Gianna era in visita ai suoi
genitori nella zona rurale del nord del nord barese. Era metà luglio ed era una
giornata perfetta per un giro in bicicletta. Percorreva in bicicletta una
strada di campagna attraverso zone boschive cercando una fattoria che aveva
individuato un anno prima.
Era a circa 8 km di distanza
dal paese mentre girava in bicicletta, sperando che dietro la curva successiva
avrebbe rivisto la sua fattoria. Superò un bel po' di contadini che si
affaticavano ad azionare i loro macchinari e un bel po' di giovani in
bicicletta. Uno dei ciclisti portava il carico della sua PlayStation, e procedeva barcollando dietro ai suoi amici più veloci
e leggeri.
Gianna stava pedalando
lentamente su per una salita e notò due cani che correvano eccitati fuori dalla
loro casa recintata (un cane marrone e un cane nero con una chiazza bianca sul petto).
Il loro proprietario aveva
appena aperto il cancello per uscire con la sua automobile e vedendoli fuggire
fuori dal caseggiato, cercava di fermarli, fallendo miseramente. Urlò
ai cani pensando di richiamarli in quel modo. I cani portavano dei collari con
il microchip, quindi Gianna pensò che attraverso quei dispositivi potessero
essere fermati dal padrone. Ma non fu così!
Corsero incontro verso la
donna e quando le furono vicini, saltarono contro la bici, spingendo con il loro peso a terra la ciclista che nel frattempo
si era fermata.
"Oh, ciao ragazzi!" disse
Gianna, rivolgendosi ai cani con tono familiare mentre cercava di rialzarsi e allontanarsi
da loro. Fu allora che notò di dover affrontare dei Pitbull. Non ci fu tempo
per decidere cosa fare perché quello nero affondò i denti nella coscia
mentre lei tentava di pedalare via.
Il proprietario, che stava
ancora urlando contro di loro, si rese conto che i suoi cani avevano
attaccato la donna. Pensando che nulla fosse successo, cercò subito di scusarsi. Gianna però girata verso la
ferita, ebbe modo far notare che uno dei suoi cane l’aveva appena morsa.
L’uomo scioccato, afferrò i cani e pregò Gianna di entrare nella sua casa per provvedere subito con la
medicazione della ferita. Mentre seguiva il proprietario dei cani verso
l’ingresso della casa, Gianna chiamò per telefono il padre perché la venisse a
prendere; non aveva voglia di andare in bici mentre sanguinava ancora.
Il padrone di casa manifestò
in ogni modo il suo dispiacere assicurando che i suoi cani non avevano mai dato
prima di allora segni di pericolosità. Giorni prima, quegli stessi cani avevano giocato
tranquillamente con i suoi nipoti senza mostrare nessun comportamento
aggressivo. Raccontava tutto questo mentre porgeva, uno dopo l’altro, dischetti
di cotone imbevuti di alcol e lei li restituiva usati e intrisi di sangue. Nella
mente ironicamente Gianna pensava che i suoi “nipoti” probabilmente erano altri
pitbull.
Giunse il padre a tutta
velocità sulla strada con la sua auto, agitando una pistola scacciacani,
ovviamente era più arrabbiato della figlia. Fortunatamente si calmò quando vide che
la figlia stava tranquilla e il padrone dei cani faceva del suo meglio per
curarla.
Così caricò la bici e tornarono
a casa, dove anche la madre stava avendo il suo crollo nervoso per la
situazione. Implorò la figlia di andare dal dottore per apporre punti di sutura, ma lei aveva
già disinfettata la ferita e sembrava che non ci fosse nessuna seria conseguenza a quel morso. Inoltre, voleva trovarsi a casa prima del rientro di suo marito.
"ALMENO RIMANI FINCHÉ NON
ARRIVA LO POLIZIA!" Supplicò la mamma. Decise quindi di attendere l'arrivo degli agenti.
Dopo poco arrivano due poliziotti di cui uno di loro era amico del padre. Gianna raccontò tutto l’accaduto mantenendosi obiettiva e senza aggravare la situazione più di quanto non fosse.
La verbalizzazione dell'accaduto determinò un intervento
giudiziario che impose la quarantena di 10 giorni a due cani.
La paura di contrarre
la rabbia era l'ultima delle preoccupazioni di Gianna. Non voleva che i cani
che l’assalirono fossero soppressi. Lei aveva un gatto in casa e seppure
qualche volta l’avesse graffiata, non le era mai venuta in mente di sopprimerla.
Lei era cosciente che le persone tengono
i cani per proteggersi. Esistono rapinatori e delinquenti comuni che irrompono
nelle case per appropriarsi di valori e fare fisicamente male. Esistono anche molte
persone libere che soffrono di psicosi indotta da metanfetamine. Non puoi contare
sull’aiuto dei poliziotti o dei servizi di emergenza perché sicuramente NON
arriverebbero in tempo per salvarti dalla loro furia. In più, non puoi sparare a
persone che minacciano la tua vita nella tua stessa casa senza subire le
conseguenze legali.
Quindi ben venga l’iniziativa
di chi sceglie di tenere un cane “pericoloso” per proteggere il proprio ambiente. Non
importa quanto sia ben addestrato un cane, siamo noi che abbiamo deciso di
addomesticarlo, il cane non ha avuto scelta in merito.