lunedì 11 settembre 2023

DECILOOK (unità di misura)


 

Mi presento come inventore del DECILOOK (DBL).


Non temete, l'oggetto da me inventato non è pericoloso e né il suo nome lo troverete nel vocabolario di inglese.

Si tratta di una particolare unità di misura.

La parola deriva dall’unione di DECIBEL e LOOK.

I fisici, matematici, elettronici sanno che cosa è il DECIBEL; per gli altri mi assumo la responsabilità di spiegarlo a parole tenere.

Qualunque segnale che diffondiamo, indipendentemente dal suo tipo (voce, azione, pensiero, ecc), è costretto ad essere interpretato del destinatario.

Chi riceve il segnale, per qualsiasi motivo, non è quasi mai nelle condizioni ideali per riceverlo correttamente.

Disturbi di vario genere intervengono per abbattere il tono e il significato.

Alcuni esempi di corruttori del messaggio sono: scarsa attenzione, rumori di fondo, preconcetti, diffidenza, precauzioni, condizionamenti vari.

Il DECIBEL, quindi, misura il rapporto tra il valore del segnale inteso dal trasmettitore e il valore del rumore che lo deprime. 

Ovviamente, più alto è il rumore maggiormente risulta trasfigurato il significato associato al messaggio. 

Se poi, la qualità del messaggio è già scadente nel momento della sua diffusione, figuriamoci che cosa potrebbe giungere ai destinatari.

Inoltre, la scarsa capacità dell’essere umano di mantenere la concentrazione nel momento dell’interpretazione del messaggio, impone una misura su scala logaritmica.

In parole semplici, la variazione dell’attenzione subisce variazioni a volte lentissime a volte brusche.

La seconda parte del mio termine coincide con il verbo “to LOOK at”, che significa “GUARDARE a”; intendendo con questo di riferirmi all’idea di dedicarsi con attenzione all’acquisizione del messaggio.  

Perché ho deciso di usare il verbo guardare?

Semplicemente perché io non riesco a concentrarmi se non guardo negli occhi chi vorrebbe comunicarmi qualcosa di importante.

In questa ottica, la mia unità di misura è fantastica perché mi permette continuamente di verificare quanto io sia utile e importante per chi mi ascolta.

Riportando il tutto su una scala da 1 a 10, nei rapporti giornalieri solitamente misuriamo 3/4 DBL con conoscenti, si arriva ai 4/5 con gli amici, mentre con le persone che vogliamo bene si arriva a 7/8.

Si sfiora il 9 per i casi speciali. 

Il 10 è riservato ai casi teorici.

Voi, che indice pensate di misurare?
 

domenica 10 settembre 2023

Tendete a servire o a essere serviti?


Un SERVER è un computer a disposizione di tutto il suo popolo dei CLIENT, sempre pronto a soddisfare ogni richiesta per cui è stato predisposto. Esso fornisce informazioni su richiesta, comunicandole in modo rigidamente formalizzato. 

In pratica un server permette ad un client (il vostro browser: Google Chrome, Firefox, Safari, Opera o altro) di collegarsi mediante la porta virtuale e di richiedere informazioni seguendo una precisa disciplina.
 
Immaginate un funzionario presente all'interno di un ufficio aperto al pubblico. Immaginate anche che questo funzionario sia espertissimo, solerte, democratico, ma rigido nelle applicare le regole e completamente ottuso a ciò che non conosce. ... questo è un SERVER. Se voi avete bisogno di comunicare con quel funzionario, dovete rispettare le sue regole e i suoi tempi ... altrimenti non vi capisce e vi manda al diavolo!

Nella vita quotidiana anche noi umani ci alterniamo nei ruoli di client e server.
Nel mondo dei computer questo modo di fare permette loro di comunicare con disciplina e di utilizzare al meglio le loro risorse.

Le macchine non si stancano, non vanno sotto stress; attendono soltanto che l'usura completi il ciclo di vita.

Per gli umani, esistono le strutture delle relazioni interpersonali, complicate al massimo, che rendono instabile, incerta, precaria, la funzione di ogni singolo individuo nella rete mondiale formata da oltre sette miliardi di host.   

Per gli amanti della lingua inglese (come me), ecco lo stesso argomento spiegato tecnicamente in inglese:


Client/server describes the relationship between two computer programs in which one program, the client, makes a service request from another program, the server, which fulfills the request. Although the client/server idea can be used by programs within a single computer, it is a more important idea in a network. In a network, the client/server model provides a convenient way to interconnect programs that are distributed efficiently across different locations. 

Computer transactions using the client/server model are very common. For example, to check your bank account from your computer, a client program in your computer forwards your request to a server program at the bank. That program may in turn forward the request to its own client program that sends a request to a database server at another bank computer to retrieve your account balance. 

The balance is returned back to the bank data client, which in turn serves it back to the client in your personal computer, which displays the information for you.
The client/server model has become one of the central ideas of network computing. Most business applications being written today use the client/server model. So does the Internet's main program, TCP/IP.

In marketing, the term has been used to distinguish distributed computing by smaller dispersed computers from the "monolithic" centralized computing of mainframe computers. But this distinction has largely disappeared as mainframes and their applications have also turned to the client/server model and become part of network computing. 

In the usual client/server model, one server, sometimes called a daemon is activated and awaits client requests. Typically, multiple client programs share the services of a common server program. Both client programs and server programs are often part of a larger program or application. Relative to the Internet, your Web browser is a client program that requests services (the sending of Web pages or files) from a Web server (which technically is called a Hypertext Transport Protocol or HTTP server) in another computer somewhere on the Internet. 

Similarly, your computer with TCP/IP installed allows you to make client requests for files from File Transfer Protocol (FTP) servers in other computers on the Internet.
Other program relationship models included master/slave, with one program being in charge of all other programs, and peer-to-peer, with either of two programs able to initiate a transaction.





venerdì 8 settembre 2023

Parole ingannatrici

 

 

Lascio parole alle mie spalle

Sempre amiche ma mai sincere.

Ho costruito me stesso con quelle poche che mi sono entrate.

Tutte le altre sono state sirene ammaliatrici 

per un futuro sempre spostato in avanti.

 

Ora non ingannano più.

È tempo del riposo.

È tempo di sistemarle tra i ricordi e risentirle profumate di ingenuità.

 

Spenderò ancora parole ma nel silenzio dell'anima 

dove sarò certo che nessuno le ascolti.

 

giovedì 7 settembre 2023

ETT e logica del non-senso strutturato.


 

LUIGI: L’amicizia è un valore di cui si discute troppo ma non si coglie la reale ricaduta sulla vita pratica; si filosofeggia, si tengono sermoni e si prodigano consigli e dopo non c’è altro. La vita continua tra egoismi e necessità.  Si spera nel futuro senza scadenze per rinverdire il concetto di amicizia e intanto, prende peso la famosa frase “Chi trova un amico, trova un tesoro”.


ETT: Credo che tu voglia parlarmi di qualcosa che ha toccato la tua sensibilità.

LUIGI: Hai indovinato!

ETT: Beh, sfogati.  Ti ascolterò silenziosamente.

LUIGI: Per noi umani l’amicizia è come un miraggio. Tutti ne parlano, tutti dicono che è possibile afferrarla e contemporaneamente nei loro discorsi ci sono dei “ma” e abbondano frasi ipotetiche. Non sarebbe meglio tacere e osservare un cane che cammina accanto al suo padrone per capire quello che è impossibile trovare tra gli umani?
Ho sempre desiderato avere un amico con la “A” maiuscola. Nello stesso tempo ho pensato che questo mio desiderio debba essere molto comune.  Allora, perché i veri amici sono introvabili? La mia immaginazione mi ha fornito una possibile risposta. E’ probabile che tutti cerchiamo la stessa cosa con uno strumento diverso e con una tempistica dissimile.
Prova a ricostruire una scena dove milioni di persone si muovono disordinatamente, tenendo tra le due dita della mano sinistra un ago e tra le dita della mano destra un filo. 
Ognuna di loro cerca di infilare il proprio filo nella cruna dell’ago di un altro e contemporaneamente cerca di tener fermo il proprio ago così da permettere all’altro di infilare il suo filo.

ETT: Una situazione buffa.

LUIGI: Esattamente, così!  Noi umani siamo buffi. Ci creiamo aspettative che hanno poca probabilità di concretizzarsi. Sarebbe come attendersi che un fiume smetta di scorrere verso il mare soltanto perché vogliamo che esso si comporti come desideriamo. 
Oppure, sperare che la pietra si fermi dopo averla lanciata, soltanto perché abbiamo cambiato idea.   

ETT: Situazioni decisamente inverosimili.

LUIGI: Noi umani siamo così! Il fatto più comico discende dalle reazioni che manifestiamo.

ETT: Cioè?

LUIGI: Delusione, recriminazione e sofferenza! Tu potresti considerarci irrazionali.

ETT: Non ti preoccupare del mio giudizio. 

Ormai le vostre stranezze le considero parte del vostro essere e quindi rientranti nella logica del non-senso strutturato. 
 

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