venerdì 8 dicembre 2023

Rosy, la bimba adottata

 

Piero e Serena erano fidanzati già da molto tempo. Si attendeva che i due ragazzi avessero un lavoro sicuro e una casa dove abitare per compiere il grande passo del matrimonio.

Quando ormai erano giunti a compiere i trent’anni, si presentarono le condizioni che da tanto tempo avevano inseguito. Fu organizzata la cerimonia della loro unione e dopo una festa all’insegna della gioia, i due giovani iniziarono la loro vita da coniugi. Entrambi desideravano avere subito un figlio e nonostante che si volessero bene e non avessero nessun problema di fertilità, il figlio non arrivava.

Trascorsero alcuni anni quando una malattia colpì gli organi genitali di Serena e cancellò ogni speranza di avere il figlio tanto desiderato.  La donna amava moltissimo suo marito e sapendo di non potergli dare il figlio entrò in uno stato di forte depressione.

Piero cercò in ogni modo di consolare sua moglie, ma non ottenne il risultato cercato. Voleva vederla felice come ai tempi del loro fidanzamento. Ormai, non riusciva più a rubargli un sorriso.

Un giorno decise di proporgli un’adozione. Loro economicamente stavano bene e non ci sarebbe stato nessun problema che avrebbe ostacolato il proposito.

Una sera in cui vide la moglie un po’ meno triste del solito, disse: “Cara, cosa ne pensi se adottassimo una bambina?”

Serena, sentì una freccia trapassargli il cuore, ma non voleva far trasparire questo dolore. Forzando un’apparente indifferenza, rispose: “Non posso oppormi a questo tuo desiderio”.

“Cara, questa è una decisione che dovremmo prendere in due e non soltanto perché sia frutto di un mio desiderio. D’altronde avremmo una compagnia, sapremmo a chi rivolgere tutto il nostro amore. E poi …  (ci fu una pausa) migliorerebbe anche il tuo stato. Ti vedo raramente con il sorriso.”

Serena voleva piangere. Si trattenne con grande sforzo, poi sorrise e disse: “Hai ragione caro. Sarò felice anch’io di misurarmi come mamma.”

“Sono contento che tu sia convinta dell’opportunità di questa nuova avventura. Una bimba in casa ci porterà senz’altro allegria e tante soddisfazioni per farla crescere e prepararle un futuro degno dei suoi genitori adottivi. In fondo, non hanno nessuna importanza le origini biologiche, ciò che conta nel essere genitori è l’amore con cui si educa un figlio.”

In seguito a questo discorso del marito, Serena si sentì un po’ più sollevata moralmente. Mentre la pratica di adozione procedeva lei appariva più viva, più stimolata dalla prospettiva di diventare comunque mamma.

Il grande giorno giunse, Rosy una bimba di due anni, faceva parte integrante della famigliola. Piero e Serena festeggiarono l’evento convocando tutti i parenti e amici in un ricevimento in cui la principessina Rosy fu al centro delle attenzioni di tutti.

Con il tempo Serena dimenticò il suo cruccio … era troppo occupata ad amare la sua piccola. Rosy, crescendo, si rivelò una bimba affettuosissima. Cercava la sua mamma per ogni cosa e non le faceva mancare i suoi baci ad abbracci dopo ogni rientro in casa.

L’amore di Rosy non fu esclusivo per i suoi genitori. Le era stato insegnato che l’amore era un essere dell’anima. Amando i suoi genitori, lei amava tutto il mondo. Si inteneriva per il suo gattino; mostrava attenta e generosa per le amiche che contavano sul suo aiuto; rifletteva sugli altri l’animo buono dei suoi genitori.

Piero e Serena invecchiarono con la luce dell’amore della loro dolce Rosy.

giovedì 7 dicembre 2023

Il cuore di Davide


Davide era un giovane con evidente predisposizione a riflettere sui valori della vita. Amava ascoltare le canzoni romantiche ed era attento alle dolci parole del testo. Si emozionava e lacrimava facilmente guardando film d’amore; ancor di più quando assisteva ad atti teneri.

In una occasione, l’emozione lo scompose fino a creargli imbarazzo. Assisteva a un funerale trasmesso in televisione quando pianse. Il primo piano della ripresa puntò sulla prima fila dei banchi dove sedeva Il padre tra le due sue figlie. Una delle ragazze, appoggiata al braccio del padre, con gli occhi chiusi e le guance rigate dalle lacrime, non si rassegnava alla perdita della propria madre. 

Davide era un romanticone, dava per certo che il mondo fosse buono come lui e quando si scontrava con una realtà diversa, sentiva la frustrazione del vivere.

Chi non lo conosceva lo giudicava debole e fuori dal mondo. Lui si era abituato all’ipocrisia della gente mediocre e per il quieto vivere dava a intendere di non rendersene conto. Si tirava fuori da ogni discussione quando le parole erano accompagnate da urla o egoismi. Anche quando si cercava di offendere, la sua reazione era sempre la stessa: abbandonare la discussione.

L’indole buona di Davide bene si conciliava con il suo stile poetico. Componeva poesie introspettive. Immaginava colloqui con angeli e anime sensibili. Delicato e rispettoso del dolore del prossimo mostrava empatia per i disagiati.

In un episodio, un bimbo ROM, fermo nei pressi di un incrocio stradale regolato da un semaforo, tutto sporco gli allungò la mano chiedendogli l’elemosina. Davide di risposta gli accarezzo la testa. Il bambino con impazienza gli disse: “Voglio soldi, non carezze!”

Davide domandò: “Quanti soldi vuoi?”

Il Ragazzino fu sorpreso dalla domanda e dopo un leggero impaccio, rispose: “Quello che vuoi tu!”

Davide insistette: “Di darò qualcosa soltanto se mi dici esattamente quanto vuoi.”

Il bambino pur di non perdere l’offerta, propose: “Mi bastano anche 50 centesimi.”

Davide, imperturbato, depositò la somma richiesta nella mano del piccolo ROM e domandò ancora: “Perché mi hai chiesto così poco?”

“Perché è difficile che mi diano di più!” continuò il ragazzino “faccio questo lavoro da molto tempo e conosco bene la generosità della gente.”

Davide sorrise. Poi quasi a gioco, disse: “Se tu mi avessi chiesto di più, ti avrei dato di più.”

“Signore, i generosi sono pochi! Pur se molta gente va in giro con belle macchine e sono vestiti per bene, quando chiedo un’offerta, se mi va bene ricevo pochi centesimi, ma nella maggior parte dei casi mi ignorano! Mi guardano e fanno finta di non vedermi … come se non esistessi.”

“Hai ragione piccolo, questa volta, però, sono stato io a sollecitare la tua richiesta.” 

Davide aggiunse due euro alla somma già data e si congedò dicendo: “Ricorda che durante la vita ti verrà dato quello che chiedi. Se chiedi poco, otterrai poco.”

 

mercoledì 6 dicembre 2023

Alcuni quesiti senza risposte

 

Sebbene l’archeologia contemporanea ritiene di poter spiegare in maniera esaustiva il percorso evolutivo e culturale dell’umanità, molti ritrovamenti controversi mettono a dura prova la versione della divulgata , comunemente accettata.An cora una volta, ecco alcune rappresentazioni antiche che sembrano sfidare la cronologia convenzionale della storia umana.

La storia del nostro pianeta è molto più complessa di quanto la maggior parte delle persone sia disposta ad ammettere.
Secondo la versione comunemente accettata della storia, e che viene insegnata nelle scuole superiori e nelle università del mondo occidentale, l’uomo antico era una creatura molto semplice e dalle conoscenze estremamente limitate.
Tuttavia, con buona pace di coloro che promuovono questa versione (difettosa) della storia, gli archeologi continuano a tirare fuori dal suolo oggetti e raffigurazioni che la contraddicono.

La verità è che c’è una quantità enorme di prove che attestano il successo intellettuale del mondo antico, con alcuni manufatti che sono delle vere e proprie meraviglie tecnologiche. 
Certamente è l’antico Egitto ad offrire l’eredità più sconcertante del passato evoluto dell’umanità, e certamente la prima struttura che salta alla mente è la Grande Piramide di Giza.
Si tratta di una struttura così imponente e costruita con una tale precisione che la tecnologia moderna solo ora sta cominciando a ridurre il ritardo con essa. 
Sebbene abbiamo l’illusione che avremmo potuto costruire qualcosa di simile anche oggi, se avessimo voluto, l’uomo moderno non ha mai effettivamente costruito niente di simile. 
Ma la Grande Piramide non è l’unico esempio di tecnologia avanzata che troviamo in Egitto.
Fece scalpore il ritrovamento di alcune incisioni geroglifiche nel tempio egizio di Abydos.
All’occhio dell’uomo di oggi, i geroglifici sembrano descrivere quelli che sembrano aeromobili di epoca moderna. 
La scoperta è stata oggetto di grande polemica tra egittologi e archeologi, i quali non sono sicuri cosa vogliano significare i segni di Abydos. D’altra parte, come avrebbero potuto persone vissute 3 mila anni da rappresentare un velivolo moderno?

Quando la dottoressa Ruth Hover e suo marito intrapresero un viaggio alla volta delle piramidi e dei templi d’Egitto, rimasero scioccati quando notarono i geroglifici nel tempio di Abydos. 
Le strane raffigurazioni erano nascoste da un pannello sovrapposto più recente con altri geroglifici. 
Quando il pannello si sbriciolò, venne fuori lo strato più antico dove era possibile vedere questi strane incisioni.
I nostri occhi scorgono quello che sembra un moderno elicottero, un sottomarino, un alienate e un altro tipo sconosciuto di aeromobile (alcuni ritengono che somigli all’Hinderburg). 
Potrebbe trattarsi di pareidolie, certo! 
Ma se gli antichi egizi non volevano raffigurare velivoli, allora cosa rappresentano le strane incisioni. E, soprattutto, perché erano state occultate da un pannello più recente, e da chi? 
Come spiegare questi enigmi? 
Al momento, pare non essere possibile.
 

martedì 5 dicembre 2023

L'incubo di un assassino

 

In piedi in un corridoio di marmo, mi sono trovato di fronte a una cosa terrificante; era qualcosa di mai visto prima. Non potevo muovermi, non avevo nessuna via d’uscita e i miei piedi improvvisamente sembravano inchiodati. Non riuscivo a liberarmi nonostante il mio fortissimo desiderio di farlo.

Ero congelato e con le spalle contro il muro. I miei occhi si spalancarono dolorosamente e rimasi lì, intrappolato dalla visione davanti a me.

Il rumore di qualcosa o qualcuno che avanzava risuonava dalle pareti del corridoio; echeggiava così intensamente che avrei voluto tapparmi le orecchie con le mani per bloccare la cacofonia, ma non potevo perché ero bloccato.

 “Aaaaaaahhhhhh!” urlò la strana forma.

Mi sembrava un enorme ragno padrone di una ragnatela che si estendeva dal soffitto al pavimento, da una parete all'altra. Occupava quello spazio con una presenza così orribile che ogni pelo della mia pelle e ogni nervo del mio corpo si rizzavano.

L'entità si manifestò in una rete densa di una sostanza appiccicosa simile a colla e si ancorò ai quattro angoli della sala. Come una tela costruita da un ragno frenetico e maniacale, avvolgeva lo spazio intorno a me. Tutto mi faceva credere che io ero la preda intrappolata.

Non ero molto distante dai fili della ragnatela. Pur di non sentirla addosso, ero incollato al muro, immobile e senza scampo. Ero prigioniero psichico di una creatura sconosciuta che sembrava essere così irritabile che non osavo pronunciare una parola o emettere un solo respiro.

All’avvicinarsi del mostro mi trovavo al centro di una tremenda alitosi. Ciò che vedevo al centro della rete era qualcosa di inimmaginabile e così raccapricciante che avrò incubi per il resto della mia vita.

È difficile da credere, ma era così. . . vedevo una faccia! Quella della mia vittima! Un volto di proporzioni gigantesche, la pelle tesa al centro della ragnatela in una smorfia sinistra.

I suoi occhi erano selvaggi, infuriati e roteavano febbrilmente nelle loro orbite spettrali come una persona impazzita dalla tortura. Il volto iniziò a dondolare nella rete mentre lo guardavo, inorridito. Non avevo idea di cosa quell’essere avesse intenzione di fare di me, ma ero sicuro che la mia fine fosse imminente. Mi aspettavo di diventare parte di quella cruda e appiccicosa rete, in balia dell’appetito del mostro.

Mentre urlava con toni bassi e vuoti, il viso cominciò a oscillare verso di me come un pendolo. Si avvicinava di pochi centimetri dopo ogni oscillazione e a ogni volta potevo sentire su me l’odore disgustoso del suo alito. Mi sentivo perduto, attendevo soltanto che le sue zanne si stringessero sulla mia testa, schiacciandomi il cranio, perforandomi il cervello. Rimasi paralizzato, fatta eccezione per i miei nervi che tradivano la mia intensa paura tremando in modo incontrollabile.

Mentre procedeva in avvicinamento, cercavo di evitare il contatto, ma ero già con le spalle al muro. Il suo viso si avvicinava sempre di più al mio. Respiravo l’aria del suo alito: era così disgustosa che non riesco a trovare le giuste parole per darne un’idea. Contorcevo il mio viso per l’orrore dell’odore, ma non andavo oltre a piccole inclinazioni.

Ad un certo punto, il mostro cominciò a parlare. Baritono, roco e rauco risuonavano nel mio cervello.

“ass… ass.. assassino”, diceva.

Abbassai la testa e urlai, terrorizzato: “Cosa vuoi da me??”.

Mi coprii le orecchie, rannicchiandomi per a terra con il desiderio di sparire. Intanto parlava ancora.

“Anima schifosa” ripeteva con tono cavernoso, inquietante e altrettanto sinistro come prima.

Subito dopo sentii l’eco di uno schiaffo sul muro. Disperato, tentai di spostarmi verso la mia destra, illudendomi di poter trovare una uscita.

Il mostro reagì, gridando: “Uuuuaggg”.

Io rabbrividii dalla paura. Quella razione poteva significare la mia fine, poiché perdere la sua preda avrebbe sicuramente portato l’entità alla rabbia.

Poi la faccia riprese a urlarmi alle orecchie: “Hai tolto una mamma a dei bambini! Dannato!” Poi, con gli occhi infuocati, continuò: “Dimmi che cosa hai ottenuto? Sei orgoglioso della tua bestialità?”

Piansi. Non sapevo cosa rispondere. 

La mia mente entrò in una centrifuga di dolore e disperazione. Mi svegliai in soprassalto con il cuore che batteva a mille. 

Il silenzio della mia cella carceraria mi tranquillizzò, convinto che dovevo pagare a caro prezzo il mio spregiudicato comportamento.

 

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