domenica 31 marzo 2024

La brina sul cervello

 

Un filosofo dell’antica Grecia affermava che basta conoscere una verità per praticarla, però, l’esperienza diretta, vissuta tutti i giorni, non ci convince. È facilissimo predicare bene e razzolare male.

La facilità con cui s’ignorano i precetti suggeriti dalla verità è determinata dall’esclusione in questa diatriba dell’intelligenza.

È impossibile non ammettere che l’intelligenza implica una logica e per questo, l’atteggiamento istintivo che si segue in certe azioni, dimostra che non è utilizzata.

Evidentemente, la conoscenza della verità dovrebbe essere profonda al punto che la logica connessa fonda una convinzione responsabile del comportamento automatico.

In altre parole, se non si vuole utilizzare l’intelligenza, almeno si usi la convinzione, ammettendo che quest’ultima sia stata precedentemente acquisita.

Un’altra strada percorribile da chi non riesce a muoversi con intelligenza, consiste nel credere a un sistema di premi e punizioni. In questo modo, spostandoci nel campo degli animali, ci si comporta nella vita come se lo scopo finale fosse lo zuccherino e cercare di evitare le percosse.

Per tutti, quindi, esiste il pericolo della caduta della brina sul cervello, e ahimè, sul cuore. Se la sfortuna vuole che essa abbracci il cervello saremmo degli stupidi esseri viventi. Se, invece, abbracciasse il cuore, saremmo dei morti viventi in attesa di una risurrezione delegata dal sole dell’universo.

Per scongiurare il pericolo dobbiamo mantenere attivo il nostro cervello e riscaldare continuamente il cuore.

Leggere, riflettere e comunicare sono le attività spazza brina del cervello, mentre appassionarsi, innamorarsi, amare, concedersi alle passioni e ai sentimenti cullati nella serenità, regolarizzano i battiti di un cuore che non si ferma anche dopo l’abbandono del peso del corpo.

giovedì 28 marzo 2024

Problemi di comunicazione

 

Per dare è necessario avere. Per avere è necessario aver ricevuto. Si tratta di due concetti banali, ma fondamentali da comprendere poichè spesso si tenta di dare ciò che si presume di avere.

Comunicare con qualcuno implica mettersi in sintonia, interessare l’altro a sincronizzarsi sulla stessa frequenza.

L’intensità del nostro segnale non deve né attenuarsi, né esaltarsi, né modificarsi nella mente del nostro ricevitore.

Il segnale deve essere trasmesso in modo chiaro, sicuro, cercando il miglior modo possibile a vantaggio del ricevitore.

Se è poco chiaro, non si capisce il significato di alcune frasi o parole. Se è poco sicuro, si può perdere l’attendibilità della fonte. Se è troppo veloce, si possono perdere informazioni e si rende il contesto privo significato.

Tramite naturali segni emotivi, istintive posture corporali, il comunicante apre la sua sessione di colloquio. In tale fase, verificherà la disponibilità del ricevitore al colloquio.

I primi messaggi sono elementari, non impegnano fortemente il ricevitore e servono a stimolare l’imminente colloquio.

Il ricevitore s’impegnerà nella comunicazione nella misura in cui l’informazione che riceverà riterrà utile. Il livello di attenzione si graduerà con la stessa misura.

Se il trasmettitore invia le sue informazioni alla velocità di interpretazione del ricevitore, i messaggi sono chiari e si fissano come chiodi nel legno. Le pause risultano fondamentali e non debbono essere molto lunghe perchè così si tende a cedere la parola all'altro per invertire i ruoli. Anche il tono di voce ha la sua importanza; richiama la sensibilità del ricevitore che è utile al fine di far emergere l'empatia. Il colloquio così condotto appare piacevole e si perde la consapevolezza del tempo.

Se, invece, il trasmettitore diffonde le sue notizie tenendo conto soltanto delle proprie caratteristiche, è facile che i messaggi possano apparire confusi, ripetitivi e lunghi. Il canale comunicativo, dopo una malcelata insofferenza, si chiude e il colloquio perde interesse.

 

mercoledì 27 marzo 2024

Eco dell'anima


 

 

 

 

 

 

 

Appendo le mie paure ad un cuore generoso.


Lego le mie idee alla passione di affondare pensieri.

Riscopro uno spazio tutto mio.

Tu non puoi entrarci!

Se pur vicino al mio corpo,
non celi il baratro di una vita diversa dalla mia.

Il tuo sorriso è un ponte su cui sostano e s'incontrano anime sole.

Il tuo abbraccio è parvenza del tuo mondo che risuona nel mio.

La tua voce è l'eco dei miei desideri.

Passeggiamo insieme nella precarietà di un esistere avaro di risposte.

Attendo il tuo tocco per illudermi di essere vivo.

Semino parole per provare la tua compagnia.

Devo riempirmi d'amore per continuare a provarti.
 

martedì 26 marzo 2024

La goccia di rugiada


 

In un fresco mattino di primavera, senza preavviso, una goccia di rugiada sembra appesantire una foglia. Manifesta una certa timidezza. Vorrebbe scendere dolcemente scivolando sullo stelo del fiore, ma l’incertezza del percorso e la paura dell’ignoto la tengono ferma e avvinghiata alla foglia.
Il vento tenta di aiutarla. Le vibrazioni della sottile pellicola lasciano trasparire la paura.
Il tempo è il miglior amico della piccola goccia di rugiada. Il mattino che avanza incoraggia la goccia, la sostiene e infine la ingigantisce.La sua dimensione diventa tale da consentirle di rompere qualunque indugio e di farla scorrere felice per quei sentieri tanto temuti.
La corsa è forsennata e piena di emozioni. Lungo il percorso incontra altre piccole gocce che si uniscono e lasciano una scia esilerante, un sottile raggio d'argento . 
La folle corsa si ferma alla base del terreno, da dove il piccolo fiore prende slancio e nutrimento. La goccia di rugiada lentamente scompare assorbita dal terreno.
Il miracolo si compie!
La goccia di rugiada ha consumato la sua vita. Se pur breve, è stata inebriante. La sua esistenza, non richiesta, è servita per un disegno più grande. 
Forse la logica del disegno non è apparsa molto chiara, però, qualcosa di bello è sicuramente successo. 
Avrà fatto risuonare il cuore di qualcuno; avrà sollevato qualche emozione; avrà reso consapevole qualcuno della meraviglia della natura.
 

lunedì 25 marzo 2024

L'abitudine

 

L’abitudine è un’attività a ciclo chiuso, preconizzabile, monotono; il paradiso della stasi e del non far niente.

La routine è assenza di novità, fatica, movimento e gioia.

La routine è l’ombra lasciata dalla possibilità mancata, una minestra riscaldata. L’abitudine è l’attività del frustrato, dell’incapace, del deprecante, dell’invidioso. La routine si veste di nobiltà quando appare necessaria, inevitabile, sensata.

Per fortuna, qualunque abito che essa veste, col tempo diventa trasparente! La routine è la parvenza del vivere, vegetare, nascondersi alla fatica di crescere. La routine è la morte dell’anima che precede quella del corpo.

Se notate i sintomi appena menzionati, scattate dalla sedia e guardatevi intorno. Vedrete mille possibilità di agire; ognuna pronta a regalarvi qualcosa di nuovo.

Il nuovo che sperimenterete porta con sé il timbro del vostro essere, unico in natura, e gusterete sensazioni che vi attendevano da quando siete nati. Vi erigerete al rango di esseri viventi pervasi dell’elettricità emozionale.

L’esperienza di un nuovo atto è di fatto, crescere.

Si diviene, si cambia continuamente. Si diventa grandi senza invecchiare.

La fatica di un atto nuovo è paragonabile allo sforzo necessario per spingere un grande sasso dalla cima di un pendio. Il risultato che si ottiene è incredibile. La foga del sasso rotolante, nel bene e nel male, è incalcolabile, ma apre scenari attraenti e coinvolgenti, stracolmi d’imprevedibili nuove opportunità.

Se sei immerso in tanto piacere, sicuramente non troverai tempo per lamentarti.

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