domenica 6 marzo 2016

Attendere

Ci sono dei momenti in cui vorresti ribellarti alla pioggia che cade, desidereresti chiuderti dentro di te e lasciarti trasportare attraverso un vortice di sensazioni verso mondi che non conosci. 

Non lo fai per protesta verso qualcuno o qualcosa, ma per chiedere qualcosa di meglio alla tua anima.

La materialità che ti circonda è monotona, fredda e muta.

Ogni secondo perso per portare avanti la routine di tutti giorni sono attimi tolti al respirare della tua anima.

Qualcuno, più fortunato, riesce a bloccare il meccanismo del “ciclo inutile”, ma lo fa per brevi intervalli di tempo, lasciando alla nostalgia il compito di allungare virtualmente questo intervallo.

Altri si consolano idealizzando soddisfazioni e piaceri legati più all’assenza di dolori e preoccupazioni che a reali attività dell’anima.

Questi ultimi, come raschiare il fondo di un barile vuoto, si procurano il dolore per pregustare il momento della sua assenza.

Esiste un’altra categoria di persone che credono fermamente in un piacere legato al divenire. 

Aspettano senza darsi pensiero. Chissà, un giorno qualcosa succederà.

Un contadino, instancabile nel lavoro, coltivava enormi aree di terreno per produrre la miglior frutta della zona. 

Spediva i suoi prodotti anche in paesi che non conosceva. Aveva passato gran parte della sua vita nei solitari e silenziosi tratti della sua campagna. 

Aveva imparato a capire la natura e conosceva le intenzioni di un albero rigoglioso e la pena di qualche altro che faticava a portar frutti. 

Si poteva dire che gli alberi parlassero con lui, anzi, che lo avessero inglobato nel loro mondo.

Un giorno decise di coltivare solo per sé un tipo di uva dolcissima. 
Conosceva i segreti della natura e raccogliendo tutto il suo sapere si mise all’opera. 

Fu puntuale negli appuntamenti con tutti i bisogni della sua uva, regina su tutte.

Ogni giorno la visitava, verificava l’assenza di parassiti o qualunque altra minaccia che non consentisse all’uva di crescere nel miglior modo possibile. 

Mentre la guardava si raffigurava il momento di massimo splendore della sua uva. 

Immaginava grappoli da favola che davano spettacolo alla vista e che inducevano un piacere unico per assaporare l’aureo acino.

Aveva previsto ogni sorta di minaccia proveniente da qualsiasi parte. Temporali, siccità, insetti, uccelli, furti erano tutti tenuti in considerazione dal contadino. 

Quella sua impresa doveva in ogni modo giungere a compimento.

Finì l’estate e la vendemmia si apprestò.

Il contadino, purtroppo, tutto aveva previsto, tranne il fatto che potesse ammalarsi. 

Non ci aveva mai pensato perché, sebbene curvato dall’alto dei suoi settanta anni, non aveva mai avuto problemi con la sua salute.

La sua uva, invidiata da tutti, era pronta per essere colta, ma non c’era più chi avrebbe dovuto gustarla.

sabato 20 febbraio 2016

La bellezza delle cose


Un famoso pensatore di nome Hume scrisse:

La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le osserva”.

Con il permesso di Hume, avrei espanso la sua massima, così:

La bellezza del mondo esiste nell’anima di chi lo vive”. 

Capirsi e comprendersi sono attività che ti fanno viaggiare dentro l’anima e ti lasciano un alone di piacere a cui non si riesce a dare una motivazione utilitaristica.

Quando viaggi nel mondo dell’anima i tempi di reazione si allungano quasi come non voler abbandonare il gusto di una cioccolata che lentamente si scioglie in bocca. 

Sembri attonito e confuso perché non sei abituato a quelle sensazioni.

La maggior parte della nostra vita la consumiamo fuori dalla nostra anima. Occasionalmente, qualche film, presentazione teatrale, qualche libro, ci lascia rientrare per pochi minuti o, se fortunati, per poche ore.

Il “voler bene” è l’invito ufficiale a entrare nel mondo dell’anima.

Questo mondo non è inoperoso, è intenso nei sentimenti e nelle attività materiali. Non si manifesta in modo roboante, ma in maniera discreta e silenziosa.

In questo mondo non esiste la formula del commercialista: “Dare/Avere”.

I concetti di interesse, rendimento, profitto sono stati inventati per conquistare il benessere materiale e assicurarsi una lunga esistenza sul globo terrestre anche a discapito di altri.

Quando il tempo che passa ci chiede il conto allora scopriamo di aver sempre avuto l’anima.

Ci rammarichiamo perché a suo tempo è stata sempre nascosta o perché non l’abbiamo usata per far vibrare il cuore, per gonfiare i nostri polmoni del piacere di esistere.

In quegli istanti, inevitabilmente la mente ci riporta a colui che ci ha dato per quasi cento anni un tesoro in custodia del quale abbiamo fatto poco uso.

Confideremo, allora, sulla sua bontà perché un giorno si possa scoprire che la materia vivente ha un’anima e l’uomo nella natura ha avuto il privilegio di rendersene conto.

Post più letti nell'ultimo anno