venerdì 13 novembre 2015

La burla di essere giudiziosi


 
Il pregiudizio sembrerebbe venire prima del giudizio.
Sarebbe un’anticipazione del giudizio.
In realtà, esso è un giudizio ricavato nel passato con le informazioni di oggi.

Supponete di conoscere una nuova persona.
Nessun giudizio è possibile formulare prima di iniziare la relazione.
In seguito, la persona vi delude.

Se qualcuno volesse ora il vostro giudizio su quella persona, ovviamente sarebbe negativo.
Se invece, vi fosse chiesto di raccontare le prime impressioni relative all’inizio della relazione, quale sarebbe il vostro giudizio? 
Come dipingereste quella persona? 
Con quale tono e sentimento si svilupperebbe il vostro racconto?
Non potreste mai dire che allora non avevate nessun elemento per giudicare, tantomeno mostrereste entusiasmo e piacere di parlarne.
Vi inventereste sensazioni e presentimenti negativi tali da giustificare ciò che sapete soltanto ora!

Tutto questo è falso! 
Questo è il pregiudizio!

Con il pregiudizio si inventano motivazioni e si tessono storie fantasiose con il senno del dopo!
Il pregiudizio non va tanto per il sottile.
Per scatenarsi non ha bisogno dell’esperienza diretta, gli basta anche quella “sentita” da altre fonti.
 

giovedì 12 novembre 2015

Siamo bugiardi per natura




Mentire è una attività che il nostro cervello regolarmente conduce.
Inconsapevolmente siamo mentitori professionisti per natura.
Questa è una caratteristica del nostro cervello ed è connaturata con il suo modo di lavorare.
Qualsiasi elaborazione che esso esegue, avviene revisionando un passato in cui cercare una esperienza simile e dalla quale “copiare” il metodo e la soluzione.

Il grado della genuinità della risposta individuata, è determinato dal volume del bagaglio delle conoscenze riferite ai soggetti di elaborazione.

L’insieme delle nozioni e delle relazioni tra di esse, sperimentate in passato, si veste con il nome di cultura.

In mancanza di una esperienza mirata, il cervello sfrutta le sensazioni di bello o brutto, di buono o cattivo, che giungono dal reparto sensoriale.

La giustificazione alla risposta menzoniera che la mente cosciente offre non riguarderà mai la vera fonte del pensiero ma una improvvisata sceneggiatura verosimile mascherata da opinione.
 

venerdì 23 ottobre 2015

Colloquio???

 
Vi è capitato di partecipare a un colloquio passivo?

Forse è una delle forme di colloqui più usuali.

Nel colloquio passivo si parla di se stessi continuamente. 

L’unica variazione che si nota, sta nello scambio dei ruoli tra chi ascolta (in pausa meditativa) e chi parla (in sindrome di egocentrismo).

Lo scambio avviene spesso sfruttando le pause accidentali o le difficoltà espositive di chi detiene il testimone del colloquio. 

Spesso, lo scambio è difficoltoso. Ci sono dei momenti in cui il ruolo di “parlatore” è duplicato. 

Vince (continuando a parlare) chi riesce ad assumere un tono di voce più alto e deciso. 

Sono commoventi i momenti in cui la voce perdente continua nei suoi tentativi di imporsi.

Alla fine del colloquio i duellanti si allontanano chiedendosi: 
“Ma di che cosa abbiamo parlato?”.

È stata un’inutile perdita di tempo che ha lasciato come effetti positivi lo sfogo verbale e una decisa voglia di bere (specialmente in estate!).

Il colloquio dovrebbe essere un momento magico in cui due esperienze diverse s’incontrano e colgono l’opportunità di arricchirsi e deliziarsi della vita.

L’elettronica dà un meraviglioso esempio. 

Due punti a potenziale diverso non vedono l’ora che un filo di rame possa connetterli.

Se dovesse succedere, si scatenerebbe una corsa di elettroni, forsennata. 

Tutti correrebbero verso i fratelli protoni, pronti a unirsi a loro per riversare e ricevere la quantità di carica di cui hanno fortemente bisogno. 

La loro corsa è tanto più forte, quanto più alta è la differenza di tensione che esiste tra di loro. 

È facile intuire che se uno dei due è una fonte inesauribile di energia, il traffico di elettroni continuerà in modo indefinito. Diciamo che tra i due punti c’è corrente continua!

Un colloquio interessante si sviluppa tra persone che possono dare qualcosa in termini d’idee, poiché entrambe si arricchiscono dell’esperienza dell’altro.

Ognuno è capace di tirar fuori il meglio dell’altro.

L’interesse e l’attenzione sono elementi sempre presenti nel colloquio.

La fine del colloquio porta la consapevolezza di aver trascorso un “bel” tempo.

I due si lasciano con una stima reciproca accresciuta.

La voglia di bere verrà per brindare alla bellezza della vita!

giovedì 15 ottobre 2015

Un insolito colloquio

 

Mi è capitato di vivere un’esperienza particolare. 

Un giorno, mentre impazzava un forte temporale, rimasi incantato o meglio, ammaliato dalla potenza della natura. 

Gli assordanti tuoni, le accecanti fotografie dei lampi e lo zufolare dei venti che insistentemente facevano vibrare porte e finestre, creavano un clima esoterico dal quale ricavavo un inspiegabile piacere al pensare. 

L’agitazione dei miei famigliari costituiva un contorno complementare alla furia della natura.

La mia attenzione si concentrava su piccoli eventi insignificanti nel quadro scenografico i quali diventavano attivi catalizzatori di profonde riflessioni.

Più fonti di pensiero mi stimolavano a una controversia interna, nata dall’osservazione attraverso la finestra di un rametto d’albero sbattuto ripetutamente contro un cartello pubblicitario dalla furia del temporale.

Di seguito riporto il contenuto di questo inusitato colloquio.

Saggio: Il rametto sbatte contro l’ostacolo e non ha coscienza di sé, ma se l’avesse, sarebbe convinto del suo ruolo nella natura?

Necessità: Forse si! Comunque se ne farebbe una ragione.

Pessimista: Qualunque ragione che si darebbe, sarebbe triste! Avrebbe la consapevolezza di essere nato senza il suo permesso e costretto a vivere in quella posizione solo per il piacere dell’albero.

Necessità: Sarebbe una brutta ma unica possibilità per esistere. Vivendo può avere vista meravigliosa che l’albero gli offre insieme al cibo.

Saggio: Potremmo pensare che la storia del rametto abbia fatto in modo che una qualunque giustificazione, acquisita per esperienza e osservazione della natura, si sia poi trasformata in una convinzione così radicata da inibire la critica alla sua stessa esistenza.

Pessimista: Scusami Saggio, vorresti dirmi che il rametto potrebbe crearsi un’illusione che gli consentirebbe di accettare il suo stato e ruolo nella natura?

Saggio: Si! Almeno per le questioni più dolorose e sarebbe convinto pure di essere libero di oscillare o di poter predeterminare il tipo e l’intensità dell’oscillazione. In altre parole, potrebbe godere di una libertà fatta a sua misura.

Necessità: Dipenderebbe dal rametto, quindi,  come intendere la vita: inferno o paradiso? Stando attaccato all’albero non avrebbe altre scelte e sarebbe oltre che stupido anche inutile trascorrere la vita lamentandosi.

Pessimista: Bel premio date a chi vorrebbe elevare se stesso a padrone della natura e nobilitare il suo ruolo; gli chiedete di prendersi in giro da solo! 

A questo punto sarebbe meglio togliergli la consapevolezza di esistere e lasciare la questione all’albero.

Necessità: Pessimista, tu commetti l’errore di far ragionare il rametto con i tuoi riferimenti. Non sarebbe un gran male per il rametto stesso, se le sue percezioni rispondessero alle condizioni e funzioni per cui è nato come parte dell’albero. 
 Il nostro rametto deve essere felice di esserlo anche rinunziando a certe libertà che non gli competono e che solo tu puoi vedere dall’esterno. Dovrebbe bastagli sapere di far parte di un disegno più grande al quale non gli si chiede di essere d’accordo né tanto meno di capirlo.

Saggio: Ben detto Necessità! Tutto ciò che il rametto potrebbe conoscere deve necessariamente passare attraverso i suoi sistemi sensoriali i quali diventerebbero i principali responsabili delle sue convinzioni interne. Quest’ultime tracciano il percorso di vita interiore del rametto e, di conseguenza, selezionano le risposte agli stimoli esterni.
Riflettete su questo particolare: una convinzione profonda può evitare di farci ragionare?

Pessimista: Certo! Ci permetterebbe di agire con sicurezza e disinvoltura, essendo sicuri di non sbagliare.

Necessità: Attenzione, la motivazione su cui si basa la convinzione potrebbe essere errata!

Saggio: È vero, ma è vero anche che la persona convinta non è in grado di saperlo subito. Perciò, quando si agisce convinti, nel momento in cui opera, non si è libero; si è imprigionati dalla sua stessa convinzione.

Necessità: Il rametto, quindi, non ha nessuna responsabilità delle sue azioni. Se sceglie di agire in un modo, non lo fa perché vuol sbagliare, semplicemente perché la sua convinzione lo costringe.

Pessimista: La persuasione, dunque, è pericolosa!

Necessità: In ogni caso senza convinzioni non si potrebbe vivere; non sceglieremmo in modo razionale, saremmo sempre esitanti e infine, passeremmo dalla schiavitù della convinzione all’immobilismo del dubbio.

Pessimista: L’assenza della convinzione sospende il giudizio ed elimina quegli automatismi mentali che ci rendono decisi e dinamici; perderla è anche un bel guaio!

Saggio: Le vostre obiezioni sono tutte da accogliere, per cui la natura si è inventata un sistema a “timer” che ha inglobato nella convinzione. Il dispositivo agisce come un debole, lento e costante demolitore delle ragioni sostenitrici della convinzione. Con il passar del tempo le convinzioni del momento s’indeboliscono e cadono per far posto ad altre, offrendo così alla consapevolezza, l’opportunità di occupare maggior spazio nella conoscenza dell’individuo.

Romantico: Vi siete dimenticati del rametto? Chissà se, perso nelle sue convinzioni, sia capace di guardare i fiori che gli nasceranno come meravigliosi doni della natura. Le sue convinzioni gli permetteranno di agitarsi dolcemente nell’aria diffondendo polline, richiamando uccelli per fornir sostegno ai loro nidi, e infine, se mostrerà serena accettazione alla scure potatrice che il contadino non mancherà di usare.

Saggio: Il gigantesco meccanismo, la ruota dell’universo, tutto ha previsto e su tutto ha riposto attenzione; non mi stupirei se avesse previsto di usare la convinzione come strumento d’oblio momentaneo nel cercare una risposta al motivo dell’esistenza.

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