"Vai."
"Corri e non tornare
indietro."
La voce echeggiava nella testa di Lorenzo mentre si faceva strada
attraverso la foresta moribonda, correndo il più velocemente possibile, ma non
abbastanza.
Il suo respiro era affannoso mentre si muoveva sul terreno,
cercando di non inciampare o cadere. Sentiva la stanchezza. Chissà per quanto
tempo ancora avrebbe potuto resistere così.
Stava diventando freddo, il sole stava tramontando e presto
sarebbe stato buio. Ma mentre il giovane guardava fuori, tutto ciò che vedeva
erano alberi che si estendevano all'infinito a perdita d'occhio.
"Continua ad andare,
nella notte", la voce continuò a incitarlo.
Lui voleva ascoltarla, ma il suo corpo iniziò a contrarsi e la
mente cominciò a riconsiderare.
Era davvero questo che doveva fare?
Si chiedeva il motivo per cui scappava. Rallentò e poi si fermò
completamente, per riprendere fiato.
Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma decise comunque di
guardare indietro da dove fuggiva. Era in lontananza, ma riusciva ancora a
vederla attraverso tutti quegli alberi. Era casa sua, la sua baita.
Perché la stava lasciando? Valeva davvero la pena di tutta quella
fatica?
Cominciò a immaginare il calore che proveniva dall'interno: il bel
letto su cui dormire, insieme al riparo che offriva.
Perché scappava da tutto ciò, in questa foresta spietata?
Ci pensò a lungo e intensamente prima di fare il primo passo
indietro.
"Non farlo", sentì quella voce opporsi alla sua
decisione.
Lorenzo si fermò e sospirò. Ma poi fece il secondo passo, poi il
terzo, poi il quarto, fino alla baita. Entrò, sollevato di essere tornato nel
comfort della sua casa. Sentì immediatamente il calore dell'interno della casa
e si chiese perché mai avesse cercato di andarsene. Era tutto ciò di cui aveva
bisogno. Perché mai avrebbe dovuto essere così ingrato con sé stesso?
Quella notte dormì bene e così anche le tre notti successive.
Tutto andava bene, era felice. Ma essere felici non dura, e quanto prima se ne rese conto; le cose non erano più le stesse.
Certo, era al caldo, era al sicuro, ma qualcosa... qualcosa mancava.
Aveva tutto il necessario, ma non si spiegava quel senso di mancanza.
Si
chiedeva: “Dimmi perché questa casa non è abbastanza?”
Nella baita, si sedette sul divano, battendo il piede. C'era
silenzio, troppo silenzio. Perché non se ne era accorto prima? Dov'è il rumore
che sembra riempire il vuoto? Non era lì. Lui ero da solo.
Si alzò e guardò fuori dalla finestra. L'unica vista che aveva
era quella della foresta infinita intorno alla casetta.
“Oltre la foresta, doveva esserci qualcosa? Qualcosa di meglio di
questa baita. Ma perché dovrei desiderare qualcosa di meglio?” Così, si
interrogava.
Pensava di avere tutto ciò di cui aveva bisogno. Pensava di avere
tutto ciò che desiderava.
Continuò a fissare fuori dalla finestra, sempre più frustrato da
queste domande senza risposta. Ma poi, risentì la voce.
"Vai, corri",
gli disse.
Stringeva i pugni in trepidante attesa, sentendo il bisogno di obbedire
a quella voce farsi più forte. Doveva correre, doveva andare.
Con una decisione improvvisa, si sentì in dovere di agire,
schizzando fuori dalla porta.
Scese di corsa le scale del portico, pronto ad andare finalmente
senza voltarsi indietro, ma poi si fermò quasi con la stessa rapidità con cui
era partito.
Un po' di umidità sfiorò la sua testa, mentre guardava le nuvole
sopra di lui. Di nuovo, un'altra goccia cadde e lo colpì in faccia. Pioveva.
Sembrava solo una pioggerellina leggera, ma cadeva sempre più
forte con il passare dei secondi. Senza nemmeno sembrare, iniziò a scatenarsi
un temporale, che scrosciava a dirotto.
Doveva correre sotto la piaggia? Sarebbe stato troppo pericoloso,
troppo freddo, troppo umido. Dovette aspettare che passasse, così tornò al
sicuro in casa sua e attese il momento di andarsene, quando il clima lo avesse permesso.
Ben presto, gli tornò in mente una delle cose che odiava di quella
casa. C'erano sempre state queste tempeste, che duravano più del dovuto. Si
placavano sempre nel giro di pochi giorni, ma questa era una delle cose che lo
tormentava costantemente di questo posto.
Dopo alcuni giorni di attesa in casa, la tempesta continuava a
infuriare, intensificandosi sempre di più. Il vento iniziò a rinforzarsi mentre
l'insolito acquazzone portava un amico: Uragano. Sembrava che la tempesta
stesse intensificandosi, il che, si sperava, significasse che sarebbe passata
presto. Tuttavia, ogni giorno, mentre andava alla finestra per controllare
fuori, notava che pioveva ancora.
Si ripeteva costantemente quanto questo posto fosse perfetto.
Che avesse tutto ciò di cui aveva bisogno e che non ci fosse motivo per andarsene.
Ma, lentamente, durante la tempesta, iniziò a ricordare tutti i motivi per cui quelle
convinzioni non erano vere.
Il primo motivo era ovviamente che questi temporali innaturali e
anomali duravano giorni. Il secondo motivo erano i buchi nel tetto che
facevano infiltrare l'acqua in casa. Il terzo motivo era il fatto che
non riusciva a sentire nulla di ciò che accadeva fuori.
Non capiva perché. Era una baita di legno, non una stanza
insonorizzata. Tuttavia, la pioggia non dava alcun senso di angoscia, né il
tuono si faceva sentire, solo una finestra su cui faceva affidamento per sapere
se il maltempo era ancora in corso. E anche se a volte lo faceva sentire al
sicuro, ciò non diminuiva il senso di vuoto dentro quella casa. Nessun rumore,
solo un silenzio incerto.
Dalla finestra, guardò fuori, osservando un fulmine colpire un
albero morto in lontananza. Di nuovo, nessun suono, solo un'immagine che gli
faceva capire di essere al sicuro. Ma nonostante ciò, la voce continuava a sussurrargli:
"Lascia... lascia tutto
alle spalle."
"Cosa?" chiese
ad alta voce.
"Questo posto non ti fa
bene... lascialo."
"Io... io non posso.
Non è sicuro. Devo aspettare che la tempesta passi." Ribadì Lorenzo, con un po’
di agitazione.
"Ma la tempesta non
passa mai. Torna solo quando torni tu."
Ci pensò per un secondo, ma non cambiò il suo punto di vista.
"Piove ancora in ogni
caso. Qui è sicuro, sarò al sicuro."
La voce si fece più bassa, senza più parlare, mentre continuava a
guardare fuori, ripetendo: "Passerà,
passa sempre."
Passò una settimana, ma ancora nessun cambiamento. La violenza
della tempesta iniziò a farsi sentire sulla baita. Le perdite iniziarono ad
apparire ovunque, così tante che stavano finendo i secchi per raccogliere
l'acqua. Oltre a ciò, la potenza del vento scagliò detriti contro la casa, che
finirono per crepare una delle finestre. Non era nemmeno uscito per valutare
eventuali danni esterni, ma sapeva che non sarebbe andata bene.
Si sedette sul divano e guardò di nuovo fuori dalla finestra. Non sentì
nulla, ma vide tutto, e non era meglio di prima. Il vento continuava a soffiare
senza sosta, mentre la pioggia rendeva il pavimento più fangoso di quanto mai
fosse stato prima. La forza del vento era tale che persino alcuni alberi
iniziarono a crollare per l'intensità.
"Corri,
finché puoi",
ripetette ancora la voce.
Sentiva la pressione del desiderio di farlo, pulsare contro il suo
cuore, ma anche allora, sapeva di essere ancora al sicuro. Perché avrebbe
dovuto abbandonare la sicurezza? Non gli sembrava giusto.
"Non è mai giusto. Ecco
perché la tempesta è ancora qui", sentì di nuovo la voce.
Lorenzo non sapeva cosa rispondere, quindi continuò a
riflettere.
"Devi correre..."
"Perché?"
rispose bruscamente.
"Perché? Beh, perché
sei corso la prima volta?" chiese la voce.
Si fermò a pensarci, realizzando il motivo.
"Avevo paura..."
disse.
"Paura di quello che
sarebbe successo se non l'avessi fatto."
"Allora perché non hai
paura adesso?"
"Ho paura! Ma ho anche paura
di quello che succederebbe se me ne andassi! Ho paura di non trovare un posto
che possa proteggermi in questo modo. Ho paura di..." Si fermò.
Calò il silenzio mentre continuava a guardare l'esterno.
Poi iniziò a porsi domande: “Cosa dovevo fare? Lasciare questo posto nella speranza
di qualcosa di meglio? Per paura che alla fine crollasse peggio di qualche
perdita? Dovevo abbandonare la sicurezza per rischiare tutto? Era tutto ciò di
cui avevo bisogno, giusto? È tutto ciò di cui ho bisogno?”
"Se è tutto ciò di cui
hai bisogno. Non sentiresti il bisogno di scappare", sussurrò la voce.
Si guardò intorno, verso il posto che chiamava casa. Era
circondata da alberi morti e da una tempesta infinita che non finiva mai. La casa
decadeva, e il calore che un tempo conosceva stava diventando freddo quanto
l'esterno. Pensò a tutto ciò che avrebbe dovuto fare: rattoppare e riparare,
sia dentro che fuori. Tutto questo, soltanto per vedere un'altra tempesta
arrivare e per ritrovarla danneggiata ancora una volta. Questo era il posto che gli offriva casa?
"BOOM!" sentì forte il tuono fuori.
Era la prima volta che sentiva un suono diverso dalla sua voce. Lo
fece sobbalzare e lo spinse a lottare o a fuggire mentre saltava giù dal divano.
All'improvviso, i rumori del temporale iniziarono a farsi sentire tutti
insieme. Il rumore della pioggia si abbatteva pesantemente sulla baita, quasi
insopportabile da ascoltare. E il vento, da fuori, fischiava attraverso le
finestre come se stesse per sfondarle.
Si sentì pervadere dalla paura mentre un altro crepitio di tuono
faceva "BOOM!" proprio fuori dalla casa. Si guardò intorno in preda
al panico mentre quel rumore insolito rese udibile di nuovo la voce.
"Corri! Corri e non
voltarti indietro! Vai!" urlò.
E prima che se ne rendesse conto, finalmente provò la paura che
doveva averlo spinto fuori prima. Non ebbe tempo di aspettare, perché corse
fuori dalla porta il più velocemente possibile.
Fuori era ancora più rumoroso e caotico, ma era spinto
dall'adrenalina e non aveva tempo per pensare; si lanciò nella foresta di un
milione di alberi morti.
La pioggia lo inzuppò completamente in un batter d'occhio, mentre
il vento scagliava detriti dappertutto. Dovette coprirsi il viso per poter vedere
attraverso la tempesta e non inciampare in alberi caduti o altri ostacoli.
Il tuono scosse la terra sotto di lui, mentre un fulmine colpiva un
albero proprio accanto. Trasalì e cadde nel fango, e la voce parlò di nuovo.
"Alzati! Devi continuare
ad andare!"
Si alzò e continuò ad avanzare a fatica nella foresta. Doveva
trovare sicurezza. Ma non più la sicurezza che si era lasciato alle spalle.
Doveva continuare a muoversi – muoversi finché non fosse riuscito a uscire dalla tempesta, che un tempo era la sua casa.
Doveva continuare a correre - correre finché non avesse trovato un motivo per
restare.