giovedì 23 gennaio 2025

Trovarsi al posto giusto, nel momento giusto

Harry S. Truman
 
C'è una lunga storia di vicepresidenti che disprezzavano la loro funzione di vice. Questo ruolo era considerato così marginale che i titolari non venivano inclusi nelle riunioni del gabinetto presidenziale fino al 1919.

"Il lavoro del vice è utile quanto la quinta mammella di una mucca". - È così che Harry S. Truman descrisse la vicepresidenza quando gli fu offerto l'incarico da Franklin D. Roosevelt.

Il fatto è che alla fine Trueman accettò la posizione. Fu vicepresidente solo per ottantadue giorni quando Roosevelt morì e lui prese il potere. Quindi, Trueman passò da senatore a vicepresidente ad autorizzare lo sgancio della bomba atomica in poco meno di sette mesi.

Qualcosa di simile è successo anche a me (fatte le dovute differenze) e cioè, trovarsi al posto giusto al momento giusto ... quando l'opportunità bussa alla porta.

Avevo poco più di vent’otto anni e da qualche mese avevo terminato il mio servizio di leva. Ebbi la fortuna di essere assunto da una azienda di informatica con l’obiettivo di rinforzare la squadra dei programmatori junior. 

Per puro caso, in quel periodo l’azienda ebbe una grossa commissione di lavoro da assolvere in breve tempo. Per questo motivo non fu disponibile nessun altro personale per assistermi nel tutoraggio iniziale. 

Il responsabile, dovendomi comunque impegnare, mi affidò un incarico "di attesa". Dovevo studiare il sistema operativo che girava nei calcolatori dell’azienda e produrre delle guide documentate che in futuro si sarebbero dovute rivelare utili ai miei colleghi per usare i computer in maniera più comoda ed efficiente. In questo modo, potevo “lavorare” da solo e non essere un peso o una distrazione per chi lavorava per il progetto in corso.

Il mio stipendio era circa un terzo dei miei colleghi, ma questo non mi dava pensiero poiché era il mio primo vero lavoro nel settore.

Trascorse più di un mese e finalmente si ricordarono di me. Fui inserito in una squadra di programmatori che si occupavano degli interfacciamenti tra dispositivi programmabili.

Il mio team leader era una donna e il caso (opportunità che bussa alla porta) volle che andasse in gravidanza. Poiché in azienda io ero l’unico a conoscere i segreti del sistema operativo in uso (avendo dedicato tantissimo tempo in precedenza), il responsabile mi assegnò il compito del dirigere la squadra. Ovviamente il mio stipendio si triplicò!  

Il fatto di essere giovane e senza legami, mi favorì per essere scelto e destinato a lavorare fuori sede. Così, in poco tempo la mia posizione lavorativa migliorò, diventando responsabile di un settore operativo esterno dell’azienda, con il conseguente adeguamento dello stipendio al livello dirigenziale

Credo di dire con certezza che molti dei miei colleghi provassero “compassione” per quel lavoro inziale e solitario che conducevo i primi mesi e ad essere sincero, non avrei mai potuto immaginare cosa sarebbe successo dopo.

Qualcuno potrebbe pensare che io sia stato fortunato. Invece, posso affermare di essere stato paziente, responsabile e fiducioso nel futuro. Allora, nessuno mi controllava e volendo, potevo fingere di dedicarmi a quel lavoro  (apparentemente noioso).

Le persone pensano che la fortuna sia casuale e che devi solo essere nel posto giusto al momento giusto per individuare le possibilità. Questo funziona per gli opportunisti. Nel mio caso, ero nel posto giusto al momento giusto, avendo le giuste capacità.

Possiamo lamentarci della nostra sfortuna e delle occasioni mancate o accettare la vita così com'è. La cosa importante è essere felici dove ci si trova e impegnarsi al meglio. 

Non c'è niente di sbagliato nell'essere ambiziosi e nel voler raggiungere il proprio potenziale. Tuttavia, può avere conseguenze imprevedibili.

Prendiamo il presidente Trueman. Immaginate l'angoscia che deve aver provato per la decisione di sganciare due bombe atomiche sul Giappone. 

La sua risoluzione causò la resa del Giappone, ma il pensiero che fossero morte quasi 250.000 persone deve averlo tormentato fino alla tomba.

mercoledì 22 gennaio 2025

Trump e Musk: i nuovi Dei


Quando le aziende hanno incanalato milioni di dollari da record nell'insediamento di un presidente, non è stato patriottismo. È stato un accordo commerciale, un anticipo sulla deregolamentazione e sull'avidità incontrollata. Credo che molti lo sapevano, ma forse rassegnati o illusi lo hanno lasciato accadere.

Un senso di paura si è diffuso tra gli americani consapevoli e per l’idea che “peggio non può andare”, non hanno reagito. Il popolo americano non ha scelto il loro leader con la ragione, si sono lasciati prendere dalla rabbia. Divisi, sconfitti e presi in giro come degli idioti.

Il 20 gennaio 2025, Donald Trump non è tornato come una sorpresa, ma come un'inevitabilità. Non è un'anomalia, è un riflesso di tutto ciò che i cittadini hanno permessi di diventare.

Qualcuno richiama la vergogna dell'America e forse come paravento di una società che si vede cambiare in peggio e non sa opporsi. Il resto del mondo è rimasto a guardare, complice nei suoi modi egoistici.

La maggioranza ha applaudito i miliardari, si è abbuffata dei loro prodotti, si è aggrappata alle loro distrazioni e hanno chiuso un occhio sui costi. Mentre discutevano, mentre scorreva il tempo, loro hanno preso ciò che serviva.

Questi nuovi padroni hanno invaso l’assistenza sanitaria, le case, gli stipendi, l’istruzione, i libri, i media, la privacy, la libertà, la pace. Hanno preso l'aria che si respira e l'acqua che si beve, avvelenandole per profitto.

Questo è il mondo che gli americani hanno scelto: dove i miliardari giocano a fare Dio, dove l'influenza è moneta corrente e il potere è l'unica legge. La democrazia non è morta, è stata anestetizzata attraverso il silenzio, attraverso la complicità, attraverso l'infinito carburante dell'indignazione creata.

Le guerre, l’avidità, l’insaziabile brama di dominio hanno segnato il mondo. Si sono destabilizzate nazioni, sventrate risorse, rovesciati governi, tutto per alimentare la mostruosa macchina del profitto.

C’era tempo per agire, decenni, e sono passati in silenzio. Gli avvertimenti erano chiari. Le grida di cambiamento erano forti. Si vedevano i primi segni di un mondo in sgretolamento in tempo reale. E tuttavia, è stato distolto lo sguardo.

Non c’è ombra di raggiro o sopraffazione, è stata una resa. È stato consegnato il futuro volontariamente, e ora lo taglieranno a pezzi, riproponendolo con l’illusione di speranza, sempre per un profitto, ovviamente.

Quindi dopo aver assistito a Trump rivendicare un terzo mandato, mentre stringete le chiavi della vostra Tesla e vi inchinate davanti all'altare di Amazon, ditemi:

Con Trump re e Musk come profeta, per quanto tempo sventolerà ancora la bandiera dell'avidità sulla terra ... un tempo orgogliosamente libera?

martedì 21 gennaio 2025

Disuguaglianze nascoste

Incendi a Los Angeles

Gli incendi che hanno colpito la California sono destinati a passare alla storia come il peggiore disastro naturale e probabilmente la catastrofe più costosa della storia d’America. Sono anche la conferma ad oggi più dolorosa dei rischi che incombono da sempre su di uno sviluppo avvenuto al limite della sostenibilità ecologica, in un contesto estremizzato dal mutamento climatico.

È vero che i rischi legati agli incendi sono fisiologici in questa regione semi arida a macchia mediterranea, occorrerebbe però fare una riflessione proiettata nel futuro per cercare di capire che cosa sta succedendo.

L'11 gennaio 2025, è stato pubblicato un articolo intitolato: "Davanti al fuoco, tutti sono uguali".

È veramente così?

Indubbiamente, il fuoco non fa distinzioni tra ricchi e poveri, famosi e sconosciuti, giovani e anziani. Di fronte alla forza distruttiva della natura, tutti gli esseri umani sembrano ugualmente vulnerabili. Eppure questa uguaglianza superficiale nasconde le vere disparità che le catastrofi mettono a nudo.

Le perdite che le persone subiscono non sono solo materiali; sono esistenziali, emotive e spesso irreparabili, e queste perdite colpiscono le persone in modo diseguale.

Un ricco residente di una lussuosa villa di Malibu può soffrire per la perdita di una casa tanto quanto un lavoratore la cui modesta dimora nella periferia di Los Angeles è stata ridotta in cenere. Ma le conseguenze di queste perdite sono fondamentalmente diverse. Il primo può fare affidamento su assicurazioni, riserve finanziarie e reti sociali; l'altro affronta la miseria, senza mezzi per riprendersi dalla propria perdita.

La disuguaglianza prima del disastro è letteralmente inscritta nella struttura delle città. A Los Angeles, questo diventa particolarmente evidente: mentre i quartieri più ricchi hanno sistemi di irrigazione all'avanguardia e ampie strade di accesso per i camion dei pompieri, le aree più povere lottano con infrastrutture obsolete e strade strette. Queste differenze non sono una coincidenza, ma il risultato di decenni di svantaggio sistematico.

La linea rossa degli anni '30 ha giocato un ruolo chiave in quel disastro: banche e agenzie governative hanno contrassegnato in rosso sulle loro mappe alcuni distretti, spesso quelli con un'elevata popolazione di minoranze. Queste aree "rosse" sono state sistematicamente escluse dagli investimenti. Nessun prestito per le ristrutturazioni delle case, nessun fondo per le infrastrutture, nessuna modernizzazione del patrimonio edilizio. Ciò che è iniziato quasi cento anni fa come una pratica discriminatoria determina ancora oggi le possibilità di sopravvivenza in caso di disastro.

L'ironia è amara: le aree storicamente svantaggiate che hanno più urgente bisogno di investimenti in moderni sistemi di sicurezza rimangono poco servite fino ad oggi. Nelle aree periferiche densamente popolate di Los Angeles, dove questi modelli storici sono più evidenti, le infrastrutture obsolete non solo comportano un rischio di incendio più elevato, ma ostacolano anche le operazioni di soccorso in caso di emergenza. Quindi quando parliamo di uguaglianza prima dell'incendio, ignoriamo questa storia di disuguaglianza concretizzata.

Ci imbattiamo quotidianamente in verità apparentemente ovvie. Per esempio, appaiono in affermazioni come "Ognuno è padrone del proprio destino" o "C'è abbastanza per tutti se lavori sodo".

È facile rendersi conto quanto si può essere ciechi ai privilegi durante una discussione sulla nutrizione sostenibile. Per esempio, si giustifica senza nessuna esitazione il prezzo più alto pagato per il cibo buono, prodotto eticamente, ma ciò si trasforma in privilegio per chi è costretto ad adeguarsi ai propri guadagni. Per molte famiglie, scegliere cibo più economico non è una scelta ma una necessità economica.

La nostra percezione non è mai neutrale, è plasmata dalle nostre esperienze, dalla nostra posizione sociale e dalla nostra comprensione del mondo. Quando filosofi come Maurice Merleau-Ponty sottolineano questo punto, non stanno solo facendo un'osservazione accademica. Stanno evidenziando qualcosa che tutti noi sperimentiamo: quanto diversamente vediamo il mondo a seconda di dove ci troviamo. Per alcuni, un incendio domestico rappresenta una perdita assicurata, un inconveniente da gestire. Per altri, significa la perdita del loro intero mondo: la loro casa, la loro sicurezza, il loro senso di appartenenza.

Non si tratta solo di prospettive diverse, si tratta di realtà diverse. Quando diciamo che "L’incendio colpisce tutti ugualmente", non stiamo solo semplificando eccessivamente; stiamo inconsciamente partecipando a un sistema che maschera vere disuguaglianze.

È comodo credere in questa uguaglianza perché ci assolve dalla responsabilità di guardare più a fondo al problema; ci evita di mettere in discussione le strutture che creano queste diverse realtà.

La diseguaglianza si manifesta in innumerevoli piccoli modi: la capacità di evacuare rapidamente, l'accesso alle informazioni sui rischi di incendio, la qualità dei servizi di emergenza locali, le risorse disponibili per il recupero. Questi non sono solo dettagli; sono i mattoni della disuguaglianza sociale.

E mentre potrebbe essere spiacevole riconoscere queste disparità, questo disagio è esattamente ciò che dobbiamo provare per iniziare ad affrontarle.

Siamo disposti a guardare attentamente e riconoscere le ingiustizie che rivelano? O ci ritiriamo nel comfort di affermazioni semplicistiche che ci consentono di chiudere un occhio?

domenica 19 gennaio 2025

La caduta della metafisica nella esistenza dell’uomo (Martin Heidegger)


Martin Heidegger non è solo il nome di uno dei massimi esponenti della storia della filosofia contemporanea, ma è il simbolo, l’identità controversa legata agli episodi più drammatici della Seconda Guerra Mondiale. 
Quando il nazionalsocialismo prese piede in Germania nel 1933, molti filosofi e scienziati (come Albert Einstein ed Enrico Fermi) emigrarono in America, mentre Heidegger rimase nella “Grande” Germania, sino a pronunciarsi addirittura difensore e favorevole al clima politico: tant’è vero che venne lasciato indisturbato a tenere le sue lezioni universitarie sino all’arrivo degli Alleati.  
Il suo pensiero filosofico è guidato anzitutto dai suoi due maestri Husserl e Rickert. Proprio grazie a questi due massimi astrattisti del pensiero, Heidegger ha potuto parlare, o comunque “concretizzare” il concetto di Esistenza. Un concetto, quello di "Esistenza", bello quanto terribile per molti novelli studenti di filosofia. Dunque, Heidegger si configurerà per tutto il ‘900 come il pensatore esistenzialista, animato dalla volontà di spiegare l’"Esistenza".  

Ora cercherò di chiarire il suo pensiero: compito doppiamente arduo. Dunque, ciò che per lui determina l’esistenza è il fatto che essa (l’esistenza, per l’appunto) non è qualcosa di immutabile. È una sorta di Panta rei Eracliteo. 

Esistere significa evadere da una realtà data ed esporsi ad una condizione di possibilità.  In altre parole, se esistere significa andare al di là del proprio orizzonte, vuole dire che l’uomo è un continuo progetto, una tensione a lanciare ormeggi oltre quelli già raggiunti. 

Heidegger scriverà: 

“Il progettare però non ha nulla a che vedere con l’escogitazione di un piano mentale in conformità al quale l’esserci edificherebbe il proprio essere, infatti l’esserci, in quanto tale si è già sempre progettato e resta progettante finché è.”

L’uomo è portato per natura a cambiare la sua situazione, la sua essenza, la sua natura; La sua natura è caratterizzata dal progettare, non nel senso di un progetto urbanistico, ma derivata da un voler trascendere la situazione data, non accontentandosi mai di essere ciò che è.   

Così come l’esistenza non è un oggetto, stessa cosa vale per l’Essere. Infatti, ad avviso di Heidegger, la filosofia occidentale, da Parmenide a Hegel, è stata costruita su un errore: quello di scambiare l’Essere (possibile) con un Ente (impossibile) che può essere Dio o la materia. 

L’unico pensatore che si è avvicinato a una visione, per così dire, esistenzialistica, e non semplicemente metafisica, è stato Nietzsche. 

Mi direte, perché proprio lui? Perché lui, nella sua follia c’ha visto chiaro: l’uomo, o l’ente non è qualcosa di statico, ma è volontà di potenza. Una volontà di Potenza che è anche il “senso” dell’essere, dunque dell’esistere, dello stare al mondo. 

La condizione necessaria che porta ad istituire e a restituire sempre nuovi linguaggi e a individuare ottime chiavi di lettura del mondo di cui noi stessi siamo il fondamento. 

di Fabio Squeo

sabato 18 gennaio 2025

Lettura: elisir di lunga vita

 

 

Durante le mie lezioni tecniche spesso dedicavo alcuni minuti a parlare di etica, filosofia di vita. In alcune classi si diffondeva un silenzio avvolgente attraverso cui sentivo il grande interesse degli alunni per le questioni di vita.

Una volta uno studente mi chiese: “Professore, come fa a sapere tutte queste cose?

Rispondevo dicendo: “Non leggo solo libri tecnici. L’anima umana ha bisogno di respirare con i pensieri che abbracciano tutto l’essere umano.

Il ragazzo, visibilmente scettico, mi disse: "Sarà vero ciò che dice, ma dove troviamo il tempo e la voglia di leggere. Abbiamo già troppo da fare con lo studio scolastico. Non potremmo mai trascorrere tutto il giorno sui libri."

L’obiezione sollevata dal ragazzo era prevedibile, così senza scompormi molto replicai: “Non ho nessuna intenzione di forzare qualcuno a impegnarsi oltre i doveri scolastici, però, se in futuro vuoi sentirti una persona piena, avvicinarti ai valori veri della vita, un piccolo sforzo vale la pena farlo. Leggi o scrivi ogni giorno. Bastano dieci minuti".

Un altro studenti si alzò dal banco e disse: "Professore, si rende conto che i tempi sono cambiati? Qualunque cosa la possiamo cercare su Google. Che motivo ci sarebbe per preoccuparci oggi di leggere e scrivere, quando è tutto lì, a portata di un click! In più, la nostra gioventù non è eterna e la perderemmo consumandola sui libri anziché goderla divertendoci.

Capii che avevo sollevato una questione spinosa per i miei ragazzi. Decisi di rispondere allineandomi alla loro mentalità: “Se guardiamo la questione dal tuo punto di vista dovrei darti ragione, ma se ci sforzassimo a considerare elementi che per il tempo in cui si vive sfuggono, si potrebbe modificare la propria convinzione.”

Il ragazzo, ribattette: “Allora ci dia dei buoni motivi perché dovremmo leggere e scrivere ogni giorno. In ogni caso, saremo tutti morti tra cinquanta e settant'anni, a cosa serve diventare intellettuali?"

"Perché parli di morte ora? Cosa c'entra questo?"

"C'entra tutto!" - Lo studente continuò dopo una breve pausa - "La cosa strana è che alcuni di noi potrebbero essere morti prima della fine della lezione. Ci ha mai pensato? Basta un infarto o che esploda una vena nel cervello, ed ecco che tutto finisce … proprio ora."

Stemperai il clima con una leggera risata e poi risposi: "Bene, speriamo di sopravvivere alla fine della lezione, ecco alcuni motivi:

1)Scrivere ogni giorno distrugge una cattiva abitudine: "Scrivo quando ne ho voglia."

2)Le nostre teste sono così piene di voci altrui: familiari, amici, conoscenti, sconosciuti, artisti, intrattenitori e il principe del potere dell'aria. Ci vuole molto, molto tempo per trovare le nostre voci in tutto quel rumore.

3)Tutti hanno qualcosa da dire, ma ogni scrittore lo dice a modo suo, per cui puoi disporre di una infinità di punti di vista su qualunque questione.

4) Se non scrivi o leggi oggi, potresti non poterlo fare più.

5) Scrivi ogni giorno perché ci sarebbe molto da dire. Certo, potresti armeggiare per una vita su una poesia o una storia, e potrebbe essere grandiosa, ma il mondo ha bisogno di tutte le poesie e le storie che hai dentro di te.

6) Scrivi ogni giorno perché scrivere ti aiuta a conoscere te stesso, gli altri e il mondo. E più sai di te stesso, degli altri e del mondo, più profondo è il tuo viaggio in questa esistenza. Approfondire il viaggio è un modo per vivere una vita molto lunga in un tempo più breve.

Ci sono trentenni che hanno 500 anni per quanto riguarda il viaggio.

Ci sono novantenni che non hanno mai viaggiato oltre i confini del cortile della scuola elementare. Stanno ancora combattendo quelle antiche, piccole battaglie.

Se vuoi vivere il più a lungo possibile inizia a scrivere o a leggere ogni giorno.

venerdì 17 gennaio 2025

Chi sa dove andare, non conosce ostacoli

 
Giovanni è un agiato imprenditore nel campo edilizio. È arrivato ai suoi ci 66 anni attraversando una gioventù che ha dimenticato. La sua famiglia è stata modesta in ogni senso. Probabilmente la sua nascita fu l’unica ricchezza dei suoi genitori. Già da allora, il destino per lui sembrava segnato, ma di questo era completamente inconsapevole. 

A soli undici anni, un incidente sul lavoro uccise il padre e si ritrovò nella condizione di non poter più andare a scuola. La madre divenne la sua unica guida e compagna per affrontare tutte le difficoltà che si imposero per mantenere una casa in cui abitare e del cibo sulla tavola.

La morte improvvisa del padre lo costrinse a interrompere lo studio e quindi, non fece in tempo neanche a imparare a leggere e scrivere. Doveva lavorare e non aveva altra scelta. Non aveva parenti che avessero potuto in qualche modo aiutare. 

Così iniziò la sua vita lavorativa accettando qualsiasi offerta di impiego. Il primo impiego fu come aiutante di un fruttivendolo e poi di un muratore con il quale trascorse molti anni e da cui imparò il mestiere. Diventato grandicello fu in grado di condurre in autonomia dei piccoli lavori di manutenzione presso diversi condomìni con i quali il suo portafoglio clienti divenne interessante. 

All’arrivo della maggior età, Giovanni accumulò l’esperienza necessaria per mettere su un’impresa edile, ma aver abbandonato troppo presto la scuola, costituì un vero problema. La formalizzazione dell’attività richiedeva un minimo titolo di studio. Fortunatamente, lui era abituato alle difficoltà e sebbene fosse difficile ritornare a studiare, trovò il modo per ottenere la licenza elementare. Purtroppo, questo primo titolo di studio fu sufficiente per conseguire una patente di guida, ma non per far nascere l’azienda edile. 

Inoltre, la leggerezza con cui ottenne la licenza elementare non gli garantì la facoltà di saper veramente leggere e scrivere. L’unico risultato che aveva ottenuto durante la frequenza della scuola serale, consistette nel aver imparato a stento a firmare. Le prime volte che firmava impiegava molto tempo per cui necessariamente non apponeva mai la firma nel momento in cui era richiesta. La produceva quando rientrava a casa sua, copiandola da un foglietto che portava sempre con sé. Intanto la sua attività si sviluppava e le barriere imposte dalla burocrazia diventavano sempre più insormontabili.

Giovanni aveva bisogno assoluto della licenza media. I suoi impegni di lavoro non gli permettevano di frequentare nuovamente la scuola serale, così organizzò uno stratagemma per arrivare al suo obiettivo. Si iscrisse all’esame finale di terza media in qualità di privatista, ma il giorno dell’esame non fu lui a presentarsi, ma un amico complice che sostituì sulla carta d’identità la sua foto a quella del candidato. In realtà Giovanni sostenne l’esame di licenza media sotto mentite spoglie. 

Tutto questo fu possibile grazie alla superficialità della commissione d’esame con cui verificò l’identità del candidato. Alla fine, Giovanni ottenne la licenzia media è potette così regolarizzare la sua impresa edile. L’amico complice fu lautamente ricompensato per il servizio fornito che doveva restare un segreto tra di loro.

Il tempo portò i suoi frutti e nonostante la povertà culturale, Giovanni trovò sempre porte aperte sia di natura affaristica, sia sociale e politica.

 

giovedì 16 gennaio 2025

Come sarà il mio uomo

 

Laura, un giovane ragazza, era affascinata dai modi di essere del nonno; lo considerava un otre di saggezza. Per qualsiasi dubbio correva da lui per ottenere il giusto consiglio. 

Un giorno gli chiese: “Nonno, come faccio a sapere se i sentimenti di un uomo sono sinceri?”

Il nonno sorrise e guardandola negli occhi rispose: “Un modo ci sarebbe, devi però essere paziente e osservarlo nei momenti peggiori della sua giornata.”

La ragazza restò sorpresa: “Osservarlo nei momenti peggiori della sua giornata? Non capisco.”

“Gianna, il tuo ragazzo ti vuole bene?”

“Certo, Nonno!”

“Che cosa ti dà tanta certezza?” domandò il Nonno con aria burlona.

“Si capisce perché è gentile, vuole la mia compagna e si preoccupa di me. Non è sufficiente?”

“Credo che ciò sia il minimo! Se vuole conquistare le tue simpatie, non c’è modo migliore. Comunque, questi suoi modi di comportarsi non danno assoluta certezza che lui ti voglia bene e che in futuro continui ad essere amorevole. Tu sei una bella e brava ragazza e per lui potrebbe essere una grande perdita se venisse alla luce qualche suo antipatico difetto caratteriale che rovinerebbe l’immagine dell’innamorato ideale.” Precisò il nonno.

“Vuoi dirmi che il mio ragazzo finge di essere bravo?” domandò Laura.

“Non ho detto questo! Lui è sicuramente sincero con te. Intendo dire che è molto facile comportarsi bene quando tutto va bene … e all’inizio di un rapporto d’amore, va sempre tutto bene!” Il nonno sorrise ancora.

“Che cosa devo pensare, allora?” La ragazza puntò lo sguardo negli occhi del nonno.

“Lo conosci Giovanni, il figlio del nostro vicino di casa?”

“Sì, credo che sia un bravo ragazzo. Mi saluta sempre cordialmente.” Rispose lei.

“Ecco, vedi, con te si comporta generalmente bene, ma evidentemente non è sempre così con gli altri! Ho saputo che ha fatto a pugni con un suo compagno e questo non depone a favore del bravo ragazzo.”

“Nonno, non significa nulla! Probabilmente è stato offeso e ha reagito in quel modo.” Disse Laura.

“Benissimo … avrà avuto i suoi motivi per reagire. Ma con quali modi? Per quali ragioni? Quando una persona reagisce urlando e usando parolacce, si capisce che le conosce e le ha sentite dire da qualcun altro. Quando alla violenza si reagisce con la violenza, si mostra il modo di rispondere alle provocazioni e ciò è manifestazione di un certo tipo di carattere. 

In altre parole, tutto ciò che una persona ha dentro fuoriesce soltanto nei momenti critici. Nel clima sereno, pacifico, romantico, una persona non ha motivo di essere scortese, specialmente se ha bisogno di apparire migliore. 

Quando interagisci con il prossimo usi spontaneamente gli strumenti che conosci, sia se il tuo animo è tranquillo, sia se sei abbiata. Ed è proprio quando ti arrabbi il preciso momento in cui mostri la tua vera essenza.

Se dentro di te ci sono fiori, risponderai con i fiori; se invece ci sono spade, risponderai con le spade.

Pertanto, se vuoi essere sicura della qualità caratteriale del tuo ragazzo, osservalo nei momenti critici, poiché in futuro così si comporterà con te.”   

“Nonno, scegliere la persona migliore sembra un compito difficile.” Disse Laura, affievolita di entusiasmo.

“Mia cara bambina, quando si è buoni dentro si genera nel cuore un misterioso magnetismo che attrae soltanto brave persone. Non hai bisogno di scegliere chi volere accanto perché sorprendentemente sei tu ad essere scelta.”

Si accese una luce negl’occhi di Laura, abbracciò il nonno è disse: "Il mio uomo sarà come te!"

mercoledì 15 gennaio 2025

Il sè sconosciuto


 
l libro "The Undiscovered Self" di Carl Jung offre ai lettori approfondimenti unici sulla psiche umana e sulle dinamiche della psicologia individuale in contrapposizione alla psicologia individuale. Lo studio di Jung sulle profondità dello spirito umano rivela intuizioni vitali che sono particolarmente pertinenti nella nostra epoca attuale.

Non è sufficiente affidarsi esclusivamente alla ragione.

La ragione, nonostante il suo valore incalcolabile, non è sufficiente da sola, che è una delle idee più importanti che Jung esplora nella sua opera. I nostri legami con le "diecimila cose" del mondo, una frase tratta dal Buddismo, spesso oscurano il nostro giudizio. Siamo spesso persuasi da emozioni, desideri e altre forze, che potrebbero portarci fuori strada.

L'influenza dell'individuo nel mondo

È importante notare, secondo Jung, che un milione di zeri sommati insieme non equivalgono, purtroppo, a uno. In definitiva, tutto si basa sulla qualità dell'individuo. Un uomo che è organizzato nella sua personalità tanto quanto la massa stessa è l'unica persona che può guidare con successo un movimento di resistenza contro la massa organizzata. L'implicazione di ciò è che gli individui consapevoli di sé e saldamente radicati nelle loro identità distinte, sono quelli che sono in grado di apportare un cambiamento autentico e resistere alle pressioni conformiste.

Gli effetti lenitivi della partecipazione alla messa

Aderendo a un singolo leader o a un percorso coeso, le persone scoprono spesso di poter trovare conforto e soddisfazione in grandi gruppi. Questa mentalità da branco può portare a una perdita di unicità e pensiero critico. Al giorno d'oggi, i dottori si affidano in gran parte ai dati statistici piuttosto che al lavoro pratico o alle indagini, favorendo le ipotesi rispetto alla reale risoluzione dei problemi. Questa tendenza potrebbe portare a una separazione dai veri bisogni e preoccupazioni degli individui.

Organizzazione di massa: religione e stato

Jung propone due modalità fondamentali di organizzazione di massa: religione e stato. Entrambe le organizzazioni hanno sempre cercato di manipolare il pubblico, promuovendo un'adesione cieca e sviluppando quella che Jung chiama una "mente da scimmia". Lo sciovinismo religioso, una sorta di malattia psichica, è quasi impossibile da rimuovere e incontrollabile, trasformando le persone in schiavi che non possono prendere le proprie decisioni.

Influenza di fattori esterni

Le nostre idee e opinioni sono spesso influenzate da fattori esterni. Quando qualcuno trasmette un'idea al mondo esterno, questa è esposta a innumerevoli forze esterne che potrebbero alterarla, distorcerla o migliorarla. Jung pensa che gli individui debbano sviluppare la conoscenza di sé per evitare di essere facilmente fuorviati e per prendere decisioni informate.

Auto-realizzazione prima dell'azione

Jung sconsiglia di partecipare a proteste o movimenti fino a quando non si ottiene l'autorealizzazione. Sottolinea la necessità di comprendere sé stessi e di acquisire il potere di esprimere giudizi indipendenti. Possiamo diventare più resilienti e autonomi riconoscendo le nostre caratteristiche distintive e comuni.

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