Un cane era stato lasciato solo per un'intera giornata, al rientro del suo padrone, iniziò a rincorrere la propria coda, impedendo così al padrone di accarezzarlo.
Vi apparirà evidente che il cane, divorato dall’ansia di rivedere il proprio padrone, chiedeva a se stesso di consumare un piacere per troppo tempo rimandato.
Il meccanismo psicologico adottato dal cane ha funzionato in assenza del padrone, ma non gli ha consentito di raggiungere lo scopo per il quale il meccanismo era stato costruito. In altre parole, il surrogato di un piacere ha fatto in modo che si sia dimenticato il vero piacere.
È verosimile pensare che, conducendo una vita in cui sbarcare il lunario ci impegna, diventi inevitabile posticipare o a non occuparci mai di questioni più vicine alla sfera umana.
Ed ecco che l’età e la cultura intervengono come bastone e carota per il povero uomo.
Mentre l'età avanza, ti costringe a sentire sempre più forte il peso del macigno che porti sulle spalle e ti fa sperimentare a piccoli passi che cosa significa avvicinarsi alla fine della vita.
La cultura, come una droga, ti fa dimenticare il peso del macigno e abbassa la sensibilità alla stanchezza, sebbene a intervalli di tempo ti illuda di essere così speciale nell’universo fino a far apparire la morte come un’antipatica sosta o un angusto passaggio della natura.
Chi di noi è positivo al test della cultura è dominato dal super-IO (Freud e Nietzsche, mi perdonino) e pensa che, grazie alla propria capacità di astrazione, di essere in grado di sopportare quell’antipatico passaggio senza rovinarsi i tratti finali della vita.
Allo sfortunato utente del proprio corpo, quel passaggio è durissimo. Solo la religione e il mistero potranno aiutarlo, poiché in questi sentieri non c’è bisogno di ragionare, basta la fede e la speranza.
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