mercoledì 12 giugno 2024

La mente come soggetto che si sente qualcosa

 

Opera pittorica di Silvia Senna

 

Qual è la differenza tra te e il tuo corpo? La risposta è che tu sei l'essere del tuo corpo. Tu sei l'aspetto soggettivo del tuo corpo. Tu sei ciò che si prova a essere il tuo corpo dall'interno, anziché guardarlo, osservarlo, dall'esterno come un oggetto. 

La mente non è un oggetto. È un soggetto. Ma il fatto che abbiamo anche una prospettiva oggettiva sulla mente, che abbiamo anche un organo della mente, a cui il corpo è correlato, ci offre opportunità per comprendere meglio cosa intendiamo per "essere" del tuo corpo.

Tutto ha un aspetto soggettivo, ma non tutto ha una mente. Guardare la tua mente da un punto di vista esterno, l'organo corporeo della mente, ci dà l'opportunità di discernere quali aspetti della cosa che sei, sono necessari per far sì che tu senta qualcosa.

Quindi la mente non è solo un soggetto. È un soggetto che si sente come qualcosa.

Fissando un dipinto, tu usi la mente per essere te stesso, ne fai soggetto per sentire l’oggetto in te che si inserisce nel tuo schema cognitivo attraverso cui dai una risposta esterna in forma ti emotività.

 

Un cucciolo sfortunato

 

 

Roberto era un bellissimo giovane con un cuore grande. Amava gli animali nel modo più tenero immaginabile. Egli si rese protagonista di una storia commovente; ha adottato consapevolmente un cane a cui restavano solo poche settimane di vita, dopo che l'animale malato era già stato rifiutato da altre quattro famiglie.

Il cane, ancora cucciolo, aveva un tumore canceroso che gli cresceva sulla testa. Lo stato avanzato della malattia gli aveva cancellato quasi tutta la parte sinistra, compreso l’occhio. Immaginate come poteva tristemente apparire agli occhi della gente!

Il dolce cucciolo era stato tristemente abbandonato dalla famiglia che lo aveva visto nascere quando prendersi cura di lui con quel grave “problema” era diventato un impegno troppo grande per loro. Fu così abbandonato in un rifugio per animali in attesa che il brutto destino si compisse.

Un giorno Roberto passò dal canile e vedendo il cucciolo dimesso che apriva appena l’occhio destro, decise di adottarlo. Lo portò a casa sua dove fece arrivare il veterinario, un vecchio amico. Domandò se poteva operarlo o comunque far qualcosa per sperare di salvarlo. Il veterinario, sconsolato, gli rispose che era ormai troppo tardi. In quelle condizioni avrebbe potuto vivere non più di un mese. Non poteva far nulla per il cucciolo, neanche provare una cura tale da estendere il tempo che gli rimaneva da vivere.

Roberto, enormemente dispiaciuto, decise di curarlo con la sua presenza amorevole, dandogli quelle attenzioni, fatte di tenere carezze, fino al momento in cui il cucciolo sembrò addormentarsi senza più svegliarsi.

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