sabato 3 febbraio 2024

Figli soli

 

Dante odiava i suoi genitori, li considerava responsabili del suo stato d’animo. Appariva triste, svuotato di ogni desiderio, privo di ambizioni e stanco della vita. Chissà quante volte aveva pensato al suicidio e scacciava l’idea. Un giorno il suo professore di religione vedendolo dimesso, seduto in un angolo della scuola, solitario, chiese: “Dante, tu sei un bel giovanotto, mi dispiace vederti senza entusiasmo, spento come un televisore rotto. Che cosa hai? Non stai bene?”

Il ragazzo alzò gli occhi verso il docente e poi subito dopo reclinò il capo, quasi a voler nascondere la voglia di piangere. Poi, con tono basso, rispose:  “Non ho più voglia di vivere!”

Il prof, udendo quella risposta dal triste significato, si preoccupò e subito lo stimolò a parlare: “Che cosa ti è successo, confidati.”

“Non voglio più tornare a casa. Odio sentire i miei genitori … odio mia madre.”
Fu chiaro che il ragazzo era in uno stato psicologico disperato. Mostrandosi incuriosito ma non turbato per ciò che aveva sentito, il docente gli sedette accanto. Le condizioni morali in cui si trovava il giovane richiedeva il suo intervento per cui chiese: “Caro ragazzo, che ha fatto di così grave tua madre per farti nascere l’odio?”

“É una lunga storia. Non si preoccupi per me professore. Ormai mi sto rassegnando.”

“Assolutamente no!’ replicò “I miei alunni li considero tutti come figli miei e voglio che me ne parli.”

Dante accettò di parlarne anche perché voleva sfogarsi: “I miei genitori mi trascurano. Mia madre è sempre occupata nelle sue faccende e sempre pronta a rimproverarmi su tutto! Se la vedeste … fa la maestra in qualunque situazione e su ogni cosa! Lei è convinta di sapere sempre ciò che è giusto e sbagliato! Non ne posso più! A volte ho l’impressione che sia egoista … fa precedere le sue esigenze alle mie necessità.”

“Anche tuo padre ti fa star male?” chiese il professore.

“No! Lui no! É sempre fuori casa. Per lui, esisto solo come componente di famiglia, niente di più! Ora sapete perché non ho più voglia di esistere?”
Il professore tirò la sua penna dalla fodera della giacca e dalla parte dal cappuccio punzecchiò la mano di Dante.

“Ahi! Professore che fate!” Dante reagì con veemenza all’inspiegabile azione.

“Volevo dimostrarti che tu esisti e hai la possibilità di reagire al dolore.
Vedi caro Dante, la vita non è tutta rose e fiori; non è sempre bella e preparata, allineata ai nostri desideri. Se siamo capaci di accogliere la gioia senza esitare perché non dobbiamo farlo anche con i problemi?

Per fortuna, qualsiasi situazione apparentemente difficile è risolvibile … basta volerlo e non rifugiarsi nel subire o piangere.

Parla con tua madre, strattona tuo padre, reclama la loro attenzione e fai sapere delle tue condizioni, del tuo bisogno d’amore.

Loro credono che ciò che già fanno basti al tuo essere e continueranno a comportarsi così finché tu resterai abbattuto chiudendoti dentro di te. Questo tuo modo di fare servirà soltanto ad accrescere l'amerezza interiore, percorrendo una strada senza uscita.
I tuoi genitori danno per scontato che tu sappia che ti amano … questo è il loro errore! Tu devi far capire che vuoi di più perché sei molto più sensibile di ciò che loro credono.

Dante, nessun genitore vorrebbe il male dei propri figli. Quando potrebbe sembrare il contrario, significa che l’amore diretto ai figli non è sufficiente.
Torna a casa, appena vedi tua madre, sorprendila con un abbraccio, piangi sulle sue spalle e conoscerai la mamma che vorresti. Molti dei tuoi pensieri negativi si creano per incomprensione e scarsa comunicazione. Insieme a lei potresti catturare le attenzioni di tuo padre.

Tutto questo lo puoi fare … e seppure non ottenessi i risultati voluti (cosa molto improbabile), nel tuo mondo ci sono altre persone, altri mezzi per avere ciò che desideri.”

Dante emozionato e confortato, ringraziò il suo professore e si avviò verso casa.


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