Un filosofo dell’antica Grecia affermava che basta conoscere una verità per praticarla, però, l’esperienza diretta, vissuta tutti i giorni, non ci convince. È facilissimo predicare bene e razzolare male.
La facilità con cui s’ignorano i precetti suggeriti dalla verità è determinata dall’esclusione in questa diatriba dell’intelligenza.
È impossibile non ammettere che l’intelligenza implica una logica e per questo, l’atteggiamento istintivo che si segue in certe azioni, dimostra che non è utilizzata.
Evidentemente, la conoscenza della verità dovrebbe essere profonda al punto che la logica connessa fonda una convinzione responsabile del comportamento automatico.
In altre parole, se non si vuole utilizzare l’intelligenza, almeno si usi la convinzione, ammettendo che quest’ultima sia stata precedentemente acquisita.
Un’altra strada percorribile da chi non riesce a muoversi con intelligenza, consiste nel credere a un sistema di premi e punizioni. In questo modo, spostandoci nel campo degli animali, ci si comporta nella vita come se lo scopo finale fosse lo zuccherino e cercare di evitare le percosse.
Per tutti, quindi, esiste il pericolo della caduta della brina sul cervello, e ahimè, sul cuore. Se la sfortuna vuole che essa abbracci il cervello saremmo degli stupidi esseri viventi. Se, invece, abbracciasse il cuore, saremmo dei morti viventi in attesa di una risurrezione delegata dal sole dell’universo.
Per scongiurare il pericolo dobbiamo mantenere attivo il nostro cervello e riscaldare continuamente il cuore.
Leggere, riflettere e comunicare sono le attività spazza brina del cervello, mentre appassionarsi, innamorarsi, amare, concedersi alle passioni e ai sentimenti cullati nella serenità, regolarizzano i battiti di un cuore che non si ferma anche dopo l’abbandono del peso del corpo.