Non ricordo come ero giunto in quel luogo, ma era così
fantasticamente caldo e rassicurante, che credevo di esserci già stato e non
avevo nessuna paura. Solitamente sono dubbioso e come attento osservatore
dell’anima umana, trovo sempre nei miei simili qualcosa di straordinario.
In quel luogo, nulla mi sfiorava. Ero così tranquillo
che, come Dante nella Divina Commedia, ero fuori dal contesto. Diversamente da
Dante, però, non avevo accompagnatore, ma una parte di me stesso era staccata,
come un palloncino legato con lo spago alla mano di un bambino.
Il viaggio che dovevo compiere, mi appariva piacevole e
incantato nel tempo. Riconoscevo molta gente, tra loro c’erano molti amici e
colleghi di lavoro. Non avevo nessun modo di apparire a loro, però, erano in
grado di sentirmi e rispondere alle mie domande. Loro non sapevano di
comunicare con me, erano certi di parlare liberamente alla propria coscienza.
Il mio primo incontro avviene con un ex-collega. A
rivederlo mostro tutta la mia gioia nel ritrovarlo. Noto subito che appare
isolato nel suo mondo, ma testardamente gli chiedo:
“Andrea, non sai come mi fa piacere ritrovarti! Dimmi,
come conduci la tua vita, sei felice?”.
Il mio amico tarda a rispondermi, come se fosse molto
preso dalle sue idee e faticasse a staccarsi per confezionarmi una risposta.
Infine, mi dice:
“Luigi, sono molto impegnato a educare i miei figli e
a dare esempio di integrità morale nella società. Spendo la mia vita facendo
mille sacrifici, per sostenere quei valori morali che vedo sempre più incerti”.
Curioso, come al solito, riprendo:
“Ma Andrea, come hai maturato queste tue convinzioni?”.
“Luigi, prima di noi Gesù e poi tutto il cristianesimo
con suoi Santi, ci ha lasciato fulgidi esempi”.
Non contento di una risposta banale, insisto:
“Intendevo chiederti, quale è stato il meccanismo, in
base al quale, è scattata la convinzione che ha mosso tutte le scelte della tua
vita”.
Improvvisamente, Andrea scompare nella sua coscienza e
non comunica più. Mi dispiace per l’interruzione, ma non mi perdo d’animo e
proseguo cercando di individuare qualcun altro.
Non mi ci volle troppo tempo per scorgere un amico di
vecchia data.
Diversamente da come lo ricordavo, appariva triste,
quindi fu automatico rivolgergli la domanda:
“Ciao Michele, se io non avessi ancora in mente il tuo
viso, avrei avuto difficoltà a riconoscerti. Mi sembri molto triste, non va
bene la tua vita?”.
Michele non mi risponde con le parole, ma il suo
sguardo è eloquente.
Egli non vuole rattristarmi e frena le umane lacrime
trasformandole in goccioline brillanti che orbitano intorno ai suoi occhi.
No, non pensate che piangesse, era solo sudore, ancora
affiorante per una vita consumata prendendo tutto ciò che gli capitava e
lasciando a dopo i sacrifici. Non so dirvi se ha fatto bene, perché la sua vita
è finita troppo presto.
In quel luogo, pienissimo di persone, volevo restarci
per sempre, in modo di aver tutto il tempo necessario per parlare con ognuno di
loro, ma la tensione di quel palloncino sulla mano, mi ricordava che ero un
ospite e prima o poi, dovevo abbandonarlo. Cercai di avvicinarmi a una figura
famigliare. Con mia grande sorpresa riconobbi mio padre.
“Papà!”, esclamai.
“Eri di poche parole, allora! Dimmi che pensi di me,
sei felice per i risultati ottenuti da tuo figlio?”.
Le mie parole erano bagnate di lacrime e il mio cuore
attendeva quelle sue, che cercavo e non avevo mai sentito pronunciate dalla sua
bocca.
Avrebbe voluto non rispondermi per non influire sui
ricordi coperti da un alone irreale, ma dovette farlo per non indurre altro dolore.
“Caro, sono felice per te, ma le mie parole, ora,
hanno altri significati. Io ero ai miei tempi, quello che sei tu nel tuo. Ho
usato i mezzi del mio tempo. Essi erano rozzi, approssimati, condizionati e
guidati da verità sempre mutevoli. Tutto ciò che ho fatto, era quello che avrei
potuto costruire e mostrare, compreso volerti bene a modo mio”.
Avrei voluto prolungare il colloquio per porre tante
domande, ma capii che avrei forzato la sua volontà. La paura di interpretare le
parole e tradurle in idee senza contesto, mi fece desistere. Sarebbe come
individuare un oggetto dai rumori provocati da un battitore.
Mi rattristo nel pensare un mondo senza un Dio
creatore e direttore dell’universo, dove l’amore, come polvere di stelle, si
posa ovunque.
Questo Dio, più di qualche pensatore non lo vuole.
Vi ricordo di Giordano Bruno, allevato nella
cristianità per poi rivoltarsi contro completamente, è stato un convinto
assertore di un mondo opaco, cieco a qualunque sentimento nobile, guidato soltanto
dall’assoluta necessità.
Inoltre, ci redarguisce dicendo di non illuderci di poterci
riferire o riportare Dio nel nostro mondo, perché, se pur esistesse,
rinnegherebbe se stesso, a causa della nostra finitezza rispetto al suo
indefinibile, infinito essere.
Di peggio ci ha detto Nietzsche, affermando che esiste
soltanto uno scontro eterno tra forze che mirano solo ad affermare se stesse.
Il pendolare degli opposti ci illude sulla vittoria del bene sul male, o sulla
vittoria dell’armonia sulla contraddizione. Anche la direzione dello spazio e
del tempo è un’illusione. Per Nietzsche, noi siamo semplici pagliuzze
trasportate da un vento capriccioso, che sbattono contro di tutto, assumendo
ciecamente la realtà della circostanza. Solo un bilancio di forze può
determinare e dare il senso al prossimo spostamento.
Dicendoci che “Dio è morto”, ci rende consapevoli che
siamo soli e non siamo che casuali, infinitesime forze di un universo in
evoluzione per se stesso.
Vivere e morire sono verbi senza significato, a cui
nessuno nell’universo darebbe importanza.
Nel mondo fantastico che continuavo a esplorare, un
uomo mi rivolse la parola e mi domandò:
“Dimmi amico, che cosa stai cercando? Perché sei così
convinto che troverai le risposte che cerchi? Il mondo in cui vivi non appaga i
tuoi bisogni?”.
Rimasi interdetto per pochi secondi, prima di cogliere
la fermezza e l’irruenza del mio interlocutore. Il piacere di avere un
confronto emotivo con questa persona, fece sì che potessi rispondere:
“Ti ringrazio per le domande che mi poni e
approfitterò della tua disponibilità per conoscere le tue idee.
Sono nel momento della vita dove le riflessioni si trasformano
in atti di piacere. La consapevolezza di pensare è un inno alla natura di uomo.
La razionalità e la naturale predisposizione di credere che tutto proceda
secondo un fine, conducono inevitabilmente, a esplorare ogni sapere.
Ma, come succede a un ricercatore, l’ultima scoperta è
sempre la più importante e rivoluzionaria, nonostante, di lì a poco, diventi
corollario alla prossima.
Non so che cosa io sto cercando, ma certamente mi
piace.
Sono convinto di trovare verità, per lo stesso motivo per
cui esisto. Io sono parte del mondo in cui vivo ed è questo mondo che tra i
suoi bisogni fa emergere la necessità di interrogarsi e conoscere”.
In seguito a queste mie parole, l’amico commentò:
“Sono convinto che gli argini di un fiume siano logici
e necessari per il suo fluire, come i paraocchi ai cavalli per non spaventarli
e farli procedere decisi lungo il loro cammino. All’uomo è stata fornita la
ragione per illudersi e i sentimenti per addolcire le pene derivanti dalla
consapevolezza dei suoi limiti.
Il cammino di vita miscela le esperienze e produce il
pensiero, motore di ogni atto.
Se vuoi fermare le tue ricerche, hai bisogno di
credere ed essere convinto a prescindere, poiché il perché, chiaro e deciso,
deve albergare dentro di te.
Questa condizione dell’essere si può chiamare Fede.
Se invece, vuoi continuamente agitarti nel dubbio e
sentirti sempre vivo, allora continua a leggere, esplorare, imparare e
riflettere.
Ti scoprirai filosofo!
Un filosofo arabo, Averroè, disse che la fede
è per le anime semplici, la filosofia per le persone colte.
Con un po’ di presunzione, mi espongo nell’affermare
che Tommaso d’Aquino subì il trauma della verità assoluta quando fu folgorato
dalla sua ispirazione prima di morire.
Il 6 dicembre del 1273, durante una messa,
fu colpito da qualcosa che lo sconvolse profondamente. Da quel momento in poi
non scrisse più nulla. Confessò al suo segretario, Reginaldo da Piperino, le
seguenti parole: “Promettimi, in nome del Dio vivo e onnipotente e della tua
fedeltà al nostro ordine, dell'amore che nutri per me, che non rivelerai mai,
finché sarò vivo, ciò che ti dirò. Tutto ciò che ho scritto è come paglia per
me in confronto a ciò che ora mi è stato rivelato [...]. L'unica cosa che ora
desidero è che Dio dopo aver posto fine alla mia opera di scrittore possa
presto porre termine anche alla mia vita”.
Passeggiare nel mondo della fantasia è un altro vivere,
trascorri momenti unici, completamente dedicati a te stesso. La gioia è aria
che respiri. In questo mondo, sei in compagnia con l’anima dell’universo, a cui
presto tornerai, perché senti di farne parte. La tua vita è solo un’effimera apparizione
in questo mondo, è l’ombra di una verità, è il confine con l’infinito. Tieni
stretto i tuoi pensieri, ascolta il pulsare del tuo cuore, allarga lentamente i
tuoi polmoni e apprezzerai ogni attimo della tua vita. Nascerà inevitabilmente
l’amore per ogni vita intorno a te. Cullerà in te il desiderio di gridare fuori
con tutta la forza che vuoi bene al mondo, che non sei solo, perché ognuno
intorno a te, è come te, e vorrebbe strapparsi dal viso la maschera
dell’apparenza.
Mentre ero preso nei miei pensieri, una donna allinea
il suo sguardo ai miei occhi. Vi confesso che la mia anima subì un ruzzolone,
al punto che passando dal cuore, sembrava volesse uscire attraverso il respiro.
Faticai a ricacciarla giù, ingurgitando tanta aria quanta quella di un boccone
di pane.
La sua bellezza era senza confronti!
Si senza confronti, perché ogni donna ha la sua
bellezza e solo chi sa guardarla riesce a cogliere la sua unicità.
Siamo portati quasi sempre, a giudicare per confronto,
ma è come essere costretti a buttar via la parte migliore di ogni cosa.
Ricordando i rudimenti di algebra, capirete che il
valore assoluto di una grandezza è sempre molto maggiore della differenza con
un riferimento.
Per esempio, se confrontate e giudicate due valori 100
e 104, la differenza è 4, per cui potreste scegliere 104 solo per il 3,8% del
suo valore assoluto (104), tralasciando l’altro termine a valore 100.
La donna che mi guardava, ignara per ciò che mi stava
succedendo, si rivolse verso di me esclamando:
“Luigi, ma non mi riconosci?”.
Incredulo, per il tipo di domanda, pensai subito a uno
scambio di persona. Non potevo aver dimenticato un viso così bello, se pur
l’avessi incontrata prima.
“Mi dispiace deluderti, ma forse non sono la persona
che intendi”.
La donna si affrettò a rispondermi:
“No Luigi, sei proprio tu. Giocavamo insieme da
piccoli. Quante gare di velocità mi hai fatto vincere!”.
Queste ultime parole rievocarono in me le magiche
scene della prima giovinezza. La mia mente, immediatamente, si riempì di suoni
d’allegria, di odori delle giornate primaverili trascorse per strade e campagne
che oggi non ci sono più.
Tanto tempo fa non esistevano nella nostra vita
semplice, pub, pizzerie e discoteche, si usava riunirci e giocare all’aperto
facendo della voce e della corsa l’aspetto più evidente di essere felici.
Tra i miei amici c’era una ragazza che tranquillamente
si confondeva tra noi maschietti. La sua femminilità si limitava solo al timbro
della voce e alla necessità di rientrare a casa prima di noi ragazzi.
Questa irrequieta ragazza, dotata di sana e semplice
irruenza, ha condizionato già d’allora, il mio modo di intendere le donne.
Sono convinto che la differenza tra uomo e donna sia
da ricercare solo nell’aspetto fisico e non esiste nessun altro particolare che
permette di risalire a una proprietà riconducibile esclusivamente alle donne o agli
uomini.
La natura, di cui uomini e donne fanno parte, ha solo
messo il fiocco alla donna, come per esempio, ha tolto la criniera alla
leonessa o ha messo le grandi antlers (corna) agli alci.
Queste differenze, ha dovuto farle per favorire la
procreazione e quindi definire un’intercapedine sensoriale necessaria per i
ruoli di maschio e femmina. Dall’interno dell’anima, però, non ha potuto farci nulla,
per cui ci sono donne e uomini cattivi, da intendere come prodotti di un’infelice
evoluzione psicologica che sfocia in una formazione caratteriale fortemente
variegata.
L’8 marzo, non dovremmo festeggiare solo le donne, ma loro
insieme agli uomini, affinché si accorgano entrambi di essere due valori
diversi, estremamente complessi e affascinati.