Molto spesso Gesù, durante le sue
lunghe passeggiate, a molte gente che incontrava diceva:
Non abbiate
paura fratelli (Luca 1,30), nello stesso modo in cui questo
dire fu comunicato dall’angelo a Maria e a Giuseppe.
Ma di che cosa “non dovremmo aver
paura”?
Non dobbiamo temere le nostre
imperfezioni, non dobbiamo temere il nostro corpo ma accettarlo con sana
consapevolezza.
Dobbiamo, tuttavia, ritrovare il
successo morale che ci rende coscienziosamente grati dinnanzi all’onnipotenza
di Dio, in stretto rapporto con il “valore umano” conferitoci da Dio
Stesso.
Non dobbiamo nemmeno avere paura
di Dio e della sua potenza, perché in realtà, egli ci ama con tutto il suo
cuore e ci invita a non demoralizzare in qualsiasi momento. Egli è la risposta
alle nostre infinite domande.
In poche parole: non
dobbiamo temere la verità su noi stessi “Giovanni Paolo II”.
Pietro ne prese coscienza ma fu
sempre turbato e disse a Gesù: Signore, allontanati da me che sono
un peccatore” (Luca 5,8).
Ma Gesù rispose: “Non
temere, da ora sarai pescatore di uomini, io so già quello che c’è in ogni
uomo”.
“… ricordati,
di non chiamare nessuno Padre, perché uno solo è il Padre Vostro, quello del
Cielo… e non fatevi chiamare Maestro, perché uno solo è il Vostro Maestro”.
Non abbiate paura nemmeno di
invocarlo perché egli è sempre pronto ad ascoltarvi: “Padre nostro che
sei nei Cieli, sia santificato il tuo nome…” “non abbiate paura di Chiamarlo
Padre”
(Matteo 6,9) .
Egli, una volta invocato, vi
terrà per mano lungo il cammino insidioso dell’esistenza. La preghiera è la
ricerca di Dio. Occorre però pregare con “Gemiti inesprimibili” per
entrare nel ritmo delle suppliche dello Spirito Santo.
Però Dio dice: Se volete il mio
soccorso: “Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro
celeste” (Matteo 5,45)
Nell’insidioso sentiero
dell’Esistenza, Dio c’invita a fare attenzione: perché sul quel sentiero “c’è
Satana che ti sta cercando e ti ha cercato per vagliarti come il grano; ma io
ho pregato per te… tu, una volta ravveduto, conferma nella fede i tuoi
fratelli” (Luca 22,31-32)
Anche dopo la sua resurrezione,
Cristo disse a Pietro in modo molto eloquente: “Pasci i miei
agnelli… Pasci le mie pecorelle” (Giovanni 21,15)
Cristo dice: “dato che mi hai sempre voluto bene e hai creduto in me, io ti affido il
gregge perché vada avanti e fai in modo che il gregge ti segua (come hai fatto
tu con me). Esso ti seguirà, come si segue il pastore di cui le pecore
conoscono la voce.”
Questo significa, preoccuparsi
perché al gregge non manchi il necessario, incominciando dagli agnelli, cioè
dai malaticci, dai più deboli; il che significa, pertanto, difenderli dai
pericoli, ed è necessario essere preparati a dare la propria vita, perché abbiano
la vita.
Dopo le torture sulla croce,
Cristo dirà a Tommaso: “beati quelli che pur non avendo visto
crederanno! La fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose
che non si vedono.”
Cioè: beati coloro che hanno
creduto in Cristo, beati coloro che all’ascolto delle sue parole hanno
ascoltato e riconosciuto la sua forza e la sua speranza. Una forza
incrollabile che rende l’uomo libero dalle catene della materia.
E prima di salire al cielo, Cristo
disse: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del
mondo” (Matteo 28,20)
Nel senso: mi raccomando
alimentate costantemente la fiamma che arde nei vostri cuori, allenate lo
spirito alla comprensione dei valori del mondo. Il mondo vi sarà grato per le
rinunce effettuate.
L’uomo è
sacerdote dell’intera creazione (Giovanni Paolo II)
Ma Dio, cosa ci vuole trasmettere
attraverso le sue parole:
“ha tanto
amato il mondo da dare il Figlio unigenito, affinché l’uomo non muoia, ma abbia
la vita eterna” (Giovanni 3,16)
Dio creando la vita nella sua
universalità, si rende conto di quello che crea ed è felice vedendo gli uomini
felici. La vita è fonte di Gioia per gli uomini, dona loro la possibilità di
godere dei frutti della terra, di meravigliarsi continuamente delle bellezze
della natura, scrivere inni e contemplare la grandezza dei mari e delle
montagne. Ma questa gioia essenziale della creazione racchiude,
nell’abbraccio dell’immenso, il valore della salvezza e della redenzione.
“Io ho vinto
il Mondo” dice Gesù, vale a dire che il bene trionfa sempre sul male.
Il bene è la cosa più grande e più bella che esista nel mondo.
Sottolineato a parole mie: “Quella
volta, Cristo è venuto per ufficializzare la verità del suo prossimo ritorno
nel mondo”.
“Il Figlio unigenito
viene nel mondo non per giudicare il mondo, ma perché si salvi dal male” (Giovanni
3,17)
La venuta di Gesù è un fatto
rilevante: Egli è venuto, quella volta, non per giudicare i vivi e i morti, ma
ad annunziare la salvezza di quel popolo che non si lascerà corrompere dalla
potenza del male, dal divenire dell’imperfezione.
San Paolo è fiducioso;
scriverà: “laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la
grazia”.
La grandezza della grazia (in
quanto dono di Dio, – ripreso da Sant’Agostino –) e del suo valore più
intrinseco si comprendono senza alcuna fatica intellettuale. L’uomo attraverso
l’impegno, con la pienezza dello spirito di carità, di solidarietà e di
umiliazione, ha udito la voce della verità di Dio.
L’uomo, per ascoltare la sua voce,
deve essere un uomo umile, giusto e mai schiavo dei tumulti nel territorio del
divenire delle cose.
“L’uomo giusto ha cura della
vita del proprio animale; soltanto gli empi gli usano crudeltà”.
L’uomo giusto è colui che vive il
proprio rapporto con Dio, chiude i propri occhi e avverte l’impalpabile sintomo
di gioia e di tenerezza per le biodiversità viventi. Egli riscopre la vita
oltre la vita, vive il proprio prolungamento d’essere nella direzione
dell’unità inscindibile con il creatore.
Ma l’uomo, una volta arrivato al
culmine del suo percorso, non deve mollare la presa di sé; deve riconoscere il
proprio vicino, il proprio simile, il proprio amico o nemico, che con lentezza
arranca a gamba tesa per oltrepassare l’ennesimo gradino nel percorso della
direzione di Dio.
È fondamentale, ammonisce Gesù:
prestare ascolto non solo al nostro Padre Creatore, ma altresì, alla voce della
grandezza infinita della nostra anima al fine di creare le condizioni di vita
per un’esperienza morale cristiana fondata sull’amore, sulla considerazione e
sulla cura per il prossimo, senza eccessi e difetti, alcuni con sé
stessi.
“L’amico è come una piantina… va
costantemente annaffiata” [Luciano De Crescenzo].
“Non essere
invadente per non essere respinto. Non essere distante per non essere
dimenticato.”