Quando mia madre mi parlava, iniziava sempre la conversazione dicendo “Come sei bello, oggi!" Il mio attaccamento era discreto. Nei suoi ultimi anni, quando la sua vita cominciò visibilmente a declinare, l’affetto aumentò ... ammettendo che fosse possibile.
A 79 anni era pronta a morire e io ero pronto a lasciarla andare affinché la sua sofferenza finisse. Con lei non servivano tante parole. Un giorno le dissi: “Mamma, dopo che te ne sarai andata, voglio un segno da te che stai bene”. Rise dell'assurdità di ciò; mamma era troppo semplice per immaginarsi una vita oltre la vita. Nemmeno io ne ero sicuro, ma avevo letto molti libri sull’argomento che mi avevano convinto di poter ricevere qualche segnale “dall’altra parte”.
Ero così legato a mia madre che sentivo la sua presenza quando le difficoltà si presentavano. Nel momento che seppi della sua morte, mi si bloccò il respiro. Più tardi rimpiansi di non essere arrivato in tempo per guardarla negli occhi per l’ultima volta. Sul letto di morte la toccai … quasi a voler mantenere ancora per un po’ quel contatto affettivo poco evidente dall'esterno, ma profondamente intenso nel mio intimo.
Giorno dopo giorno speravo in un suo segno dal cielo, ma non è successo nulla. Notte dopo notte chiedevo un sogno prima di addormentarmi. Eppure passarono quattro lunghi mesi e non sentii altro che mancanza per la sua perdita.
Un giorno, mentre ero sdraiato sul letto nella mia stanza da letto al buio, un’ondata di nostalgia per mia madre mi travolse. Cominciai a chiedermi se non fossi stato troppo esigente nel chiederle un segno. Notai che la mia mente era iperattiva. Sperimentai una chiarezza insolita; mi giravano pensieri lucidi dei quali potevo razionalmente parlarne. Controllai per assicurarmi di essere sveglio e di non sognare, e vidi che ero il più lontano possibile dallo stato di sogno. Ogni pensiero che avevo era come una goccia d’acqua che disturbava uno stagno calmo, e mi meravigliavo della pace mentre il tempo passava. Poi pensai: “Forse sto ricevendo messaggi provenienti dall’altra parte?”
All’improvviso apparve il volto di mia madre: mia madre, com’era prima che il morbo di Alzheimer la privasse della sua mente, della sua umanità e di 50 chili. I suoi magnifici capelli argentati coronavano il suo dolce viso. Era così reale e così vicina che sentivo di poterla toccare. Aveva lo stesso aspetto di una dozzina di anni prima, prima che iniziasse il deperimento. Ho persino annusato il suo profumo. Lei sembrava aspettare e non parlava. Mi chiedevo come fosse possibile un fatto del genere. Mi feci coraggio e dissi: "Oh, mamma, mi dispiace tanto che tu abbia dovuto soffrire di quella terribile malattia".
Lei inclinò leggermente la testa di lato, come per riconoscere ciò che avevo detto sulla sua sofferenza. Poi sorrise - un bellissimo sorriso - e disse molto distintamente: “Tutto ciò che ricordo è l’amore”. Poi scomparve.
Cominciai a tremare nella stanza che diventata improvvisamente fredda, e sapevo nel profondo che l’amore che diamo e riceviamo è tutto ciò che conta e tutto ciò che viene ricordato. La sofferenza scompare, l’amore rimane.
Nessun commento:
Posta un commento
Esprimi il tuo pensiero