Non sapeva perché, però quella voglia matta di correre senza motivo lo
coglieva e lo caricava di una felicità incredibile.
Attraversava corpi come se saltellasse da un punto all’altro di uno spazio
senza confini. L’euforia dell’anonimo elettrone non sembrava mai spegnersi. In
un’indefinibile combinazione del caso, giunse il momento in cui un evento
straordinario doveva concretizzarsi.
Nadil era il nome dell’elettrone che, investito da una misteriosa forza
impalpabile, subì una trasformazione rivoluzionaria. Egli era ancora un
elettrone ma, oltre alla consueta carica che lo contraddistingueva, portava con
sé un’esigenza strana. Sentiva di essere chiamato a un compito di cui non
conosceva modi e motivi per perseguirlo. Manifestava sintomi che non avevano
nessun legame con le leggi della fisica.
Nadil conosceva bene il mondo subatomico e non si dava pensiero su quando e come spostarsi all’interno della materia. Quello che gli stava per succedere era qualcosa di assolutamente speciale. La strana forza, che lo influenzava, intrigava il suo istinto provocandogli situazioni di stallo, molto simili a quelli situazioni in cui si è costretti ad agire contro la propria volontà e che contemporaneamente si ha la sensazione di agire per un fine più importante.
Se non si trattasse di un elettrone, potremmo riferirci a una specie di
vocazione che ti chiama in un mondo spirituale che stride con quello in cui si
è abituati a vivere.
La forza sconosciuta induceva in Nadil il desiderio di cercare compagnia;
un’inspiegabile volontà di comunione e tentazione di fare gruppo. Divenne,
così, il primo obiettore di coscienza dell’universo; il primo oppositore alle
leggi universali e fondatore di un movimento alternativo alle dinamiche
esistenti.
A quel tempo, l’universo era governato da una specie di fredda anarchia.
Ogni elemento dell’universo esisteva per sé stesso, separato da tutti e libero
di esistere in una sua dimensione senza logica. Il luogo, lo spazio e il tempo,
che accoglievano l’elemento, determinavano i limiti di ciò che era possibile o
impossibile.
Per fornire un’idea concreta, pensate alla parola, quale elemento esistente
nella sfera del linguaggio umano. La dimensione della sfera, che la ospita,
conferisce il significato e il valore all’elemento, il quale non può sottrarsi alle
stesse leggi per cui la sfera esiste. In altri termini, la parola deve
attenersi alle regole sintattiche e grammaticali, se vuole assumere un ruolo
significativo all’interno di una frase e, salendo di livello, all’interno di un
discorso.
Immaginate, quindi, un’infinità di mondi di questo tipo, separati, non
comunicanti e invisibili tra loro.
Nadil apparteneva a uno di questi mondi e quella strana forza corrompeva il suo naturale modo di esistere. Disobbedire a un istinto naturale non è una capacità di poco conto. Per disobbedire è necessario che si crei una volontà e questa è l’attributo dell’autodeterminazione.
Nadil, allora, era stato contaminato dalla forza della consapevolezza e, per questo motivo, accusava i sintomi rivelatori di incertezze. La scelta tra soluzioni diverse e la novità di porsi domande, dimostravano la nascita della sua consapevolezza di esistere; la presa d’atto di essere presente; di poter diventare protagonista nel proprio mondo.
Insieme a questi fattori di straordinario fascino, esistevano componenti
negative. Per esempio, la solitudine, l’impotenza di non poter rispondere a
tutti i bisogni, per non parlare dell’impossibilità di uscire dal proprio
mondo. Nadil intuiva che l’unico modo per vincere le restrizioni, che egli non voleva,
era quello di diffondere la forza trasformatrice in atto, coinvolgendo tutti
gli abitanti del proprio mondo.
Trascorse molto tempo prima che Nadil potesse coinvolgere i suoi simili in questa avventura trasformatrice. Essere afferrati dalla consapevolezza, sembrerebbe un evento usuale per l’essere intelligente, ma costituisce un miracolo per chi, immerso nel meccanismo delle leggi, non conosce il beneficio del dubbio e la benedizione della riflessione. Attraverso la riflessione si usa la consapevolezza che, vestita nella mente, non forniva a Nadil le risposte cercate. Egli aveva bisogno di compagnia per far partire quel processo che nel divenire avrebbe dettato la trasformazione di cui si sentiva messaggero. Il cammino che si stava intraprendendo doveva condurlo davanti a infiniti bivi dove decisioni erano da prendere secondo l’unico disegno racchiuso nella consapevolezza.
Nadil, influenzando altri elementi del mondo subatomico, compiva il
miracolo di duplicare se stesso, per cui, nel corso della trasformazione, Nadil
non fu solo elettrone, ma divenne atomo, poi molecola, poi agglomerato
complesso, fino ad assumere strutture diversificate. Questo lavoro di
trasformazione impose alla mente di Nadil di occuparsi pienamente dei problemi
connessi con l’organizzazione e la perfetta funzionalità dell’entità composita
che si affermava, trascurando così, l’aspetto più nobile del suo operato e
motivo ispiratore del disegno originale. Egli, però, non volle preoccuparsi
oltre, poiché la catena di trasformazione, prima o poi, si sarebbe chiusa e
allora, si sarebbe potuto disporre di un meccanismo più evoluto per procedere
verso l’obiettivo finale.
Purtroppo, una minaccia si prospettava all’orizzonte di questo movimento
trasformatore. La necessità di strutturare unità funzionali diverse,
introduceva un concetto subdolo, disturbatore della linea di percorso del
progetto. La logica direttrice assunta dai singoli complessi rappresentava il
modo di pensare all’interno del complesso, traducendo ogni altra attività e presenza
esterna, nella logica interna. In altre parole, il concetto di diversità
assumeva il significato di scisso, sconosciuto, indipendente e pertanto, il
complesso rischiava di allontanarsi dal quadro logico per cui si era formato.
Non so dirvi se tutto ciò fu un errore, perché il concetto di errore è
tipico per l’uomo mentre è incomprensibile nella logica dell’universo.
Il risultato, conseguente alla direzione presa dall’evoluzione, fu che
alcuni agglomerati “dimenticarono” il mondo esterno e altri, invece
continuarono a interagire in perfetta sintonia con i propositi originari.
Si formò così la materia, distinta in vivente e inanimata.
(segue nel prossimo post)

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