lunedì 30 ottobre 2023

Resta pensante

 

 
«Sto morendo, ma non potrei essere più impegnato a vivere». 
Così aveva scritto, nella sua ultima mail. 

E così l'ho trovato, quando sono andata a salutarlo per l'ultima volta nella sua casa di Thompson, nel Connecticut, pochi giorni prima che morisse: il fantasma di se stesso, ma incredibilmente vitale; il corpo fisico ridotto al minimo, quasi mummificato, tutto testa, pura volontà pensante.

Restare pensante era la sua scommessa, la sua sfida. 

Per questo aveva ridotto al minimo la morfina, a prezzo di un'atroce sofferenza sopportata con quella che gli antichi stoici chiamavano apatheia: un apparente distacco dalla paura e dal dolore che traduceva in realtà un calarsi più profondo in quelle emozioni. 
L'unica cosa che contava era analizzare istante dopo istante se stesso e quindi la morte come atto oltre che nella sua essenza. 
Se Steve Jobs, morendo, ha lasciato detto «stay hungry, stay foolish», l'ultimo insegnamento di James Hillman può riassumersi così: «Resta pensante» fino all'ultima soglia dell'essere.

Il tempo qui sembra fermo, le lancette puntate sull'essenza ultima.

«Oh, sì. Morire è l'essenza della vita».

Com'è morire?

«Uno svuotamento. Si comincia svuotandosi. 
Ma, si potrebbe chiedere, che cos'è o dov'è il vuoto? 
Il vuoto è nella perdita. 
E che cosa si perde? 
Io non ho “perso” nel senso comune di “perdere”. 
Non c'è perdita in quel senso. C'è la fine dell'ambizione. 
La fine di ciò che si chiede a se stessi. E' molto importante. 
Non si chiede più niente a se stessi. 
Si comincia a svuotarsi degli obblighi e dei vincoli, delle necessità che si pensavano importanti. 
E quando queste cose cominciano a sparire, resta un'enorme quantità di tempo. 

E poi scivola via anche il tempo. 
E si vive senza tempo. 
 
Che ore sono? Le nove e mezza. 
Di mattina o di sera? Non lo so».

Amici per necessità


 

Nel mondo che nessuno conosce esiste solo energia. Essa, per non so quanti miliardi di anni, si è sempre spostata da una forma a un’altra, cercando forse il sistema migliore per qualificarsi a livelli evolutivi superiori. 
La fantasia delle trasformazioni doveva essere molto lacunosa vista la modesta gamma di soluzioni individuate. Insomma, la nostra energia poteva liberamente oscillare tra estremi di densità, che si sono rivelati a noi, umili e insignificanti terrestri, come universo.
Dopo infiniti tentativi di combinazioni sperimentate, l’energia ha trovato modo di esprimersi negli esseri viventi. 
Non è stata tanto compattata da apparire inerte, né tanto rarefatta, per essere sfuggente. Questa combinazione si è rivelata sorprendente perché come il cerchio di Saturno, si manifesta intimamente legata alla materia e contemporaneamente da essa staccata.
Un vero alone di mistero!
È una meraviglia come un corpo e un’anima si siano miscelati così bene. Entrambi sono legati, entrambi esistono perché coesistono. Sembrano fatti apposta uno per l’altro, fino a che Dio non li separi. Deteriorabile, limitato, stupido, opportunista, materialista ed egoista, è il corpo; eterno, infinito, sensibile, emotivo e dolce, è l’anima.
Il sodalizio ha avuto grande successo perché, successivamente, è subentrato un fattore ibrido che continua ancora ora a essere l’arbitro della gara intrapresa dal corpo e anima.
La miscela corpo-anima si è rivelata come umanità, per cui ogni sua caratterizzazione è derivata dall’ereditarietà delle proprietà dei suoi elementi costitutivi.

Il legame corpo-anima è determinato, quindi, dal definito gradiente di densità di energia. Un valore troppo alto di questo gradiente, ammutolisce l’anima fino a farla scomparire nelle masse inerti; mentre un valore basso, conduce alla nobiltà dello spirito, all’idea di una vita staccata dal proprio corpo. 

Un’anima fortemente sensibile è quella che riesce a uscire, sebbene momentaneamente, dal proprio corpo, per entrare in aree di pertinenza di altre anime dove come vecchi amici ricordano le loro origini.

Per esempio, l’intrinseco desiderio di comunione degli uomini deriva dal desiderio dell’anima di sfuggire dal proprio corpo per ritrovare la propria dimensione nel confronto con altre anime.
Il corpo in tutto questo trambusto è un testimone passivo, portatore degli effetti indotti dall’anima. Poveretto! A volte è costretto a generare sudore quando fa freddo, ad accelerare i battiti del cuore quando si dorme, a far piangere senza dolore, a tremare senza paura.
L’anima e il corpo, in alcuni casi si comportano come due ragazzini capricciosi che si fanno dispetti.
L’anima tratta il corpo come il fratello stupido, lo costringe ad attività a lui estranee, a volte lo conduce fino all’esasperazione. Il corpo, con memoria vendicativa, acceca l’anima quando le sue funzioni vegetative sono compromesse.
Per questo motivo, l’anima è quasi assente nella giovinezza e molto cauta nella vecchiaia. 

La mancanza di coordinamento tra anima e corpo produce la malattia. Diamo al corpo ciò di cui ha bisogno: stimoli per auto-sostenersi. 
Diamo all’anima ciò di cui ha bisogno: stimoli per auto-compiacersi.
Indovinando i gusti del corpo e dell’anima non vinceremo la morte, ma ci arriveremo con grande dignità.

Un curioso esperimento

 

 
Uno psicologo, Skinner, condusse uno strano esperimento.

Mise un piccione in una gabbia e ogni 15 secondi lasciava cadere palline di cibo all’interno della gabbia. L'uccello perse il controllo del suo stato emotivo. Indipendentemente da quello che l’uccello faceva, Skinner continuò a far cadere le palline di cibo con lo stesso ritmo. Dopo pochi minuti l'uccello sembrava impazzito.
Ballava e si muoveva come un ubriaco. Perché?
Beh ... il piccione aveva sviluppato un rituale.

Skinner teorizzò che il piccione ricordava quali azioni avesse fatto poco prima dell’inizio della caduta di cibo ... e le ripeteva in sequenza. Il piccione credeva che la sua danza fosse la causa della pioggia di cibo in gabbia.
Direste: che uccello sciocco. 
In realtà, anche noi umani siamo così!
Spesso ci comportiamo credendo di muoverci in un rituale di auspicio, sollevando la razionalità da un compito che per sfiducia riteniamo inopportuno affidarle.  
 

domenica 29 ottobre 2023

Quando senti di voler ricominciare


Quando ci accorgiamo che stiamo procedendo male o almeno non secondo le nostre aspettative, è spontaneo fermarsi e ricominciare di nuovo. Si é perso tempo nel capire di avere preso la direzione sbagliata! Abbiamo valutato male o le informazioni necessarie per decidere erano approssimate. La catena delle decisioni assunte ha prodotto un mostro.

In un mare di incertezze una scelta sembra ferma: Ricominciare! 

Ricominciare significa “tornare all’inizio del percorso”, cambiare i criteri e le priorità per decidere.
Ricominciare non è facile per tutti. Il processo di fossilizzazione ci insegue togliendoci memoria del passato. 

Il metabolismo biologico (invecchiamento) ci irrigidisce inquinando e rallentando le decisioni. Il processo di comunicazione si sviluppa su canali che subiscono la crittografia del tempo che passa (non ci si capisce più). Tutto sembra congiurare contro l’idea di ricominciare.
I segnali che ci chiedono di ricominciare sono forti e chiari, come quelli forniti a un automobilista che vuol ripartire col freno a mano tirato. 
Abbiamo molti esempi di coloro che, immersi fino al collo nelle sabbie mobili e con l’unico braccio libero per avvinghiarsi a qualunque cosa, gridano forsennatamente aiuto.
Vi siete chiesti perché molti sono intrattabili e inspiegabilmente cattivi?
Vi siete chiesti perché un barbone sporca ovunque?
Vi siete chiesti perché un insegnante che va in pensione, ammonisce i colleghi a misurare il proprio successo sul più somaro della sua classe?
Vi siete chiesti perché Madre Teresa di Calcutta abbracciava amorevolmente una deforme, maleodorante creatura?

La risposta è sempre la stessa: “Il mondo interiore protesta e chiede di ricominciare”. 


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