martedì 17 ottobre 2023

Quanto conosco?


 

A scuola abbiamo imparato tantissime nozioni; abbiamo appreso concetti, significati e valori che ci hanno strutturato il pensare; ci hanno permesso di organizzare il pensiero secondo una logica utile per comunicare. 

Spesso ci viene in mente una domanda. Se dovessi fornire una misura del mio sapere, come potrei conoscere la quantità del mio sapere?

La sensazione comune è quella che ciò che potremmo sapere, è molto maggiore di quello che sappiamo, ma poiché non ci appare chiaro quello che sappiamo, ci troviamo di fronte ad una percentuale ricavata dalla divisione di un numero piccolo con uno grandissimo. 

Ovviamente, il risultato ci fa sentire molto imbarazzati. 

Il numero insignificante che viene fuori dalla precedente divisione, diventa gigantesco se lo confrontiamo con quello ottenibile (in modo presunto) dall’elaborazione effettuata sul nostro vicino/amico/collega.

La differenza tra quantità piccolissime rende uno di noi sapiente rispetto all’altro. Se tale differenza è sostenuta da titoli culturali e si riversa in libri/riviste/conferenze, si ufficializza tale sapienza e diventa scienza. 

L’applicazione del sapere si chiama lavoro. 

Un lavoro produce beni e/o servizi per altri uomini.

L’uomo che lavora ottiene gratificazioni materiali e morali.

Immaginate quanta più felicità ci sarebbe sulla terra, se la quantità di sapere sparsa su tutta l’umanità aumentasse di una quantità se pur minima.

lunedì 16 ottobre 2023

Antonio vuole capire l'arte

opera di Silvia Senna

 

Ieri Andrea casualmente incontrò Antonio. L’argomento sull’arte pittorica lo aveva scosso. Probabilmente, quel mondo completamente estraneo nei suoi pensieri aveva toccato la sua sensibilità. Non perse occasione per riprendere il discorso con Andrea.

-“Andrea, sai, ho sognato quelle figure confuse dei quadri dell’amica tua.” Iniziò cosi, Antonio.

-“Ti riferisci ai quadri della pittrice Silvia Senna?”

-“Certo, chi altri conosco!”

-“Quell’opera deve averti scosso così tanto da portarla nei sogni?”

-“Succede così quando non comprendo bene la questione.”

-“Antonio, comprendere un’opera d’arte non è facile! Chi non è abituato si affida agli occhi e a ciò che il pensiero comune suggerisce come bello.”

-“Ora non capisco neanche te!” ammise sconsolato Antonio.

-“Ti faccio un esempio. Sai riconoscere una bella donna?”

-“Ma che domande mi fai? È ovvio che sì!”

-“Ebbene, per esserne così sicuro tu ti affidi a ciò che vedi. E cioè, un viso da angelo e magari un corpo da Miss Italia! Con questi elementi, riconoscibili da tutti, puoi senz’altro affermare di aver visto una bella donna! Per l’arte non funziona così!”

-“Allora dimmi come?” Antonio si senti quasi impedito a capire.

-“Antonio, ti avevo detto prima che non è facile perché intervengono molte componenti e non tutte disponibili nello stato dell’essere di una persona.”

-“Mi fai preoccupare! Dimmi che cosa serve … magari cerco di adeguarmi!” Antonio tentò una leggera ironia poiché già immaginava ciò che Andrea intendesse.

-“Antonio, lo stato dell’essere a cui mi riferisco non si acquisisce dall’oggi al domani, non si rimedia con la disinvoltura di chi si procura qualcosa. La maturità in questo campo ha bisogno di tanta sensibilità interiore che si acquisisce dopo un fortunato e lungo percorso educativo.”

-“Questo significa che gli ignoranti come me non possono ambire ai piaceri dell’arte?” Antonio si mostrò quasi risentito.

-“Beh, non è proprio così. La cultura rappresenta la via più sicura per giungere alla sensibilità di cui parlo. Per fortuna, non è l’unica strada. Esistono persone che non hanno frequentato grandi scuole, però per la sana educazione ricevuta, per la saggezza acquisita nel condurre una vita sostenuta da valori morali, hanno aperto la via all’essere speciali. La loro sensibilità si è formata in seguito a esperienze dure e a volte, drammatiche. Quindi davanti ad un’opera d’arte loro non ragionano molto, ma si lasciano trasportare da un “sentire” interiore con il quale apprezzano e catturano il messaggio di “cuore” che l’artista trasmette.”

-“Mi spiego solo ora, quel sentimento di paura che mi ha colto nel sogno. Avevo un senso di piacere nel guardare quel quadro ma nello stesso tempo temevo su cosa potesse realmente rappresentare.” Antonio rispose alle spiegazioni di Andrea.

-“Nota, Antonio, Tu hai immaginato il terremoto vedendo quel quadro. Hai avuto paura del terremoto, ma non lo hai visto con gli occhi … lo hai ricavato con la tua sensibilità. Vedi, questo è il miracolo che fa l’arte: ti esalta in quello che tu desideri o che temi.”

-“Grazie, Andrea … mi hai fatto dimenticare di essere ignorante.”

-“Consolati, Antonio … in misura diversa, siamo tutti ignoranti!”

domenica 15 ottobre 2023

Handshake (stretta di mano)

HandShake, dall’inglese, significa stretta di mano. Esso è un termine usatissimo nella comunicazione tra sistemi automatici.

Solitamente quando ci stringiamo la mano, quasi involontariamente compiamo delle oscillazioni. I due amici si alternano nel far forza. In questo modo si dichiarano complici e si assicurano vicendevolmente di essere vivi e pronti allo scambio psicologico.

Una stretta di mano senza oscillazione è formale e inutile. 

Potrebbe essere sostituita con la frase: “Ti saluto, ma non interessi più di tanto!”.
La stretta di mano potrebbe essere: molliccia (fai finta che non ci sono), a grilletto (ho fatto il mio dovere), a mezza mano (non ti conosco, scusami), alta rispetto al corpo (per ora non ti conosco, stai alla larga), bassa rispetto al corpo (non sembri cattivo).
Coloro che si stringono la mano, si dichiarano apertamente e manifestano le loro qualità o paure interiori. 

In altre parole, preparano uno scenario indispensabile per far partire un colloquio. Diciamo che si apre una fase di sincronizzazione. Il più debole si adegua al più forte, come il discepolo al maestro. Il seguace si adegua al suo leader, come il condotto al conduttore.
Non c’è ex equo poiché siamo diversi per nascita.

Se ci pensate bene, troverete sempre qualcuno migliore e qualcun altro peggiore di noi (per fortuna!).
La differenza tendente a zero rende elettrizzante, interessante il colloquio.
La differenza tendente all’infinito, indirizza il nascente dialogo all'aborto.

Quando un colloquio interessante parte, si assiste allo spettacolo della natura umana. Il conduttore dichiarato diventa condotto dall’interesse dell’ascoltatore. L’ascoltatore attento, impone i ritmi a chi parla. Chi parla mediante le pause, capisce di essere seguito. Segnali di sincronizzazione arrivano da cenni del capo, consensi verbali o intercalati, posture corporali. 
Tutti questi segnali indicano a chi parla, come sta procedendo il dialogo. Da questi, si capisce se deve accelerare, perché sta dicendo cose banali o se deve rallentare, perché richiede riflessione.
La durata delle pause è una modulazione della trasmissione. 
Si stabiliscono i momenti precisi per lo scambio dei ruoli. 
L’alternarsi nel parlare e nell’ascoltare avviene con una fluidità incredibile.

I due sistemi comunicanti si dicono efficienti.
Consumano nel migliore dei modi il tempo vita.
 

sabato 14 ottobre 2023

Serotonina: ormone del buon umore e macchina di verità

 

Un meccanismo simpatico utilizzabile per sapere in che modo siamo considerati o in quale misura siamo apprezzati, è quello di considerare il tipo di reazione emotiva che si scatena nel momento in cui incontriamo gli amici. 

Qualora fossimo considerati simpatici, piacenti e quindi apprezzati, l’amico si mostrerebbe sorridente e gioioso alla nostra apparizione. L’intero suo corpo si predisporrebbe per manifestare il responso emotivo, coinvolgendo particolari posture ed espressioni verbali. Sorrisi, baci, abbracci e fiumi di parole farebbero parte di un quadro generale di spontanea allegria.

Contrariamente, una persona che ci reputerebbe antipatici o degni di scarsa stima, si mostrerebbe quantomeno indifferente, se non addirittura ostile. Brevi e formali frasi legati al saluto o alla routine del lavoro, si renderebbero necessarie per attenersi alle regole della buona educazione e convivenza civile, non conflittuale.

Tale processo, non siamo in grado di comandarlo poiché è frutto di una naturale reazione creata da una produzione si serotonina nel cervello, determinata dalla storia relazionale avuta con il nostro amico.

Si tratta di una macchina della verità che scatta a nostra insaputa e che crea quel feeling di simpatia o di astio di cui si parla tanto.
 

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