Per dare è necessario avere. Per avere è necessario aver
ricevuto. Si tratta di due concetti banali, ma fondamentali da comprendere poichè spesso si tenta di dare ciò che si presume di avere.
Comunicare con qualcuno implica mettersi in sintonia, interessare l’altro a sincronizzarsi sulla stessa frequenza.
L’intensità del nostro segnale non deve né attenuarsi, né esaltarsi, né modificarsi nella mente del nostro ricevitore.
Il segnale deve essere trasmesso in modo chiaro, sicuro, cercando il miglior modo possibile a vantaggio del ricevitore.
Se è poco chiaro, non si capisce il significato di alcune frasi o parole. Se è poco sicuro, si può perdere l’attendibilità della fonte. Se è troppo veloce, si possono perdere informazioni e si rende il contesto privo significato.
Tramite naturali segni emotivi, istintive posture corporali, il comunicante apre la sua sessione di colloquio. In tale fase, verificherà la disponibilità del ricevitore al colloquio.
I primi messaggi sono elementari, non impegnano fortemente il ricevitore e servono a stimolare l’imminente colloquio.
Il ricevitore s’impegnerà nella comunicazione nella misura in cui l’informazione che riceverà riterrà utile. Il livello di attenzione si graduerà con la stessa misura.
Se il trasmettitore invia le sue informazioni alla velocità di interpretazione del ricevitore, i messaggi sono chiari e si fissano come chiodi nel legno. Le pause risultano fondamentali e non debbono essere molto lunghe perchè così si tende a cedere la parola all'altro per invertire i ruoli. Anche il tono di voce ha la sua importanza; richiama la sensibilità del ricevitore che è utile al fine di far emergere l'empatia. Il colloquio così condotto appare piacevole e si perde la consapevolezza del tempo.
Se, invece, il trasmettitore
diffonde le sue notizie tenendo conto soltanto delle proprie caratteristiche, è facile che i messaggi possano apparire confusi,
ripetitivi e lunghi. Il canale comunicativo, dopo una malcelata insofferenza, si chiude e il colloquio perde interesse.
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