mercoledì 22 gennaio 2025

Trump e Musk: i nuovi Dei


Quando le aziende hanno incanalato milioni di dollari da record nell'insediamento di un presidente, non è stato patriottismo. È stato un accordo commerciale, un anticipo sulla deregolamentazione e sull'avidità incontrollata. Credo che molti lo sapevano, ma forse rassegnati o illusi lo hanno lasciato accadere.

Un senso di paura si è diffuso tra gli americani consapevoli e per l’idea che “peggio non può andare”, non hanno reagito. Il popolo americano non ha scelto il loro leader con la ragione, si sono lasciati prendere dalla rabbia. Divisi, sconfitti e presi in giro come degli idioti.

Il 20 gennaio 2025, Donald Trump non è tornato come una sorpresa, ma come un'inevitabilità. Non è un'anomalia, è un riflesso di tutto ciò che i cittadini hanno permessi di diventare.

Qualcuno richiama la vergogna dell'America e forse come paravento di una società che si vede cambiare in peggio e non sa opporsi. Il resto del mondo è rimasto a guardare, complice nei suoi modi egoistici.

La maggioranza ha applaudito i miliardari, si è abbuffata dei loro prodotti, si è aggrappata alle loro distrazioni e hanno chiuso un occhio sui costi. Mentre discutevano, mentre scorreva il tempo, loro hanno preso ciò che serviva.

Questi nuovi padroni hanno invaso l’assistenza sanitaria, le case, gli stipendi, l’istruzione, i libri, i media, la privacy, la libertà, la pace. Hanno preso l'aria che si respira e l'acqua che si beve, avvelenandole per profitto.

Questo è il mondo che gli americani hanno scelto: dove i miliardari giocano a fare Dio, dove l'influenza è moneta corrente e il potere è l'unica legge. La democrazia non è morta, è stata anestetizzata attraverso il silenzio, attraverso la complicità, attraverso l'infinito carburante dell'indignazione creata.

Le guerre, l’avidità, l’insaziabile brama di dominio hanno segnato il mondo. Si sono destabilizzate nazioni, sventrate risorse, rovesciati governi, tutto per alimentare la mostruosa macchina del profitto.

C’era tempo per agire, decenni, e sono passati in silenzio. Gli avvertimenti erano chiari. Le grida di cambiamento erano forti. Si vedevano i primi segni di un mondo in sgretolamento in tempo reale. E tuttavia, è stato distolto lo sguardo.

Non c’è ombra di raggiro o sopraffazione, è stata una resa. È stato consegnato il futuro volontariamente, e ora lo taglieranno a pezzi, riproponendolo con l’illusione di speranza, sempre per un profitto, ovviamente.

Quindi dopo aver assistito a Trump rivendicare un terzo mandato, mentre stringete le chiavi della vostra Tesla e vi inchinate davanti all'altare di Amazon, ditemi:

Con Trump re e Musk come profeta, per quanto tempo sventolerà ancora la bandiera dell'avidità sulla terra ... un tempo orgogliosamente libera?

martedì 21 gennaio 2025

Disuguaglianze nascoste

Incendi a Los Angeles

Gli incendi che hanno colpito la California sono destinati a passare alla storia come il peggiore disastro naturale e probabilmente la catastrofe più costosa della storia d’America. Sono anche la conferma ad oggi più dolorosa dei rischi che incombono da sempre su di uno sviluppo avvenuto al limite della sostenibilità ecologica, in un contesto estremizzato dal mutamento climatico.

È vero che i rischi legati agli incendi sono fisiologici in questa regione semi arida a macchia mediterranea, occorrerebbe però fare una riflessione proiettata nel futuro per cercare di capire che cosa sta succedendo.

L'11 gennaio 2025, è stato pubblicato un articolo intitolato: "Davanti al fuoco, tutti sono uguali".

È veramente così?

Indubbiamente, il fuoco non fa distinzioni tra ricchi e poveri, famosi e sconosciuti, giovani e anziani. Di fronte alla forza distruttiva della natura, tutti gli esseri umani sembrano ugualmente vulnerabili. Eppure questa uguaglianza superficiale nasconde le vere disparità che le catastrofi mettono a nudo.

Le perdite che le persone subiscono non sono solo materiali; sono esistenziali, emotive e spesso irreparabili, e queste perdite colpiscono le persone in modo diseguale.

Un ricco residente di una lussuosa villa di Malibu può soffrire per la perdita di una casa tanto quanto un lavoratore la cui modesta dimora nella periferia di Los Angeles è stata ridotta in cenere. Ma le conseguenze di queste perdite sono fondamentalmente diverse. Il primo può fare affidamento su assicurazioni, riserve finanziarie e reti sociali; l'altro affronta la miseria, senza mezzi per riprendersi dalla propria perdita.

La disuguaglianza prima del disastro è letteralmente inscritta nella struttura delle città. A Los Angeles, questo diventa particolarmente evidente: mentre i quartieri più ricchi hanno sistemi di irrigazione all'avanguardia e ampie strade di accesso per i camion dei pompieri, le aree più povere lottano con infrastrutture obsolete e strade strette. Queste differenze non sono una coincidenza, ma il risultato di decenni di svantaggio sistematico.

La linea rossa degli anni '30 ha giocato un ruolo chiave in quel disastro: banche e agenzie governative hanno contrassegnato in rosso sulle loro mappe alcuni distretti, spesso quelli con un'elevata popolazione di minoranze. Queste aree "rosse" sono state sistematicamente escluse dagli investimenti. Nessun prestito per le ristrutturazioni delle case, nessun fondo per le infrastrutture, nessuna modernizzazione del patrimonio edilizio. Ciò che è iniziato quasi cento anni fa come una pratica discriminatoria determina ancora oggi le possibilità di sopravvivenza in caso di disastro.

L'ironia è amara: le aree storicamente svantaggiate che hanno più urgente bisogno di investimenti in moderni sistemi di sicurezza rimangono poco servite fino ad oggi. Nelle aree periferiche densamente popolate di Los Angeles, dove questi modelli storici sono più evidenti, le infrastrutture obsolete non solo comportano un rischio di incendio più elevato, ma ostacolano anche le operazioni di soccorso in caso di emergenza. Quindi quando parliamo di uguaglianza prima dell'incendio, ignoriamo questa storia di disuguaglianza concretizzata.

Ci imbattiamo quotidianamente in verità apparentemente ovvie. Per esempio, appaiono in affermazioni come "Ognuno è padrone del proprio destino" o "C'è abbastanza per tutti se lavori sodo".

È facile rendersi conto quanto si può essere ciechi ai privilegi durante una discussione sulla nutrizione sostenibile. Per esempio, si giustifica senza nessuna esitazione il prezzo più alto pagato per il cibo buono, prodotto eticamente, ma ciò si trasforma in privilegio per chi è costretto ad adeguarsi ai propri guadagni. Per molte famiglie, scegliere cibo più economico non è una scelta ma una necessità economica.

La nostra percezione non è mai neutrale, è plasmata dalle nostre esperienze, dalla nostra posizione sociale e dalla nostra comprensione del mondo. Quando filosofi come Maurice Merleau-Ponty sottolineano questo punto, non stanno solo facendo un'osservazione accademica. Stanno evidenziando qualcosa che tutti noi sperimentiamo: quanto diversamente vediamo il mondo a seconda di dove ci troviamo. Per alcuni, un incendio domestico rappresenta una perdita assicurata, un inconveniente da gestire. Per altri, significa la perdita del loro intero mondo: la loro casa, la loro sicurezza, il loro senso di appartenenza.

Non si tratta solo di prospettive diverse, si tratta di realtà diverse. Quando diciamo che "L’incendio colpisce tutti ugualmente", non stiamo solo semplificando eccessivamente; stiamo inconsciamente partecipando a un sistema che maschera vere disuguaglianze.

È comodo credere in questa uguaglianza perché ci assolve dalla responsabilità di guardare più a fondo al problema; ci evita di mettere in discussione le strutture che creano queste diverse realtà.

La diseguaglianza si manifesta in innumerevoli piccoli modi: la capacità di evacuare rapidamente, l'accesso alle informazioni sui rischi di incendio, la qualità dei servizi di emergenza locali, le risorse disponibili per il recupero. Questi non sono solo dettagli; sono i mattoni della disuguaglianza sociale.

E mentre potrebbe essere spiacevole riconoscere queste disparità, questo disagio è esattamente ciò che dobbiamo provare per iniziare ad affrontarle.

Siamo disposti a guardare attentamente e riconoscere le ingiustizie che rivelano? O ci ritiriamo nel comfort di affermazioni semplicistiche che ci consentono di chiudere un occhio?

domenica 19 gennaio 2025

La caduta della metafisica nella esistenza dell’uomo (Martin Heidegger)

Martin Heidegger (1851-1924)

Martin Heidegger non è solo il nome di uno dei massimi esponenti della storia della filosofia contemporanea, ma è il simbolo, l’identità controversa legata agli episodi più drammatici della Seconda Guerra Mondiale. 
Quando il nazionalsocialismo prese piede in Germania nel 1933, molti filosofi e scienziati (come Albert Einstein ed Enrico Fermi) emigrarono in America, mentre Heidegger rimase nella “Grande” Germania, sino a pronunciarsi addirittura difensore e favorevole al clima politico: tant’è vero che venne lasciato indisturbato a tenere le sue lezioni universitarie sino all’arrivo degli Alleati.  
Il suo pensiero filosofico è guidato anzitutto dai suoi due maestri Husserl e Rickert. Proprio grazie a questi due massimi astrattisti del pensiero, Heidegger ha potuto parlare, o comunque “concretizzare” il concetto di Esistenza. Un concetto, quello di "Esistenza", bello quanto terribile per molti novelli studenti di filosofia. Dunque, Heidegger si configurerà per tutto il ‘900 come il pensatore esistenzialista, animato dalla volontà di spiegare l’"Esistenza".  

Ora cercherò di chiarire il suo pensiero: compito doppiamente arduo. Dunque, ciò che per lui determina l’esistenza è il fatto che essa (l’esistenza, per l’appunto) non è qualcosa di immutabile. È una sorta di Panta rei Eracliteo. 

Esistere significa evadere da una realtà data ed esporsi ad una condizione di possibilità.  In altre parole, se esistere significa andare al di là del proprio orizzonte, vuole dire che l’uomo è un continuo progetto, una tensione a lanciare ormeggi oltre quelli già raggiunti. 

Heidegger scriverà: 

“Il progettare però non ha nulla a che vedere con l’escogitazione di un piano mentale in conformità al quale l’esserci edificherebbe il proprio essere, infatti l’esserci, in quanto tale si è già sempre progettato e resta progettante finché è.”

L’uomo è portato per natura a cambiare la sua situazione, la sua essenza, la sua natura; La sua natura è caratterizzata dal progettare, non nel senso di un progetto urbanistico, ma derivata da un voler trascendere la situazione data, non accontentandosi mai di essere ciò che è.   

Così come l’esistenza non è un oggetto, stessa cosa vale per l’Essere. Infatti, ad avviso di Heidegger, la filosofia occidentale, da Parmenide a Hegel, è stata costruita su un errore: quello di scambiare l’Essere (possibile) con un Ente (impossibile) che può essere Dio o la materia. 

L’unico pensatore che si è avvicinato a una visione, per così dire, esistenzialistica, e non semplicemente metafisica, è stato Nietzsche. 

Mi direte, perché proprio lui? Perché lui, nella sua follia c’ha visto chiaro: l’uomo, o l’ente non è qualcosa di statico, ma è volontà di potenza. Una volontà di Potenza che è anche il “senso” dell’essere, dunque dell’esistere, dello stare al mondo. 

La condizione necessaria che porta ad istituire e a restituire sempre nuovi linguaggi e a individuare ottime chiavi di lettura del mondo di cui noi stessi siamo il fondamento. 

di Fabio Squeo

sabato 18 gennaio 2025

Lettura: elisir di lunga vita

 

 

Durante le mie lezioni tecniche spesso dedicavo alcuni minuti a parlare di etica, filosofia di vita. In alcune classi si diffondeva un silenzio avvolgente attraverso cui sentivo il grande interesse degli alunni per le questioni di vita.

Una volta uno studente mi chiese: “Professore, come fa a sapere tutte queste cose?

Rispondevo dicendo: “Non leggo solo libri tecnici. L’anima umana ha bisogno di respirare con i pensieri che abbracciano tutto l’essere umano.

Il ragazzo, visibilmente scettico, mi disse: "Sarà vero ciò che dice, ma dove troviamo il tempo e la voglia di leggere. Abbiamo già troppo da fare con lo studio scolastico. Non potremmo mai trascorrere tutto il giorno sui libri."

L’obiezione sollevata dal ragazzo era prevedibile, così senza scompormi molto replicai: “Non ho nessuna intenzione di forzare qualcuno a impegnarsi oltre i doveri scolastici, però, se in futuro vuoi sentirti una persona piena, avvicinarti ai valori veri della vita, un piccolo sforzo vale la pena farlo. Leggi o scrivi ogni giorno. Bastano dieci minuti".

Un altro studenti si alzò dal banco e disse: "Professore, si rende conto che i tempi sono cambiati? Qualunque cosa la possiamo cercare su Google. Che motivo ci sarebbe per preoccuparci oggi di leggere e scrivere, quando è tutto lì, a portata di un click! In più, la nostra gioventù non è eterna e la perderemmo consumandola sui libri anziché goderla divertendoci.

Capii che avevo sollevato una questione spinosa per i miei ragazzi. Decisi di rispondere allineandomi alla loro mentalità: “Se guardiamo la questione dal tuo punto di vista dovrei darti ragione, ma se ci sforzassimo a considerare elementi che per il tempo in cui si vive sfuggono, si potrebbe modificare la propria convinzione.”

Il ragazzo, ribattette: “Allora ci dia dei buoni motivi perché dovremmo leggere e scrivere ogni giorno. In ogni caso, saremo tutti morti tra cinquanta e settant'anni, a cosa serve diventare intellettuali?"

"Perché parli di morte ora? Cosa c'entra questo?"

"C'entra tutto!" - Lo studente continuò dopo una breve pausa - "La cosa strana è che alcuni di noi potrebbero essere morti prima della fine della lezione. Ci ha mai pensato? Basta un infarto o che esploda una vena nel cervello, ed ecco che tutto finisce … proprio ora."

Stemperai il clima con una leggera risata e poi risposi: "Bene, speriamo di sopravvivere alla fine della lezione, ecco alcuni motivi:

1)Scrivere ogni giorno distrugge una cattiva abitudine: "Scrivo quando ne ho voglia."

2)Le nostre teste sono così piene di voci altrui: familiari, amici, conoscenti, sconosciuti, artisti, intrattenitori e il principe del potere dell'aria. Ci vuole molto, molto tempo per trovare le nostre voci in tutto quel rumore.

3)Tutti hanno qualcosa da dire, ma ogni scrittore lo dice a modo suo, per cui puoi disporre di una infinità di punti di vista su qualunque questione.

4) Se non scrivi o leggi oggi, potresti non poterlo fare più.

5) Scrivi ogni giorno perché ci sarebbe molto da dire. Certo, potresti armeggiare per una vita su una poesia o una storia, e potrebbe essere grandiosa, ma il mondo ha bisogno di tutte le poesie e le storie che hai dentro di te.

6) Scrivi ogni giorno perché scrivere ti aiuta a conoscere te stesso, gli altri e il mondo. E più sai di te stesso, degli altri e del mondo, più profondo è il tuo viaggio in questa esistenza. Approfondire il viaggio è un modo per vivere una vita molto lunga in un tempo più breve.

Ci sono trentenni che hanno 500 anni per quanto riguarda il viaggio.

Ci sono novantenni che non hanno mai viaggiato oltre i confini del cortile della scuola elementare. Stanno ancora combattendo quelle antiche, piccole battaglie.

Se vuoi vivere il più a lungo possibile inizia a scrivere o a leggere ogni giorno.

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