Every night I look into my dreams
trying something special.
I see you,
only you.
No distance, no time,
just feelings.
Yes, I feel you
everytime, everywhere.
Always in myself,
where dreams start and end.
Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre. (Gandhi)
Every night I look into my dreams
trying something special.
I see you,
only you.
No distance, no time,
just feelings.
Yes, I feel you
everytime, everywhere.
Always in myself,
where dreams start and end.
Al termine della vita terrena, il buon Dio chiama a raccolta alcune anime. Ognuna deve raccontargli qualcosa a riguardo dell’esperienza vissuta.
Il Creatore, in perenne dissidio tra la monotonia della perfezione e le approssimazioni della materia, cerca nuovi elementi per rendere perfetto il funzionamento dell’imperfetto.
Subito dopo la morte, le anime attendono di conferire e magari, per lamentarsi di qualche suo insuccesso. Di seguito riporto la testimonianza dopo morte di alcuni esseri ex-viventi:
Anonimo (un bambino morto per aborto procurato): Signore, ho poco da raccontarti. Mi è parso di capire che mi hai mandato in un posto dove ero inopportuno. Sentivo piangere e urlare ancor prima di nascere! Ti giuro, però che non fatto nulla! Ho provato molto dolore prima di venir da Te. Se ho fatto qualcosa di male, ti prego, fammi capire come!
Abdul (bambino africano di 7 anni): Signore, sulla terra ci sono molti cattivi! Hanno violentato e ucciso mia madre. Mio padre, poverino, ora si trova in Italia in un campo di profughi. Non m’importa di come mi hanno lasciato morire di fame e di stenti tra mosche e zanzare, vorrei che soltanto guardassi ai tanti papà e mamme dimenticati da coloro che comprano l’acqua minerale e fanno jogging per dimagrire. Li invidio, perché sono belli, puliti e felici.
Antonio (ex-imprenditore suicida): Scusami Capo, non vedevo via d’uscita. Il governo voleva soldi che non potevo dare. L’amore per la mia famiglia mi ha costretto all’umiliazione fino alla disperazione. Che altro potevo fare? Non sono un filosofo, né un saggio. Non ho avuto nessuno con cui confidarmi. Ho dovuto sempre sbrigarmela da solo, come ho cercato di farlo fino al momento in cui ho deciso di gettarmi dal balcone di casa.
Filippo (morto in carcere): Signore mio, che schifo di vita mi hai
riservato! Nato da una coppia di genitori sbandati e drogati, ho
conosciuto percosse e fame. Per vivere rubavo quello che potevo. Ero
considerato il rifiuto della società e mi hanno messo in un carcere per
riabilitarmi. Assurdo! Come potevo riabilitarmi, vivendo tra coloro che erano
peggiori di me? Come potevo integrarmi tra coloro che senza conoscermi mi
evitavano? Mi dicevano che da morto sarei andato all’infermo. Devi averne di
coraggio per mandarmi lì!
Irene (donna morta, assassinata dal marito): Pesavo di aver sposato l’uomo dei miei sogni. Presto si è rivelato uno violento e arrogante. Ubbidienza e sottomissione non sono bastate! Il mio corpo è lì: con le ossa rotte, gettato nel letto di un fiume secco.
Don Franco (sacerdote, morto per infarto): Signore, qui c’è tanto da fare! Oltre a una gran riserva di fede, servono molti soldi. Già! Laggiù, il denaro fa differenza tra vivere o morire e, se permetti, anche tra essere o non essere buoni cristiani.
Quello che possono fare i cuori generosi, è ben poco; sono gocce che cadono nel deserto che avanza. Serve qualcosa di più incisivo … un po’ come hai fatto un paio di millenni orsono.
Scusami la battuta, ma un secondo tuo figlio, aiuterebbe!
Un maiale (macellato in una catena di montaggio): Impietosi questi uomini!
Mi hanno ucciso di dolore. Vorrei che provassero loro la terribile sofferenza mentre ti sradicano i genitali e ti tranciano la coda dal vivo!
Una gallina (macellata dopo una parentesi di vita trascorsa immobilizzata in una gabbia a fare uova): Amico maiale, sappi che il tuo trattamento non è stato peggiore del mio! Mi hanno segato il becco, sbattuta contro una mole di ferro per potermi tagliare le ali senza che mi muovessi. Non voglio pensare ai piccoli pulcini, fatti cadere vivi in una tritatrice.
Una mucca (macellata per aver esaurito la produzione di latte): Anch’io, purtroppo, avrei molto da criticare i tuoi umani. Prima di morire mi hanno preso a bastonate di ferro, solo dopo l’inferno di dolore, mi hanno sparato alla fronte.
Una rosa appassita: Siamo esseri viventi anche noi, vero? Non si direbbe! Ci coltivano con schifezze di vario genere; ci fanno fiorire in fretta e poi ci lasciano morire lentamente in un vaso di fiori dimenticato.
Il signore, dopo aver ascoltato con tristezza quanto riferito, si rivolge a tutto il gruppo e chiede: "Non c’è nessuno che è stato felice durante la vita terrena?" Qualcuno, timidamente, alza la mano:
Un ricco industriale: Credo di aver ricevuto tutto dalla mia vita. Ho lasciato un impero economico ai miei figli. Peccato che sia durata poco!
Una donna nobile: Sono nata principessa ma nonostante tutto, non sono riuscita a capire che cosa mi mancasse per essere ancora più felice.
Una piccola donna, molto magra, appena distinguibile da lontano, timidamente aggiunge: Signore mio, non ho avuto mai tanto denaro, sono stata una curiosona e sensibile a rapporti tra le persone. Sono stata innamorata della gente umile e affascinata dei sorrisi di gratitudine dei bisognosi e dei deboli. In ognuna di queste occasioni, sono stata veramente felice. Il mio unico cruccio è stato quello di non essere stata sempre capace di trasmettere ai miei fratelli questo mio grande privilegio.
Il Signore interrompe questo consulto e si ritira pensieroso, domandandosi: “Dove posso aver sbagliato? Forse, ho esagerato nel somministrare la parte imperfetta?”
In modo ricorrente capita spesso di chiedersi: “Credo nella vita successiva?"
Porsi il quesito è già una conferma indiretta che ammetta la possibilità di esistenza di un dopo.
Non nascondo l’idea che anche chi non ci crede vorrebbe convincersi, ma non trova nulla a cui aggrapparsi per combattere la paura di mentirsi.
La misura con cui ognuno di noi crede nella vita ultraterrena è determinata dal grado di debolezza interiore.
Per esempio, gli emarginati, gli sconfitti, i desolati, i deboli, sono meglio predisposti a credere, se non altro, per spirito di rivalsa. Inoltre, passando nell’altro mondo sicuramente per loro ci sarebbero vantaggi.
Invece, chi sta bene fisicamente, economicamente, socialmente, vuole prove chiare e scientifiche. Nell’altro mondo, Questi vorrebbero migliorare la già buona attuale condizione di vita. Quindi, crederci rappresenta un investimento rischioso.
Un’altra categoria di scettici sono gli scienziati. Essi sono troppo presi dal rigoroso formalismo del modello logico per divagare in sentieri senza piste e recinzioni.
Ammettere una teoria non partorita da un sapere precostituito ed eventualmente non poterla giustificare, significa non pensare da scienziati.
Anche le persone colte hanno difficoltà a rapportarsi con la vita ultraterrena. Il loro sapere è prova evidente che manchi qualcosa all’intelletto umano che impedisce la conoscenza in materia.
Questo sforzo sovrumano di far contenere tutta l’acqua dell’oceano in una bottiglia, ha contributo alla formazione di tantissime teorie organizzate in correnti di pensiero che hanno tracciato la storia della filosofia.
Il filosofo è colui che come il cane, fiuta la presenza di qualcosa e con giri senza direzioni, procede a tentativi per avvicinarsi al luogo dove poter scavare per trovare.
Insomma, anche il filosofo non ci crede al mondo etereo, ma costruisce intorno ad esso un sentiero condizionante.
Chi ci crede veramente è il romantico, colui che vede, non con la ragione, ma col cuore. Egli non ha bisogno di prove, usa parole prestate dal linguaggio per descrivere ciò che l’anima suggerisce.
Il romantico, come anche il poeta, sposta nuvole, fa sorridere il sole, raccoglie stelle del firmamento in una mano, vede l’arcobaleno come la firma di Dio, vede fiori spuntare nel mare e nel deserto, vede nei cuori con lo strumento più complicato che esiste: “La sensibilità”. Credono nel mondo che non c’è, tutti coloro che hanno un’anima staccata dal mondo vegetale e che sono portatori fortunati dei veri valori umani.
Sì, scusatemi l’arroganza quando affermo i “veri” valori umani.
Escludendo le arti dell’anima, non riesco proprio a convincermi che sia importante mangiare, bere e dormire. Senza di queste attività sicuramente morirebbe il mio corpo, ma senza i veri valori umani avrei preferito nascere come un bel fiore che regala profumo e bellezza al più distratto degli umani.
Chi crede nella magia del mondo dell’anima non ha bisogno di convincere nessuno, sperimenta ogni giorno come far accelerare i battiti del cuore senza correre.
È facile per i duri di cuore non credere al mondo dell’anima.
Loro non si emozionano facilmente; difficilmente piangono, non hanno empatia … sono obbligati dal vuoto interiore a cancellare qualunque dubbio.
Luca era un bambino che amava trascorrere molto tempo fuori di casa, all’aperto tra i campi incolti appena fuori paese.
Il silenzio della natura, complice con la frescura mattutina, era un soliloquio delle piante e dei piccoli animaletti che egli riusciva a scorgere.
Il tepore accogliente di un posto al sole, era la carezza che il buon Dio non gli faceva mancare; era sicuro di essere vegliato.
Seduto su un masso, accuratamente scelto, osservava ogni cosa che potesse bloccare il suo sguardo sempre curioso.
Un giorno, vide una lucertola un po’ più coraggiosa delle altre che gli dava l’impressione di fissarlo o almeno, che lo volesse guardare attentamente.
Non curante del rischio di sporcarsi i calzoni o di macchiarsi il giubbotto del verde-terreno, si stesi pancia sotto davanti al nascondiglio della lucertola. Immediatamente l’amica scomparve. Deluso, rimase lì per terra ancor un po’, osservando a pochi centimetri dai suoi occhi la vita frenetica di un gruppo di formiche.
Non passò molto tempo, perché si rese conto che la piccola lucertola era riemersa fuori dalla tana e con una sequenza di movimenti a scatti della testa, perlustrava il territorio circostante. Mantenne il fiato sospeso e cercò di rimanere immobile; non voleva spaventarla nuovamente. Nonostante tutta l’apprensione per rendersi invisibile, dopo pochi attimi l’animaletto, allarmato dal suono del suo respiro, si rigirò per nascondersi definitamente nella tana.
Luca, disteso sul manto erboso, allineò la testa con superficie del prato. Quel mondo piccolo, visto dalla sua altezza, allora gli sembrava una prateria di curvi fili d’erba. Gli alberi si erigevano al cielo come giganti dotati di mille braccia con le mani perse tra chiome di foglie. E il cielo si mostrava lontanissimo fino a ricordargli l’infinito. Assisteva allo spettacolo della natura. Quel mondo, che pur essendo fuori di sé, sentiva di averlo dentro. Lo ammirava come estensione di sé stesso e facendone parte, sentiva tutto l’orgoglio del creato.
Luca è diventato adulto ma il suo cuore è rimasto bambino.