura: erano
riportati tutti gli esercizi svolti durante la lezione … tranne uno: quello che
Rosanna aveva finito prima di tutti gli altri.
Mi resi conto dell’atto di
generosità della ragazza nei confronti dell’amica e feci finta di nulla.
Consegnai il quaderno a Laura e la elogiai per la puntuale attenzione mostrata durante
la lezione. Nei mesi successivi Rosanna mostrò un interesse crescente durante
le mie lezioni e il suo profitto migliorò notevolmente.
Quello fu l'ultimo miracolo che mi giunse prima del pensionamento.