
Durante la mia carriera
di insegnante ero restio a mettere voti oltre 8. Mi rendevo conto che deludevo
le aspettative di molti miei studenti. A maggior ragione quando nello stesso
consiglio di classe c’erano colleghi che facevano fioccare i 9 e 10 come se
fossero noccioline sul tavolo.
Ovviamente, io apparivo
come il guastafeste di turno mentre quei generosi colleghi erano alfieri dell’insegnamento,
vantandosi della simpatia degli studenti.
Vi confesso che spesso
restavo senza parole quando al mio umile 6 si affiancava il 10 di un’altra
materia. In quell’occasione il preside, rivolgendosi verso di me, poneva la
classica domanda: “Professore, il suo 6 e proprio un 6?”.
Capite da soli perché
quella stessa domanda non veniva fatta al collega che aveva messo il 10!
Poiché la valutazione
generosa del mio collega non era un caso isolato, il mio collega giustificò il
criterio che seguiva per assegnare il 10: “Io non ho nessun problema
ad assegnare il 10 se il ragazzo risponde a tutte le mie domande, d'altronde se
è ammissibile la valutazione massima, perché non usarla!”
Il dirigente, come
anche io, non poteva andare altre alla sua domanda, anche perché tutto andava a
vantaggio dello studente ed era salva la formalità della libertà di giudizio
del docente.
Il problema ero io!
Nella mia valutazione
facevo entrare un altro parametro poco istituzionale ma molto umano. Il 9 o 10
lo assegnavo anche quando l’allievo non rispondeva perfettamente a tutte le mie
domande, ma mostrava una dedizione particolare allo studio e una sensibilità
all’incoraggiamento che poteva aiutarlo a superare le residue difficoltà per
migliorarsi ed emergere come intelligenza viva e rispettosa.
Lo studente che
studiava in modo forzoso (probabilmente lo faceva per accontentare i genitori),
acquisiva il risultato dei suoi sforzi che alla fine si riassumeva nella
memorizzazione di ciò che studiava. In realtà i concetti studiati erano pronti
ad evaporare appena trascorso qualche giorno. Assegnavo voti esattamente in
base alla completezza e chiarezza dei concetti studiati.
Mi capitò un caso di
una ragazza che aveva copiato il compito dalla sua amica di banco. Lei tutta
ansiosa di mostrarsi brava, chiese la verifica del suo lavoro. In quell’occasione,
poiché il lavoro fu completo e corretto, assegnai un 10 che le fece brillare di
gioia i suoi occhi. Mi fu chiaro che quella ragazza fino ad allora non aveva
creduto in se stessa ma per cercare una gratificazione aveva copiato il lavoro
della sua modesta, generosa e silenziosa compagna. Dopo qualche mese, quella
stessa ragazza divenne una delle intelligenze più belle della classe.
È intelligente chi capisce tutto e in fretta, chi coglie significati, trova
soluzioni, mostra una mente vivace e perspicace?
Siamo certi che questo tipo di intelligenza sia un merito?
Oppure è un dono della natura o dalla fortunata combinazione educativa e
biologica?
Complimenti, se hai occhi azzurri da Angelo!
Complimenti, se sei bella come il sole!
Complimenti, se il tuo cuore riesce a battere per cento anni!
Ma quali sono i tuoi meriti?
Se sei più intelligente di me magari puoi pensare per me.
Però, se sfrutti questo tuo vantaggio a favore dei tuoi egoismi o per
soggiogarmi, credo che la tua intelligenza sia sprecata e ancora peggio, sia di
poco valore.
Tecnicamente, l’intelligenza è quella capacità di acquisire informazioni
dall’esterno (input), ricordare (memoria), riflettere (elaborare) per produrre
un pensiero utile e buono per sé e per il mondo intorno a te (output).
Umanamente, invece, intelligente è chi esplora nuovi percorsi, chi sa
coniugare il senso umano con la ragion pratica; chi apre nuovi orizzonti
per il bene di tutti.
Ognuno, nel proprio piccolo, può mostrare intelligenza … ed è qui che ci
sono i meriti.
In generale, l'uomo intelligente deve sapersi relazionare con il suo
prossimo, per contribuire con il proprio pensiero critico e con l'aiuto della
memoria storica a migliorare la condizione umana.