lunedì 2 giugno 2025

Parlando con Foscolo

 

 

Chi non crede nei miracoli non vive su questo pianeta!

Questa è la frase che ripeto a me stesso quando eventi che tradiscono clamorosamente le nostre presunzioni, si pongono alla mia attenzione.

Siamo inclini ad assumere certezze per le quali l’istinto è l’unico garante disponibile, per cui, quando la convinzione cementifica l’assunto, escludendo l’accesso al dubbio, il miracolo diventa l’unico strumento utile per il ravvedimento.

Ragionando a posteriori, ci si rende conto dell’infondatezza della presunzione e della cecità prodotta dalla convinzione.

Tutto questo dire, mi serve per introdurvi all’abilità del caso nel manifestarsi ai miei occhi come magia o, richiamando la fede religiosa, sottoforma di miracolo.

Per farvi un esempio, dovrei attribuirlo al caso l’evento per cui in un preciso momento della giornata desiderassi un caffè e non avessi il denaro per entrare in un bar?

Probabilmente, mi rispondereste di sì!

Lo stesso caso, però, mi offre la possibilità di incontrare, occasionalmente una persona che difficilmente avrebbe potuto invitarmi in un bar?

Non fraintendetemi! Non perché fosse un diavolo in termini di avarizia, ma per mia semplice presunzione fondata su una convinzione astrusa per la quale il mio povero amico vestiva panni non suoi.

Quest’opportunità e servita a innescare un evento secondario: quello per cui ora sto scrivendo quest’articolo.

Il caso, infierendo, mi ha portato a scrivere su un tema strettamente legato alle motivazioni recondite per le quali i rapporti con il mondo esterno alla persona, sono sostenuti da simboli che ci illuminano come lanterne e che ci precedono in lunghi tunnel della mente.

Le lanterne sono assimilabili ai valori etici/morali e il tunnel sono percorsi di vita avvolti dall’ignoto.

Sarà colpa del caso, ma anche il grande Foscolo si preoccupava del decadimento valori morali e di come questi potessero essere tramandati alle future generazioni. Siamo convinti tutti della qualità dei sentimenti indotti dalle sue poesie e siamo altrettanto certi, dello slancio emozionale che potremmo sperimentare se egli stesso ci raccontasse come si possano interpretare le sue idee nel nostro cotesto moderno post-duemila.

Vi invito nell’immaginare l’anticipatore del romanticismo che risponde alle mie domande.

LUIGI: Perdonami l’ardire Ugo, ma che cosa vuoi intendere con questa tua prosa: A egregie cose il forte animo accendono l’urne de' forti, o Pindemonte; e bella e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta.

FOSCOLO: Caro Luigi, tu mi chiedi ciò che già conosci per averlo studiato a scuola! Comunque, accetto volentieri la tua provocazione e pregusto il diletto nel disquisire sui valori del tuo tempo.

LUIGI: Suppongo che ti sia difficile interpretare i segni del mio tempo!

FOSCOLO: Qui, in Paradiso il tempo non esiste per cui ciò che per te è stata evoluzione, per me è un permanere in altre forme.

Non ti stupire, ma ti assicuro, che sappiamo tutto del “grande fratello”, di Internet, di “sballo”, di telefonini, Iphon, eccetera.

LUIGI: Mi rendi facile il colloquio!

Bene, Dimmi come si conciliano le realtà che hai appena nominato con il simbolismo espresso nei tuoi “Sepolcri”?

I messaggi che ci hai lasciato attraverso le tue bellissime poesie potrebbero essere ancora validi?

Le stesse tue poesie hanno ancora un valore e una capacità di produrre i risultati per i quali la tua vena poetica si è magnificamente espressa?     

FOSCOLO: Luigi, nel tuo tempo e per ciò che è intuibile nel tuo tempo, proverò a confezionarti una risposta. Abbandonerò il mio tono poetico per far spazio alla praticità della risposta. Mi rivolgerò alla tua umanità per appendere un senso per cui anche la mia poesia ha contribuito.

Il Vostro futuro prevede un grande cambiamento di cui alcuni di voi intuiscono i primi segni. Esso si presenterà come una rivoluzione silenziosa nella percezione della realtà. Ineluttabile e inarrestabile, genererà un rovesciamento del mondo per il quale niente di ciò che conosci, sarà più così stabile e inamovibile come lo percepite adesso.

Di solito, un cambiamento di questo tipo si chiama “rivoluzione culturale” ma questa volta la cultura c’entrerà poco. Potete interpretarla come un’espansione cardiaca e riguarderà la vostra soggettività e il modo in cui interpretate la vita.

Fino ad oggi avete creduto nell’esistenza di una realtà unica, incontestabile, posta sotto gli occhi di tutti e passibile di sperimentazione scientifica.

Cioè, avete creduto in una realtà comune, ripetibile, inconfutabile, uguale a se stessa.

Qualcosa di nuovo, però, si sta delineando. L’avvento della psicologia nell’ambito delle scienze e il diffondersi delle conoscenze concernenti la fisica quantistica stanno provocando un cambiamento che ormai non è più possibile frenare. 

L’importanza della soggettività nella percezione degli eventi, si farà ogni giorno più evidente e, dalle macerie di una realtà immobile, impercettibilmente, prenderà forma un nuovo pensiero capace di integrare l’individualità e la creatività nella costruzione di realtà mutevoli e dinamiche, diverse per ciascuno.

La psicologia e la fisica quantistica vi hanno mostrato come la vostra sensibilità interferisce costantemente con la realtà, e che le aspettative con cui interpretate le cose modificano l’andamento degli avvenimenti. 

Gli eventi, infatti, non sono mai univoci ma si trovano in infinite e diverse varianti di se stessi, dentro uno sciame di realtà possibili. Cioè, per dirla con un linguaggio più moderno, ogni cosa esiste in un’onda di possibilità.

Quando vivete un’esperienza, questa suscita in voi un’interpretazione inevitabilmente soggettiva.

E proprio questa soggettività fa sì che l’onda delle possibilità si coaguli in una particella, tra le infinite scelte possibili. La particella coagulata diventa la realtà che sperimentate ed è la diretta conseguenza della vostra soggettività. Ciò di cui fate esperienza e che considerate vero, esiste soltanto per voi. Chiunque altro, posto davanti alla stessa circostanza, desumerà la sua particella (realtà), tra le infinite varianti possibili offerte dall’onda delle possibilità.

In questa chiave nuova, la soggettività diventa l’unico criterio in grado di determinare la verità, perché le esperienze prendono forma e determinano la realtà, come conseguenza di un’interazione soggettiva nell'ambito delle possibilità. 

La vostra vita esiste dentro uno schema temporale di causa ed effetto (se prima è successo A, dopo succederà B) ma, a un esame più attento, si vede che è, invece, la concretizzazione del nostro sentire soggettivo.

Infatti, la soggettività estrae dall’onda delle possibilità proprio quelle esperienze (particelle) che confermano i presupposti in cui credete. 

La causa di ogni avvenimento, perciò, non sta negli eventi che lo precedono ma nelle aspettative, che lo determinano.

L’accadere di qualsiasi cosa diventa possibile soltanto nell’attesa soggettiva e fiduciosa del suo esistere. Se volete superare questo momento di difficoltà senza vivere nei tormenti, dovrete prestare molta attenzione alle aspettative che vi create e al vostro sentire soggettivo, modificandolo fino a vedervi in realtà meno drammatiche e più soddisfacenti.

LUIGI: In quest’ottica, le tombe dei grandi uomini dovrebbero comunicare ai virtuosi il loro esempio e stimolarli a proseguirne l'opera, attraverso l’onda delle possibilità, lasciata libera di interagire con la sensibilità di ognuno e favorire l’espansione della coscienza collettiva. La tua poesia è un omaggio allo sforzo profuso da tutti i grandi protagonisti della storia affinché l’umanità potesse affermare se stessa nel progetto di espansione dell’amore.

FOSCOLO: Luigi, mi stai dando la certezza per cui la mia opera abbia sollevato almeno un granellino di sabbia nella tempesta del sapere universale. Tornerò a tacere nel passato ma prometto a tutti i giovani di parlare continuamente al loro cuore.  

 

sabato 31 maggio 2025

Effetti miracolosi della lode

 

Sappiamo che le auto vanno a benzina, a gasolio, a gas. 

Non sappiamo che l’uomo va a lode (sinonimo di encomio, gratifica, plauso, consenso, apprezzamento).

Sappiamo quanto costa la benzina, ma purtroppo è inevitabile la spesa se decidiamo di spostarci con l’auto.

Non sappiamo, però, che lodare una persona ha un costo pari a zero, ma che produce risultati strabilianti.

Vi assicuro che complimentarsi con qualcuno comporta un vantaggio reciproco.

Accende il fuoco dell’amor proprio, chi lo riceve.

- S’inebria di una doccia fresca e vivace, chi lo porge.

- Nasce una tacita battaglia d’amore, dove i due duellanti fanno del loro meglio per proteggere l’avversario dai colpi di un virtuale nemico comune.

Chi riceve l’elogio è chiamato perentoriamente a giustificare il riconoscimento. Si carica di un’energia che prima non c'era, ma che irrompe con tutta la sua forza e trasforma la persona in un eroe.

Chi pronuncia l’elogio imbeve se stesso di una potenza valutatrice capace di attraversare un ponte di legno, malconcio (chi elogia). 

Il ponte di legno ricorre a tutte le sue chiodature per non traballare e apparire sicuro e fermo al carro armato da cui è investito.

La risolutezza del carro armato e lo sforzo conscio del ponte, mascherano una realtà ben diversa, ma che produce un risultato evidente. 

Il carro armato riesce ad attraversare il ponte!

Complimentiamoci tra noi anche per piccolissimi traguardi raggiunti o per qualità apparenti o per pregi appena visibili. 

Vi garantisco che l’oggetto del complimento subisce un processo d’ingrandimento e di rivalutazione immediata.

Oggetti per i quali complimentarci con qualcuno se ne trovano in abbondanza. Siamo circondati e chiedono solo la nostra attenzione. Se qualcuno di noi ha difficoltà nel cercare alla luce del sole, può addirittura ricorrere ai miraggi! 

L’oggetto per il quale ci complimentiamo è secondario, l’effetto è l’obiettivo primario.

Sperimentatelo e vi diranno che siete socievoli, simpatici … avete “Charm”.

 

Perdere la fiducia

 

Perdere la fiducia nel prossimo è una malattia mortale.

Si bruciano i germogli della speranza, si chiudono gli occhi dell’ottimismo, si stabilisce un calmo e sterile buio interiore.

Ci si sente soli muovendosi tra la folla.

Brevi frasi fatte con le stesse parole, ripetono esperienze vuote di entusiasmo, spente di passione e prive di sentimento; si muore rimanendo nel corpo.

La lenta progressione della malattia è silenziosa, si cela dietro gli steccati seriosi del lavoro, degli sfortunati eventi di vita che producono menomazioni fisiche o psicologiche.

Il bisogno di vivere insieme e di legarci con i sentimenti in una comunione che va oltre la nostra ragione, trapela dalle abitudini e dalle tendenze comportamentali.

Vogliamo inconsapevolmente stare insieme, come la terra che ci fa roteare con sé e contemporaneamente intorno al sole, ci porta in giro per l’universo.

La forza di gravità agisce come una potente calamita, costringendoci a rimanere attaccati alla superficie e imitando così, la forza dell’amore che lega le anime.

Solo per questo motivo capisco perché si inumidiscono gli occhi al più piccolo gesto di tenerezza; capisco da dove vengono tutte quelle emozioni che la musica, la poesia e l’arte tutta, inducono.

Capisco, anche, perché darei tutto me stesso a chi chiede solo un abbraccio.

Il genere umano ha avuto un grande dono che, per la sua stessa grandezza, gli appare invisibile; si tratta della capacità di emozionarsi.

Non emozionarsi significa amputarsi la parte migliore del proprio essere.

La morte, almeno per i Cristiani, è un varco di frontiera tra la terra e il Paradiso; un passo necessario ma comunque transitorio, mentre la morte delle emozioni conduce a uno stallo esistenziale perenne.

Uno stimato scrittore (Paul Auster) che porta in sé alcune cicatrici di questa malattia, scrive quanto segue:

"Credo nonostante tutto che ogni persona sia sola tutto il tempo. Si vive soli. Gli altri ci stanno intorno, ma si vive soli. Ognuno è come imprigionato nella sua testa e tuttavia noi siamo quello che siamo solo grazie agli altri. Gli altri “abitano” noi. Per “altri” si deve intendere la cultura, la famiglia, gli amici. A volte possiamo cogliere il mistero dell’altro; penetrarlo è talmente raro! È soprattutto l’amore a permettere un incontro di questo genere. Circa un anno fa, ho ritrovato un vecchio quaderno dei tempi in cui ero studente. Lì prendevo appunti, fermavo delle idee. Una citazione mi ha particolarmente impressionato: -Il mondo è nella mia testa. Il mio corpo è nel mondo-. Avevo diciannove anni e questa continua a essere la mia filosofia." 

Gli altri “abitano” noi, se siamo in grado di accoglierli, se la malattia non ha murato gli ingressi.

Tutto ciò che l’uomo scopre, è sempre un passo dopo il precedente. Il passo successivo non si sa dove ci porta, però, se mosso dal bene, sicuramente quel luogo sarà migliore di quello in cui viviamo oggi.


venerdì 30 maggio 2025

I due contadini

 

Due contadini si mettono ad arare i loro campi e, mentre lavorano, proprio in mezzo al campo, improvvisamente l'aratro si incastra. Osservando il "vomere" dell'aratro – la parte metallica che penetra nel terreno per dissodarlo – notano che si è incastrato su una pietra sporgente dal terreno.

Il primo contadino sceglie la via della Resistenza per risolvere il problema.

Alla vista di ciò, il primo contadino si ferma di colpo, visibilmente infastidito dall'accaduto e dalla presenza della pietra in mezzo al campo. Sentendosi infastidito, arrabbiato, irritato e frustrato, pensa tra sé e sé: "Come faccio ad arare il campo con una pietra così grande proprio in mezzo?"

Pensando, si dice: "Lo so, la rimuoverò". Quindi, pianta saldamente i piedi nel terreno e si posiziona per afferrare la pietra e staccarla dal terreno. Afferra saldamente la pietra a mani nude, cercando freneticamente di estrarla dal terreno, invano.

Sentendosi ulteriormente infastidito, arrabbiato, irritato e frustrato, pensa tra sé e sé: "Lo so, prenderò una vanga, scaverò intorno e, quando raggiungerò il fondo, la tirerò fuori".

Si mette in piedi e inizia a scavare intorno, ma invano. Nel frattempo, la roccia sembrava continuare a crescere.

Sentendosi stanco e ancora più frustrato da un simile risultato, si dice: "So cosa andrà bene. Prenderò una pala meccanica; sicuramente andrà bene". Così, ne acquista una escavatrice meccanica e inizia a scavare, rimuovendo il terreno e sgretolando la roccia.

Alla fine, dice con un sorriso sul volto e un senso di soddisfazione: "La roccia è sparita". Scende dalla pala e si spolvera i vestiti. Poi, guardandosi intorno, si rende conto che, quando ha finito, non c'era più un campo da arare.

Il Secondo Contadino sceglie il Sentiero della Consapevolezza per risolvere lo stesso problema.

Allo stesso modo, anche il secondo contadino, mentre ara il suo campo, rimane incastrato nel mezzo con l'aratro. Si ferma, guarda il vomere e nota che si è incastrato in una roccia.

Quindi, si ferma, la guarda, ma non perde mai di vista il campo. Smuove delicatamente l'aratro e continua ad arare.

Alla fine di una dura giornata di lavoro, guarda il campo e vede di nuovo la roccia. Si avvicina, ci si siede e si rende conto di quanto sia un punto di osservazione privilegiato, offrendogli una visione d'insieme dell'intero campo.

E questa è la coltivazione della consapevolezza da tenere nelle nostre azioni quotidiane. Questa analogia suggerisce come un approccio sensato, equilibrato, possa aiutare a superare le difficoltà che si incontrano durante la vita.

Potremmo vedere che il primo contadino è una rappresentazione di come potremmo abitualmente reagire alle difficoltà: con avversione, fissazione, affrontandole con sforzi crescenti nel tentativo di eliminare quello che potrebbe essere un "problema percepito".

Adottando il primo approccio, potremmo perdere la prospettiva dell'intera situazione e lasciarci sopraffare dalla difficoltà stessa.

Il primo contadino, concentrandosi esclusivamente sulla rimozione della pietra (la difficoltà percepita), egli ha gradualmente distrutto proprio il campo che intendeva coltivare. Ciò può rispecchiare il modo in cui a volte possiamo essere così presi dalla lotta contro i nostri pensieri, le nostre emozioni o le circostanze e conseguenze percepite, da perdere di vista il quadro più ampio e la consapevolezza che lo contiene.

Quindi, con la pienezza mentale, cerchiamo di cambiare la nostra esperienza e di porci in un modo diverso davanti al problema. Così da poter arrivare a capire come potremmo reagire ragionevolmente.

Pertanto è di massima importanza riconoscere come una situazione potrebbe farci sentire e quanto facilmente potremmo essere inclini a lasciarci travolgere da frustrazioni, rabbia o fastidio. Dovremmo renderci conto di come ci sentiamo, senza lasciarci trasportare o perderci in tali emozioni incontrollabili, senza perdere di vista la situazione reale nel suo complesso, senza perdere di vista l'intero campo della nostra esperienza così com'è.

A sua volta potremmo iniziare a vedere come la reattività o la resistenza potrebbero essere la causa della nostra sofferenza, e quindi questo, con essa, ci offre l'opportunità di scegliere di rispondere in un modo nuovo invece di reagire.

Questo potrebbe aiutarci a incanalare quelle che potremmo chiamare "emozioni negative" in modo più saggio, in modo da affrontare la situazione con diligenza. Trovare lo spazio tra stimolo e risposta.

Tra stimolo e risposta c'è uno spazio. In quello spazio risiede il nostro potere di scegliere la nostra risposta. Nel tipo di  risposta risiede la nostra crescita e la nostra libertà.

Quando gli ostacoli diventano punti di osservazione, questo ci porta al secondo contadino e a come ha incarnato la consapevolezza nel modo in cui si è avvicinato alla roccia.

Ha riconosciuto la roccia – l'ostacolo/difficoltà – ma ha mantenuto la consapevolezza dell'intero campo – la situazione più ampia. 

E nella sua risposta, possiamo vedere che, anziché essere definita dalla resistenza a ciò che è, lavora abilmente con la realtà che gli si è presentata.

Di conseguenza, alla fine scopre una nuova realtà: ciò che inizialmente sembrava un ostacolo/difficoltà ha finito per non essere così grave come sembrava, al punto che la roccia è diventata un punto di osservazione da cui poteva osservare l'intero campo.

Alla fine, siamo destinati a incontrare delle "rocce" nella vita: emozioni difficili, sensazioni fisiche, persone o circostanze difficili. 

La consapevolezza non consiste nell'eliminare nulla di tutto ciò, ma offre un nuovo modo di stare con esse, relazionandoci in modo diverso, con una visione più ampia che non perde di vista il contesto della nostra esperienza nel suo complesso.

Quindi, in momenti come questi, non dimenticate di fermarvi, respirare e attingere a quello spazio tra stimolo e risposta, una pausa che permette di scegliere il modo in cui rispondere a una situazione, perché in tutta verità, nella risposta dimostriamo la nostra maturità.

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