 |
Luciano De Crescenzo (1928-2019)
|
“Io penso che Napoli
sia ancora l’ultima speranza che ha l’umiltà per sopravvivere”.
È la frase di Luciano De Crescenzo riportata per inciso sul
murale nei Quartieri Spagnoli di Napoli, precisamente all’angolo tra vico Tre
Regine e via Emanuele De Deo. Il murale raffigura il volto sorridente di Luciano
De Crescenzo in bianco e nero.
Chi era Luciano De Crescenzo?
Luciano De Crescenzo è stato un Ingegnere della IBM,
appassionato divulgatore della Storia della filosofia greca e medievale: un po'
meno di quella contemporanea. Nato a Napoli, nel quartiere Santa Lucia nel
1928, è morto a Roma nel 2019 a causa di una polmonite. I suoi manoscritti rappresentano la vivida testimonianza
di come si posso unire, giocosamente per così dire, il rigore scientifico della
filosofia con l’ironia napoletana: E pare che i napoletani siano molto bravi in
questo.
Questo sano umorismo affonda le radici nella storia delle
tradizioni di Napoli: basti pensare alla commedia dell’arte, con personaggi
come Pulcinella, noto per la sua capacità di sdrammatizzare le difficoltà della
vita attraverso la satira e l’ironia; satira e ironia come strumenti essenziali
per sopportare la vita. Dopo la maturità classica, De Crescenzo si iscrive alla
facoltà di ingegneria presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II,
secondo il volere dei genitori.
Dopo la laurea non trova lavoro; si arrangia facendo piccoli
lavoretti. Sui trent’anni viene contattato dalla IBM; qui ci lavora per molti
anni sino a ricoprire la carica dirigenziale. Sulla soglia dei cinquant’anni,
capisce che nella sua vita qualcosa non è andato per il verso giusto e che quello
che faceva non era addirittura il suo mondo. Dunque lascia tutto per dedicarsi a
tempo pieno alla scrittura e alla divulgazione.
Il suo primo libro, Così
parlò Bellavista, pubblicato nel 1977 divenne un vero e proprio caso
editoriale. Il libro unisce aneddoti di vita, filosofia quotidiana,
napoletanità, in modo leggero e profondo allo stesso tempo. Egli è riuscito, a
mio avviso, in una impresa rarissima: far parlare Socrate, Platone, Plotino, e
altri dinosauri del pensiero Occidentale con simpatia e leggerezza. Il suo modo
di scrivere è accessibile a tutti.
La sua forza era nel linguaggio: semplice, mai banale, mai
pretenzioso. Parlava alla gente come se avesse davanti a sé un amico di vecchia
data al quale racconta storie al bar: sempre con un tocco di eleganza filosofica!
In altre parole, si può ben dire che De Crescenzo costituisce
la sintesi hegeliana tra la cultura alta e quella popolare, capace di mostrare
a chiunque quanto fosse “filosofica” Napoli. Infatti, De Crescenzo è convinto
che la sua Napoli era più di una città: era addirittura un “modo” di pensare.
Un luogo dove ironia, umanità e spirito di adattamento diventano una forma di
saggezza. È da qui che nasce la frase riportata in apertura di questo
saggio. Va detto oltretutto, che anche da
ingegnere, egli non ha mai separato la logica dal cuore. Vedeva l’uomo come un
individuo complesso che ha bisogno tanto della ragione quanto del sentimento,
della poesia, dell’ironia.
L’ironia non è solo “fare una battuta”, è un modo di pensare
la vita con intelligenza con sorriso sulle labbra. Così ha fatto Luciano De
Crescenzo: ha costruito mediante l’ironia un ponte verso la creatività; quella
creatività pungente, sì, ma è anche una forma di amore.
Una creatività
razionale quanto giocosa utile per alleggerire, a volte per “smontare”, per
de-costruire le cose troppo serie della vita e per ri-creare un nuovo
entusiasmo tra le persone, specie tra le nuove generazioni.
De Crescenzo diceva che il napoletano è un filosofo naturale,
anche a digiuno di Platone o di Aristotele: la sua ironia è sempre impregnata
di saggezza popolare: ti fa ridere, sorridere e ti fa anche pensare. Una filosofia
che esiste non solo sui manuali, ma anche nei vicoli delle città; nel modo in
cui la gente parla, sparla, osserva, si prende in giro e affronta i drammi
della vita.
di Fabio Squeo