
L’abitudine è un’attività a
ciclo chiuso, preconizzabile, monotono; il paradiso della stasi e del non far
niente.
La routine è assenza di
novità, fatica, movimento e gioia.
La routine è l’ombra
lasciata dalla possibilità mancata, una minestra riscaldata. L’abitudine è
l’attività del frustrato, dell’incapace, del deprecante, dell’invidioso. La
routine si veste di nobiltà quando appare necessaria, inevitabile, sensata.
Per fortuna, qualunque abito
che essa veste, col tempo diventa trasparente! La routine è la parvenza del
vivere, vegetare, nascondersi alla fatica di crescere. La routine è la morte
dell’anima che precede quella del corpo.
Se notate i sintomi appena
menzionati, scattate dalla sedia e guardatevi intorno. Vedrete mille
possibilità di agire; ognuna pronta a regalarvi qualcosa di nuovo.
Il nuovo che sperimenterete
porta con sé il timbro del vostro essere, unico in natura, e gusterete
sensazioni che vi attendevano da quando siete nati. Vi erigerete al rango di
esseri viventi pervasi dell’elettricità emozionale.
L’esperienza di un nuovo
atto è di fatto, crescere.
Si diviene, si cambia
continuamente. Si diventa grandi senza invecchiare.
La fatica di un atto nuovo è
paragonabile allo sforzo necessario per spingere un grande sasso dalla cima di
un pendio. Il risultato che si ottiene è incredibile. La foga del sasso
rotolante, nel bene e nel male, è incalcolabile, ma apre scenari attraenti e
coinvolgenti, stracolmi d’imprevedibili nuove opportunità.
Se sei immerso in tanto
piacere, sicuramente non troverai tempo per lamentarti.